Riaprire, incontro fra tradizione e nuove esigenze di mercato, ma sempre con onestà

Con questa pandemia l'Horeca ha sofferto, e soffre tuttora visti i limiti per le aperture (ad esempio per chi non ha l'esterno). A poco a poco si ripartità, bisognerà fare i conti con la nuova normalità e con un mercato cambiato (come nel caso delle ghost kitchen). Adeguarsi sì, ma senza perdere le proprie radici

10 maggio 2021 | 05:00
di Massimo A. Giubilesi
L’Italia riparte! Sono queste le parole che si sentono maggiormente negli ultimi giorni a gran voce su ogni mezzo di comunicazione: dalle tv ai giornali, sui social e sulle radio. La lunga attesa di questo famigerato giorno per il settore Horeca e per moltissimi operatori sfiniti dalla pandemia porta però sul tavolo, di nuovo, un bicchiere mezzo pieno. Si riparte, ma a metà e solo per chi dispone di spazi all’aperto. Avere un dehor è diventato il nuovo “requisito obbligatorio” per poter rialzare le saracinesche, fattore che lascia però a bocca asciutta un gran numero di imprenditori e ristoratori.



Una riapertura, ma non per tutti: e chi non ha il dehors?

Secondo i dati Fipe Confcommercio il 46,6% dei bar e dei ristoranti in Italia non è dotato di spazi all’aperto e se aggiungiamo poi il fatto che questa percentuale, a rigor di logica, è molto più alta nelle grandi città e nei centri storici, il cerchio delle riaperture si limita a pochi “fortunati”.

E se possiamo rimanere fiduciosi sui numeri dei contagi della pandemia che si abbassano, le cifre per il mondo food&hospitality senza ombra di dubbio continueranno a crescere, ma con segno negativo, visto anche l’orario del coprifuoco fissato al momento alle ore 22 (vediamo poi da fine maggio cosa succederà).

La gente vuole uscire a mangiare, lo dicono i dati

Qualche segno di speranza ed entusiasmo lo troviamo invece nei dati che emergono dall’indagine di TheFork: il 50% degli intervistati dichiara che vorrebbe tornare al ristorante nella settimana stessa della riapertura e il 28,5% nelle due settimane che seguiranno. Il 62,5% è intenzionato a tornare a mangiare fuori con la stessa frequenza pre-Covid.

Da analizzare e prendere seriamente in considerazione è anche un altro dato che evidenzia come l’89% delle persone affermi che alla riapertura prenoterà il tavolo con anticipo e l’87% lo farà online, mentre oltre il 71% vuole essere informato e assicurato delle misure di sicurezza adottate prima di recarsi al ristorante; il 69% dichiara che lo farà attraverso le recensioni. Fatto evidente che le abitudini dei consumatori sono cambiate e continueranno a modificarsi nella prospettiva del periodo di transazione che necessariamente dovremo attraversare verso la diversa normalità post-pandemia (che dovremo purtroppo accettare).



Di conseguenza è evidente come la digitalizzazione e la tecnologia debbano diventare obiettivi prioritari anche nel mondo Horeca, soprattutto per tutto ciò che riguarda la comunicazione con i clienti e l’offerta di servizi fruibili a distanza e online. Il concetto della ristorazione tradizionale con i suoi orari di pranzo e cena canonici, il banco nei bar, la classica sala e gli spazi della cucina devono essere ripensati e riorganizzati a misura ed in funzione delle nuove necessità dei clienti, oltre che delle norme in vigore.

Cos'è cambiato col Covid? Dal delivery al fenomeno ghost kitchen

Sono notevoli gli sforzi che hanno compiuto i ristoratori, che per sopravvivere alle chiusure, si sono lanciati nelle varie modalità di delivery e take away: si sta diffondendo a macchia di leopardo e con un notevole successo il format delle “dark kitchen” con le sue varianti di “cloud kitchen” e “ghost kitchen”. Le proposte variano tra vari kit, box e offerte speciali in grado di mettere veramente in difficoltà per la vastità della scelta anche i più pretenziosi palati gourmet, ma che a sua volta trovano non poca resistenza tra i sostenitori della tradizione e delle abitudini di vita che difficilmente possono essere sradicate da qui a breve.

È importante perciò ricordarsi che ci troviamo in un momento cruciale di transizione e di dovuti e necessari cambiamenti che esigono gradualità e attenzione nel cambiare drasticamente la rotta.

Un momento di transizione, le esigenze del mercato sono in parte cambiate

Si rischia di perdere autenticità nelle cucine nascoste (ghost kitchen) che pur economicamente vantaggiose nei tempi di pandemia, se non pensate nei dettagli e nel concept, potranno seppellire in anonimato quel sottile e prezioso tocco di magia che da sempre associamo al grande chef e alla grande Cucina italiana che per sua natura (a dir la verità) si presta poco a improvvisazioni.



La strada giusta da qui in avanti sarà ritrovare la capacità di bilanciare tra le nuove esigenze di mercato e la tradizione, intesa come prodotto culturale, con una forte componente di servizio e ospitalità. Capire il cliente, che si troverà di sicuro spaesato e disorientato a dover seguire le regole di sicurezza e distanziamento, e far sì che l’esperienza di tornare a mangiare al ristorante sia piacevole e confortevole come prima, sarà una delle sfide più importanti da affrontare nel prossimo futuro.

Per ripartire davvero e con successo, dopo aver perseverato nella crisi, l’esigenza di sicurezza e la nuova cultura alimentare che sta emergendo continueranno a modellare il comportamento dei consumatori verso la scelta di esperienze autentiche e significative, scoraggiando deviazioni commerciali vuote o modaiole.

Perciò, cambiare, innovare e crescere sarà possibile solo per chi rimarrà capace di distinguersi con onestà e vigore, ma soprattutto senza perdere i propri radici e valori storici.

Per informazioni: www.giubilesiassociati.com

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Alberto Lupini


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