Ciccio Sultano: «All'Italia culinaria non servono premi ma buona volontà»

Lo chef siciliano apre il percorso di avvicinamento del Team Italia alla finale mondiale del Bocuse d’Or 2021. Consigli per vincere? «Non esiste una materia prima in senso assoluto. Prima e dopo c’è la mano dell’uomo» . E sulla crisi del settore: «Made in Italy marchio inconfondibile e riconoscibile, ma il sistema nazionale va migliorato»

27 marzo 2021 | 12:44
di Antonio Iacona
Iniziamo oggi un percorso di coinvolgimento dei grandi chef della cucina italiana a supporto del Team Italia, che si è conquistata la finale al Bocuse d’Or di Lione 2021. Un percorso che, a nostro avviso, rappresenta l’occasione per compattare i grandi cuochi italiani e l’intero sistema, ancor più in questo momento di grande difficoltà per il comparto enogastronomico, che ha dovuto fare (e fa tuttora!) i conti con le limitazioni imposte dalla pandemia.

La qualificazione ottenuta in Estonia
Risale allo scorso autunno, infatti, in uno scenario anomalo e senza pubblico ma ugualmente emozionante per i concorrenti, la qualificazione tanto sudata quanto meritata del nostro team in Estonia, durante la finale europea del concorso, che a breve vivrà le sue fase finali su scala mondiale. A sostenere il giovane chef Alessandro Bergamo, sono stati e saranno il suo commis Francesco Tanese, lo chef coach Lorenzo Alessio e, dietro le quinte ma ugualmente fondamentali, il vice-coach Filippo Crisci e gli helper Graziano Patané e Andrea Monastero.



Una squadra compatta e determinata, come lo è l’intera struttura “tricolore”, che ha fatto sistema e che è rappresentata dall’Accademia Bocuse d’Or Italia, con il suo presidente Enrico Crippa, il direttore Luciano Tona e il vicepresidente Carlo Cracco, e dalla Federazione italiana cuochi, con il presidente Rocco Pozzulo e il presidente Fic Promotion Carlo Bresciani, cui si aggiungono le aziende partner.   



Oltre il Team Italia con Ciccio Sultano
Da qui, dunque, la voglia di coinvolgere anche altri grandi nomi del panorama gastronomico italiano. Questo viaggio con i protagonisti comincia con lo chef Ciccio Sultano, cuoco siciliano di fama internazionale, di lunga esperienza e più volte promotore di un nuovo modo di guardare al ruolo della professione, sia come riferimento nel territorio nel quale il cuoco opera, sia come ambasciatore della nostra immagine nel mondo.

Le sue “chiavi di lettura” della cucina sono sempre state lo studio, la passione, la ricerca e la contaminazione, che fanno da circa vent’anni del suo Ristorante Duomo di Ragusa Ibla “il punto di riferimento dell’alta cucina siciliana ed uno dei ristoranti più seguiti in Italia”, che dal 2006 vanta due stelle Michelin. Sensibile alle influenze storiche e culturali dell’isola, Sultano ne ha sempre colto la migliore essenza, traducendola in esperienze culinarie di altissimo livello, senza mai scadere nel “decorativismo”.



Un perfetto bilanciamento, insomma, tra mente ed emozione, lucidità ed ebbrezza, con sempre sullo sfondo il rispetto per la natura e per le materie prime, oltre che per il prossimo. Ecco, allora, il suo punto di vista, molto schietto, su questa prestigiosa competizione e sul ruolo che avrà l’Italia a Lione, ma non solo: anche in un futuro molto prossimo.     

Chef, il Bocuse d’Or per i cuochi italiani sembra come l’America’s Cup per i nostri velisti e sembra avvicinarsi il momento per conquistarla… Quale può essere la marcia in più per i nostri chef in un concorso così difficile?
Che soffi il vento della verità, che trionfi, cioè, il migliore e che si affermi una cucina della verità.

Secondo molti, anche lo chef più esperto e pluristellato proverebbe soggezione nell’affrontare i rigidi regolamenti e lo stress di questa finale mondiale. Proviamo a fare stavolta un parallelo calcistico: è più facile puntare sullo spirito di squadra o sul singolo?
Qui bisogna attingere alle risorse più segrete di ognuno. Contano il singolo, la personalità, la solidità e la duttilità.

Lei ha un rapporto personale privilegiato con Enrico Crippa, presidente dell’Accademia Bocuse d’Or Italia. Cosa la lega a lui e alla sua cucina?
Ci lega il pensiero del bello e del bene. Ambedue crediamo nel rispetto della natura e, ovviamente, verso il prossimo.

Anche il comparto dei prodotti d’eccellenza italiani comincia pian piano a credere nelle potenzialità dell’Accademia Bocuse d’Or nell’ottica della valorizzazione e della promozione del sistema Italia. Perché rispetto alle altre nazioni arriviamo così in ritardo?
Non mi risulta che il Made in Italy sia in ritardo. Resta un nostro inconfondibile marchio di identità e seduzione a livello planetario. Il Sistema Italia è un sistema che come tutti i sistemi a volte è più brillante, a volte meno.

Parliamo di materie prime: sono l’emblema stesso del prestigio della competizione, cui si aggiungono la maestria, la professionalità, la tecnica degli chef in gara. Se ci fosse un Bocuse d’Or in chiave “mediterranea”, su quali prodotti punterebbe?
Non è mai, secondo me, una questione di prodotti, perché non esiste una materia prima in senso assoluto. Prima e dopo un ingrediente c’è la mano dell’uomo, la storia e l’esperienza. Infatti, le ricette come per i profumi non sono solo un insieme di ingredienti.

Una domanda, infine, sul futuro della ristorazione italiana nella fase della ripartenza: se le guide e i riconoscimenti più ambiti, come la classifica dei “50’s Best Restaurant”, avranno evidenti difficoltà a valutare quest’anno i ristoranti, non crede che un buon piazzamento al Bocuse d’Or possa rappresentare la svolta necessaria?
Come dicevo prima, l’Italia culinaria, a tutti i livelli, dalla pizzeria al ristorante gourmet, passando per osterie e trattorie, non ha bisogno di nuovi esami, ma solo di buona volontà e senso del sacrificio per superare una crisi che non sarà mai l’ultima.

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Alberto Lupini


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