Anche gli alberghi delle località termali alzano bandiera bianca e iniziano a sperare nell’immediato futuro. Quello appena finito è stato l’ultimo weekend di lavoro per moltissimi, quasi tutti almeno nella zona veneta dal momento che tra oggi e domani due strutture su tre saranno costrette a chiudere. Diverse le cause, sempre quelle: le restrizioni imposte dal Dpcm che diventeranno sempre più severe e la poca voglia dei cittadini di muoversi, soprattutto in questo periodo con zone rosse e lockdown in vista.
Abano Terme
Nella zona di Abano e Montegrotto la situazione rispecchia quella di inizio marzo quando gli
albergatori si sono ritrovati a dover fare i conti con un fuggi-fuggi generale dalla sera alla mattina. «Nell’ultimo weekend - spiega a Il Mattino di Padova
Emanuele Boaretta, presidente di
Federalberghi Terme - abbiamo avuto le aziende occupate al 15-20%. Da oggi invece si toccherà lo zero o poco più. La speranza è che almeno qualche struttura possa rimanere aperta per dare un segnale di vita alla città. L’obiettivo di tutti è ripartire almeno per l’Immacolata, se i Dpcm lo permetteranno».
La situazione tuttavia è prettamente legata alla
scarsa mobilità della gente; in questa situazione poco c’entrano le istituzioni che, al contrario,
hanno consentito che le strutture termali che svolgono la funzione di presidio sanitario obbligatorio o che erogano servizi ritenuti essenziali per l’assistenza rimangano aperte. E dalle parti degli stabilimenti Euganei tutto è in regola.
«La gestione dei servizi termali, nella loro interezza - spiega
Fabrizio Caldara, direttore centro studi termali Pietro d’Abano - è riconducibile a presupposti sanitari, dai quali non esulano le piscine quando organicamente e funzionalmente annesse al
reparto cure. La prestazione termale supervisionata dal direttore sanitario dello stabilimento o dal medico termalista in questo caso è accessoria, sinergica e completare alle prestazioni rientranti nei parametri di assistenza essenziale».