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Un’app per limitare i contagi Italiana, sarà attiva in 8 Paesi

Sviluppata da un’azienda milanese, Immuni fornirà una mappa della diffusione del virus e avvertirà gli utilizzatori se si trovano vicino a qualcuno a rischio contagio. Sarà il Governo a decidere come utilizzare i dati.

 
18 aprile 2020 | 11:24

Un’app per limitare i contagi Italiana, sarà attiva in 8 Paesi

Sviluppata da un’azienda milanese, Immuni fornirà una mappa della diffusione del virus e avvertirà gli utilizzatori se si trovano vicino a qualcuno a rischio contagio. Sarà il Governo a decidere come utilizzare i dati.

18 aprile 2020 | 11:24
 

Una banca dati internazionale per monitorare il diffondersi del contagio da Covid-19 e provare ad arginarlo. L’idea e lo sviluppo arrivano dall’Italia e più precisamente dall’azienda milanese Bending Spoons, che ne ha fatto un’app, alla cui realizzazione ha contribuito la rete lombarda di poliambulatori specialistici Centro medico Santagostino. Come tutte le applicazioni per smartphone (di recente è arrivata anche quella che traccia il cibo consegnato a domicilio), “Immuni” sarà probabilmente molto semplice da utilizzare: una volta scaricata sul telefono, si potranno inserire alcune informazioni riguardanti la propria salute e, soprattutto, i propri sintomi legati a un possibile contagio. Le “chiavi” dell’applicazione sono state consegnate al Governo, cui ora spetteranno le decisioni su come utilizzarla.

L'app Immuni sarà attiva in 8 Paesi europei Un’app per limitare i contagi Italiana, sarà attiva in 8 Paesi

L'app Immuni sarà attiva in 8 Paesi europei

Immuni sarà disponibile da maggio, ma attorno a questa applicazione è già partita l’iniziativa europea Ppp-Pt, cui prenderanno parte, oltre all’Italia, anche Francia, Germania, Spagna, Austria, Belgio, Danimarca e Svizzera, per un utilizzo integrato del sistema tecnologico, che potrà fornire dei dati più completi sul diffondersi del virus.

Certo, restano ancora alcuni nodi da risolvere, come l’utilizzo su alcune piattaforme e, non da ultimo, la questione della privacy. Chi la utilizzerà, non dovrà interagire in alcun modo, ma le informazioni dei telefonini – seppure attraverso dei codici – saranno salvati in una banca dati che sarà gestita dal Governo. Immuni sarà in grado, per esempio, di riconoscere e salvare i codici degli smartphone che ci sono nelle vicinanze tramite il Bluetooth e avvisare chi si è trovato vicino a un infetto, previa richiesta del medico al paziente.

Ad assicurare che l’app sarà anonima e che la sua installazione avverrà esclusivamente su base volontaria, è il commissario straordinario all’emergenza Domenico Arcuri, il quale ha sottolineato che Immuni non verrà utilizzata per alcun motivo «diverso rispetto a quella per cui presto sarà implementata». I dati, spiega ancora Arcuri, verranno raccolti in un server pubblico e “saranno criptati”, quindi “non c’è nessuna preoccupazione”.

L’applicazione può adottare sia un modello centralizzato, in cui i dati dei positivi e la lista criptata e anonimizzata dei loro contatti vengono gestiti da un server centrale; sia decentralizzato, in cui le informazioni vengono elaborate dagli smartphone, che devono scambiarsi i dati (sempre criptati e anonimizzati) degli infetti. I governi, compreso quello italiano, guardano al primo modello, che dà loro più materiale su cui lavorare e più controllo sulle informazioni dei (loro) infetti. È una delle decisioni che il governo dovrà prendere in accordo con il gruppo di lavoro di Vittorio Colao: Immuni potrebbe diventare un pezzo di una più ampia strategia di raccolta e analisi dei dati per tentare di arginare Covid-19. Potrebbe venire valutata una futura integrazione del Gps, per esempio, anche se la Commissione europea la sconsiglia e considera ridondante il monitoraggio degli spostamenti degli individui.

Anche su questo tema è intervenuto il commissario Arcuri, che ha precisato: «L’applicazione utilizzerà il bluetooth e non la geolocalizzazione perché questo prevedono le norme sulla privacy - Nessuno sarà obbligato a installarla, ma ovviamente ci aspettiamo che un numero molto alto di cittadini collabori. Gli esperti che hanno contribuito a supportare questo processo ci dicono che almeno il 75% della popolazione dovrebbe installarla». L’app potrebbe essere a regime a breve: avviata la fase dei test, verrà fatta una sperimentazione in alcune aree del Paese e in tempi ravvicinati sarà messa in campo.

«La app non registra il numero di telefono degli utenti, può salvare i dati che raccoglie solo sui telefoni o anche su server. Abbiamo messo a disposizione una sorta di menù di caratteristiche tecniche: sarà il governo a scegliere quali adottare», spiega al Corriere Luca Foresti, che ha ideato la app di tracciamento Immuni con Bending Spoons (e poi Jakala, GeoUniq e l’avvocato Giuseppe Vaciago).

«L’obiettivo – prosegue – deve essere tenere basso il tasso di trasmissione del virus. La app è un tassello importante ma da sola non basta. Ne servono altri due: i test estensivi e la gestione territoriale sanitaria, che prenda in carico le persone senza ospedalizzarle. Gli ospedali e la terapia intensiva devono essere l’ultima ratio. Più persone la usano, più è efficace, considerando che il 20% degli italiani, per lo più anziani, non ha uno smartphone. E neppure i bimbi».

E per i rischi legati alla privacy? «Siamo in mezzo a un’epidemia che sta uccidendo 500-600 persone al giorno e minacciando la salute di tutti – conclude Foresti – Chiunque può valutare il rischio per la privacy a fronte di quello per la salute, considerando che la app non chiede nome, cognome né numero di telefono e ha una tecnologia pensata con gli esperti di tutela dati per evitare abusi».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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