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Aprire con la pandemia e resistere: la storia di un ristoratore di Roma

 
17 novembre 2020 | 18:26

Aprire con la pandemia e resistere: la storia di un ristoratore di Roma

17 novembre 2020 | 18:26
 

La crisi c'è e non si nega, ma con un po' di (ri)organizzazione ci si può salvare. È il messaggio che arriva dalla storia dell'imprenditore Andrea Giacon che, proprio durante il lockdown, con il fratello Federico e gli altri soci Matteo Pluchino, Antonello D’Angelo e Marco Foti ha aperto "Piazza Istria" a Roma, un ristorante-bar e tabacchi nato nell'omonima piazza della Capitale, sulle ceneri dello storico Bar Negresco degli Anni 60.

All'Adnkronos ha raccontato di essere riuscito a «non tagliare nemmeno un posto di lavoro». Con una ricetta semplice: «Meno ore ciascuno, ma nessuno a casa». Tutto questo nonostante un crollo dei consumi evidente per colpa del coronavirus: «È davvero drammatico, lo percepiamo in pieno e ci sta costringendo a fare enormi sacrifici, ma siamo una squadra e così abbiamo ragionato insieme a tutti i nostri dipendenti e trovato una soluzione».


Aprire con la pandemia e resistere: la storia di "Piazza Istria" a Roma - Aprire con la pandemia e resistere: la storia di un ristoratore di Roma
Aprire con la pandemia e resistere: la storia di "Piazza Istria" a Roma

Antonello D'Angelo sta portando avanti la tradizione del padre Andrea, fondatore nel 1964 dell'antica torrefazione Negresco: «Siamo andati avanti nonostante le proiezioni sui prossimi mesi siano scoraggianti, ce la stiamo mettendo tutta».

Giacon ha spiegato che «quando è esplosa la pandemia» lui e i soci fondatori erano ormai «a metà del guado». Cosa fare allora? «Abbiamo deciso di guardare avanti e abbiamo alzato le nostre saracinesche» nonostante l'inizio della diffusione del virus.

L’avvio è stato «difficilissimo, abbiamo fatto enormi sacrifici, aprendo mutui e non usufruendo di alcun bonus, perché l'attività è nata da poco. Però, grazie allo sforzo di tutte le maestranze, gli chef, i pasticcieri, i barman professionisti, per ora reggiamo».

Ora una possibilità concreta è rappresentata dalle feste di fine anno: «Siamo un progetto sano in un momento difficile e speriamo nei consumi del Natale, anche se i dati delle proiezioni non sono incoraggianti. Ma noi guardiamo già al vaccino». Ottimismo e sacrificio per non farsi sopraffare dal virus, psicologicamente ed economicamente.

© Riproduzione riservata STAMPA

 



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