Dietro questo titolo, misterioso ed affascinante, si cela un bellissimo trattato di cucina vegetariana, scritto nel Settecento, da Vincenzo Corrado, celebre cuoco, maestro di casa, filosofo e scrittore.
Vincenzo Corrado operava a Palazzo Francavilla - Cellamare a Napoli, una sontuosa casa che gareggiava, quasi sempre vincente, con la Corte dei Borboni per la raffinatezza e la qualità gastronomica di banchetti e feste conviviali.

Corrado, sostenuto economicamente dal suo mecenate-datore di lavoro, aveva dapprima fatto pubblicare “Il cuoco galante”, un vero e completo trattato di cucina che ebbe immediato successo, sia a Napoli, sia negli Stati europei, tanto da richiedere una successiva edizione che, lo stesso autore, impreziosì, appunto, con il “Vitto Pitagorico”.
Nella premessa , Corrado dichiara: «Il “Vitto Pitagorico” consiste in erbe fresche, radiche, fiori, frutta, semi e tutto ciò che dalla terra si produce per nostro nutrimento. Vien detto Pitagorico perché Pitagora, com'è tradizione, di questi prodotti della terra fece uso...». Potrebbe sembrare l'eterno ritornello della cucina vegetariana, spesso identificata con ricette squallide e tristi. Leggendo il testo di Corrado, ci si accorge invece che, già da un passato così lontano, con i prodotti della terra si preparavano piatti di alta cucina.
Inoltre, curiosamente, Corrado, forse in un momento di debolezza, concede che «per compiacere qualche palato, procurerò di servirmi di condimenti e pure delle parti più tenere e più delicate degli animali». Qui intendeva pesci bianchi e carne di pollame o vitello: questa devianza potrà scandalizzare i vegetariani puri e osservanti ma, tutto sommato, può costituire una soluzione eccellente per tutti coloro che desiderano un'alimentazione più leggera in perfetta armonia con i dettami della sana alimentazione.
Attratto da questa possibilità di compromesso, io stesso ho tentato qualche esperimento, facendo realizzare, da cuochi provetti, alcuni menu tratti dal “Vitto Pitagorico” con grande successo di pubblico e di critica, A questo proposito, ricordo che una sera, dovendo ospitare un certo numero di amici, fra i quali alcuni appassionati di ortaggi, decisi di proporre un menu del “Vitto” senza rivelare l'origine della scelta.
Ecco la sequenza delle portate:
- All'aperitivo: Zucchine alla giardiniera (zucchine turgide delle stesse dimensioni, tagliate in tre parti, svuotate formando tre bicchierini e farcite con minuscoli e multicolori cubetti di altri ortaggi).
- Piatto d’apertura: Pomidori in budin (oggi può essere preparato come un normale flan)
- Primo piatto: Lattuche farsite al colì di vitello (prima deroga al regime vegetariano poiché, in un brodo vegetale limpidissimo, vengono cotti piccoli involtini di lattuga farciti con carne magra di vitello)
- Piatto di mezzo: Torta di asparagi (di derivazione rinascimentale, questo piatto è costituito da punte di asparagi legati con uova e purea di altri ortaggi, il tutto messo in pasta sfoglia e cotto al forno)
- Secondo piatto: Timballo di funghi porcini
- Dessert: Gattò alla corradina (è una torta di pasta biscotto, svuotata al centro e riempita di un passato di fragole)
Al termine del pranzo, tutti si mostrarono soddisfatti e persino sazi, pur in assenza di piatti classici di pesce o carne e osservarono che raramente avevano gustato un menu così equilibrato e di alto livello.
Nota finale: esistono, per chi si volesse cimentare, copie anastatiche del libro di Vincenzo Corrado che, nell’interno, comprendono la preziosa aggiunta del “Vitto Pitagorico”.