La crisi economica seguita alla pandemia ha creato un terreno particolarmente fertile alla diffusione di racket e usura tanto che, nel luglio 2020, è stato istituito un organismo permanente di monitoraggio e analisi sul rischio di infiltrazione nell’economia da parte della criminalità organizzata all'Università Bocconi di Milano.

Il 13% delle richieste al Fondo di solidarietà antiracket e antiusura viene dai ristoranti
E, dopo un anno, Eleonora Montani, Michele Polo, Giacomo Rapella e Michele Vasca hanno presentato in Prefettura a Milano, il 21 luglio, i dati emersi in un report dedicato al tema. Lo studio è frutto di un accordo di collaborazione tra l’Università Bocconi e il Commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura e vuole valorizzare l’esperienza ventennale del Fondo di solidarietà per le vittime di estorsione e usura, focalizzandone al contempo alcuni aspetti sui quali intervenire per migliorarne l’efficienza.
Il Fondo nasce da un’idea di Giovanni Falcone e mira a sostenere e reinserire nell’economia legale le attività vittime dei due reati, concedendo elargizioni a fondo perduto alle vittime di estorsione e prestiti decennali a interesse zero alle vittime di usura, ristori commisurati ai danni patrimoniali e personali subiti dalle stesse. I ricercatori della Bocconi hanno costruito un database delle oltre 5.000 richieste di supporto alle quali il Fondo ha dato finora risposta e, in un’elaborazione preliminare dei dati, ne hanno analizzate il 20% circa.
La prima criticità emersa è l’esiguità del numero di richieste, che non solo sottostima la diffusione dei due crimini, ma è anche lontano dal numero di denunce. Anche chi fa ricorso al Fondo non è solitamente a conoscenza della sua esistenza al momento della denuncia del reato. Il fatto che molto spesso sia l’imprenditore a rivolgersi all’usuraio in un momento di crisi di liquidità e che questi sia quasi sempre vissuto, almeno in un primo tempo, come qualcuno che ha prestato un aiuto, insieme a fattori psicologici che spingono l’imprenditore a nascondere il bisogno di prestiti, equiparato a un fallimento nella gestione dell’impresa, fa sì che, dice Montani, «l’imprenditore denunci quando è allo stremo e non ha più alternative, quando è psicologicamente annullato e l’impresa è in ginocchio, quando è pieno di debiti e non è più in grado di far fronte alle richieste dell’usuraio». Nell’82% dei casi l’imprenditore utilizza il prestito a interesse zero concesso dal Fondo per pagare debiti pregressi, non riuscendo così a rilanciare la propria impresa e a far fronte alla restituzione allo Stato.
Le richieste sono relativamente più frequenti nelle regioni di tradizionale insediamento delle organizzazioni criminali: Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, cui si aggiunge la Basilicata.
Anche l’analisi dei settori produttivi presi di mira conferma le evidenze giudiziarie sulle industrie maggiormente infiltrate dalla criminalità organizzata. Spiccano i settori delle Coltivazioni, produzione animali, caccia e connessi (15,9%), quelli del Commercio al dettaglio (15,2%), delle Attività servizi di ristorazione (13,8%), delle Costruzione edifici (14,5%) e del Commercio e riparazione autoveicoli e motocicli (9,0%). Colpisce l’assenza dei settori della fornitura alle pubbliche amministrazioni e alle aziende sanitarie, o della gestione dei rifiuti, indicati spesso come terreno di contaminazione.