Dopo oltre un anno e mezzo di trattative, Ryanair e l’aeroporto di Bergamo-Orio al Serio sembrano vicini alla firma di un nuovo accordo commerciale che garantirà alla compagnia low cost di continuare a espandere la propria presenza sullo scalo lombardo.

Ryanair e L’aeroporto di Bergamo-Orio al Serio vicini alla firma di un nuovo accordo commerciale
Secondo quanto riferito da fonti vicine al dossier, l’annuncio ufficiale dovrebbe arrivare giovedì 2 ottobre a Milano, nel corso di una conferenza stampa organizzata da Ryanair. Le negoziazioni hanno richiesto mesi di lavoro e non sono mancate fasi di stallo, dovute sia alle richieste economiche sia ai livelli di crescita che la compagnia irlandese era disposta a garantire.
Incentivi e prospettive
Il nuovo pacchetto di incentivi avrebbe un valore di decine di milioni di euro, in continuità con quanto avvenuto in passato. Tra il 2009 e il 2024, infatti, Sacbo – la società che gestisce lo scalo orobico – ha stanziato circa 400 milioni di euro di contributi a favore di Ryanair. L’intesa attuale scadrà nel 2028, ma la nuova trattativa guarda già al 2034.
Il peso di Ryanair per lo scalo
La compagnia irlandese resta centrale per il sistema aeroportuale bergamasco, trasportando circa l’80% dei passeggeri. Non a caso, la fase di incertezza nei rapporti ha portato a una riduzione dell’offerta di voli, con un calo nel traffico dello scalo nei primi otto mesi dell’anno, in controtendenza rispetto alla crescita del settore a livello nazionale.
Alla richiesta di conferma sull’accordo, l’amministratore delegato di Ryanair, Michael O’Leary, ha replicato con un secco «no comment», così come i rappresentanti di Sacbo, mantenendo massimo riserbo fino alla presentazione ufficiale.
Le trattative tra Ryanair e Sacbo sono state seguite con interesse anche da altri aeroporti europei che, come Bergamo, hanno visto crescere il proprio traffico grazie agli accordi con vettori low cost. L’intesa cade in una fase in cui Ryanair si trova a dover redistribuire 1,5 milioni di posti: circa 500 mila derivanti dal ridimensionamento di alcune basi in Spagna e un milione dalla mancata ripresa dei voli su Tel Aviv.