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In memoria di Vittorio Fusari Un grande cuoco, un grande amico

Dal primo incontro al suo vecchio ristorante Il Volto a Iseo fino alla collaborazione per creare il cioccolatino simbolo di Bergamo: Vittorio si è dimostrato grande nel difendere la tradizione e la materia prima.

di Matteo Scibilia
Responsabile scientifico
 
02 gennaio 2020 | 09:47

In memoria di Vittorio Fusari Un grande cuoco, un grande amico

Dal primo incontro al suo vecchio ristorante Il Volto a Iseo fino alla collaborazione per creare il cioccolatino simbolo di Bergamo: Vittorio si è dimostrato grande nel difendere la tradizione e la materia prima.

di Matteo Scibilia
Responsabile scientifico
02 gennaio 2020 | 09:47
 

Quando nel 1992 con Nicoletta, diventata poi mia moglie, acquistammo l’Osteria della Buona Condotta a Vimercate (che era appunto la condotta degli associati all’Arcigola, poi confluiti in Slow Food) l’obiettivo era mantenere una storia, quella di Slow Food, portando avanti una continua ricerca di prodotti del territorio.

Vittorio Fusari (In memoria di Vittorio Fusari Un grande cuoco, un grande amico)

Vittorio Fusari (foto: Luciano Pignataro)

Si era agli inizi. Alcuni amici mi consigliarono di andare a conoscere Vittorio Fusari a Iseo, al suo ristorante Il Volto; mi dissero: «Lui è il migliore, è in grado di scegliere il meglio che terra e tradizione possano offrire». Così, una domenica sera andammo a cena a Il Volto. In sala c’era Mario, che si occupava del vino... Non era un ristorante, ma una vera Osteria, con la gente del posto che giocava a carte e beveva "il bianchino", ma la cucina ha confermato le voci su Vittorio, quando assaggiammo per la prima volta la Patata nella sfoglia con il caviale, il suo Manzo all’olio, il sorbetto con le sarde di Montisola, i famosi missoltini. Il piatto che ho preferito è stata la Trippa... Vittorio la serviva in una tazza di vetro trasparente, un insieme di sapori, dalla crema di uovo al grana, mix che non sono mai riuscito a copiare.

Quella sera mia moglie, appassionata di olio, scoprì l'esistenza di quello del lago di Iseo e ne rimase sorpresa. Vittorio, come era sua abitudine, a fine servizio girava tra i tavoli per salutare i clienti. Dinanzi agli elogi che facemmo sull’olio, con un gesto che ci colpì molto, ce ne regalò una bottiglia. Da lì nacque una grande amicizia.

Tanto grande che nel 2005 ci incontrammo e fondammo Udirtà, con l’aiuto di Mario Cucci, coordinatore de Le Soste, e di Alberto Lupini, direttore di Italia a Tavola. Concretizzammo un'idea, un sogno: creare un'associazione di ristoratori che si occupasse di difendere la ristorazione italiana di qualità - Udirtà sta appunto per Unione per la difesa dei ristoranti di qualità italiani. Non fu facile, Vittorio era severo, non accettava contaminazioni ideologiche... Ma il successo arrivò: in poco tempo alcune centinaia di colleghi si associarono.

Tuttavia non facemmo i conti con la realtà. Noi eravamo sognatori, convinti che dinanzi ad un progetto che intendeva tutelare la ristorazione, i produttori agricoli e gli artigiani del nostro settore non avremmo trovato ostacoli; invece la politica, i grandi sindacati nazionali del settore, ci sbarrarono la strada, temevano una crepa nella loro rappresentanza. Insomma, fummo costretti a mollare, così dopo un paio di anni finì il sogno - oggi sarebbe un sogno da riprendere.

Tante esperienze e tante storie per Vittorio e me, ma entrambi sempre fedeli a ciò che ci aveva fatto incontrare e unire: la passione, l’amore per questo lavoro. Memorabile fu una cena con Stefano Cerveni l’ultima sera di apertura de Il Volto. Poi l’avventura al Balzer di Bergamo: io consulente di un’azienda italiana di cioccolato, Noalya a Pisa, lui, Vittorio, nelle vesti di cuoco e apprendista pasticcere.

Quest'ultima estate Vittorio aveva un sogno: realizzare un cioccolatino che fosse l’emblema, il segno distintivo della città di Bergamo, un cioccolatino ripieno del famoso Moscato di Scanzo, leggenda dei vini bergamaschi. Vittorio allora mi chiese campioni su campioni di crù di cacao per abbinare al cioccolato aromi che si potessero sposare con le sfumature del Moscato di Scanzo. So che ci era riuscito: il cacao del Vietnam e del Perù furono scelti per il famoso cioccolatino di Bergamo. A questo punto posso solo sperare che il Balzer ne porti avanti la produzione, in nome del suo inventore. Ciao Vittorio, un giorno ci rincontremo.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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