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Letture e nuovi spunti per cambiare l’accoglienza

Citando Lenin, “che fare?” potrebbe essere un po’ il leit motiv di tanti ristoratori, albergatori e cuochi. Forse dall’“esterno” potrebbero arrivare nuove idee. Si deve ripartire da una unione fra storia e cultura.

di Guerrino Di Benedetto
 
15 agosto 2020 | 10:41

Letture e nuovi spunti per cambiare l’accoglienza

Citando Lenin, “che fare?” potrebbe essere un po’ il leit motiv di tanti ristoratori, albergatori e cuochi. Forse dall’“esterno” potrebbero arrivare nuove idee. Si deve ripartire da una unione fra storia e cultura.

di Guerrino Di Benedetto
15 agosto 2020 | 10:41
 

Fra le tante letture di questo periodo post lockdown, sicuramente una della più evocative è stata “Che fare? Problemi scottanti del nostro movimento”, opera di Lenin del 1902 nella quale egli delineava la sua teoria sull’organizzazione del Partito Rivoluzionario del Proletariato. Se proviamo a cambiare gli ordini, lo slogan “Che fare?” potrebbe essere un po’ il leit motiv di tanti ristoratori, albergatori e cuochi. Anche il sottotitolo potrebbe andare bene per delineare la situazione attuale del settore turistico-alberghiero.

Letture e nuovi spunti per cambiare l’accoglienza

Ormai da mesi tutti parlano di come sarà la ristorazione futura. Giornalisti, food-blogger, critici, rappresentanti di associazioni, ecc., sono alla ricerca della chiave di volta per tornare a lavorare come prima e forse meglio di prima. Le idee e anche le provocazioni non sono mancate, ma certo, come nel 1902, la situazione è un po’ caotica. Forse, come diceva Lenin in un passaggio del suo libro, «la coscienza di classe può essere portata solo dall’esterno». Penso sia vero, forse dall’“esterno” della ristorazione potrebbero arrivare nuove idee.



Si parla di ritorno all’agricoltura, ma questa non è un’idea nuova. Si parla di rimodulare l’eccessiva creatività in chiave più alla portata di tutti, e forse è vero, la cucina a volte si era troppo estremizzata. E poi si parla di un ritorno alla cultura del cibo, e qui il tema si fa più pericoloso anche perché ci si deve porre la domanda: quanta cultura corre nella ristorazione? La storia ci viene in aiuto, molte scoperte sono avvenute per quella che viene chiamata “serendipity”, ovvero il colpo di fortuna, ecco forse si deve ripartire a mio avviso da una unione fra storia e cultura per arrivare a creare nei nostri locali un valore esperienziale che a volte è spesso mancato, non solo ospitalità ma anche esperienza.

In un precedente articolo scrissi che i mesi passati a casa avrebbero dovuto servire per tornare alla lettura e all’approfondimento dei testi per migliorare il nostro lavoro, chi lo ha fatto? Una poesia di Leopardi può essere un valore aggiunto ad un piatto, una storia antica può darci ispirazione per un tema di menu. Avremmo dovuto stare fermi ma al contempo “mobili” per capire cosa cambiare. Continuano le riunioni delle varie associazioni, si continua a parlare di sistema, si continua a chiedere ai politici (che nulla sanno di ristorazione) un aiuto. Ma pochi sanno che - parafrasando J.F. Kennedy - dobbiamo chiederci cosa possiamo fare noi per la ristorazione e non la ristorazione per noi.

Lenin auspicava un socialismo di lotta, e va bene, ma forse anche il socialismo scientifico dei suoi predecessori Marx ed Engels andava preso in considerazione. Il mio invito è quello di lottare, sì, ma anche cercare aiuto da chi all’esterno, a volte, vede meglio di noi. Forza e coraggio, se ce l’ha fatta Lenin ce la possiamo fare anche noi.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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