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In tempo di crisi conta “adattarsi”. Ecco come può reagire un ristorante

Non è facile decidere come risolvere una crisi aziendale in tempi di grandi cambiamenti. Ecco come affrontare la sfida di molti professionisti della ristorazione di fronte alla pandemia. Una soluzione può essere l’introduzione del Ciclo della reattività aziendale (Cra) per adeguare gestione e business plan alla situazione.

di Enrik Gjoka
 
13 gennaio 2021 | 12:50

In tempo di crisi conta “adattarsi”. Ecco come può reagire un ristorante

Non è facile decidere come risolvere una crisi aziendale in tempi di grandi cambiamenti. Ecco come affrontare la sfida di molti professionisti della ristorazione di fronte alla pandemia. Una soluzione può essere l’introduzione del Ciclo della reattività aziendale (Cra) per adeguare gestione e business plan alla situazione.

di Enrik Gjoka
13 gennaio 2021 | 12:50
 

Come prendere decisioni strategiche e attuarle nell’operatività quotidiana aziendale in tempi brevi e con risorse ridotte? Una domanda che molti professionisti della ristorazione si sono trovati ad affrontare. Per provare a rispondere, abbiamo chiesto l'aiuto di Enrik Gjoka.

Introduzione
Questo elaborato ha come obbiettivo lo sviluppo in modo veloce e strutturato delle capacità di adattamento nell’ambito del settore ristorativo. Uno dei fattori critici per un’azienda è la capacità di reagire e di adattarsi al mutare del contesto, specialmente quando affronta una crisi complessa come quella attuale. Questi cambiamenti di rotta forzati rappresentano momenti cruciali nel ciclo di vita di un’attività economica. Diviene fondamentale che questi cambiamenti avvengano secondo un processo strategico ristrutturato e interiorizzati in brevi tempi.

Fronteggiando le conseguenze della crisi nel settore ristorativo (il mio lavoro quotidiano) mi sono reso conto che momenti difficili e situazioni complesse, come quelle attuali, non si superano con soluzioni tampone o con strumenti ordinari.

Reattività ristorativa in tempo di crisi


Solo le capacità di decision making (prendere decisioni) e problem solving (risolvere problemi) sono insufficienti per affrontare una crisi tentacolare che si evolve velocemente e in modo imprevedibile. Anche facendo ricorso alle teorie sulla resilienza organizzativa e ai vari strumenti o metodologie inerenti a essa come Enterprise risk management (Erm - gestione rischio di impresa), Business continuous management (Bcm - gestione continuità d'impresa), Supply chain resilience assessment and management (Scram - gestione e valutazione resilienza della catena di ritornimento), ecc., mi sono reso conto che sono alquanto inefficaci quando si tratta di misurare e mitigare il rischio sistemico collegato al manifestarsi di eventi improbabili e difficili da prevedere (black swan - cigno nero) e durante gli stop e le ripartenze e i su e giù a catena come quelli che stiamo patendo in questo periodo.

Processi come Erm e Bcm possono aiutare a evitare interruzioni della capacità produttiva, ma presentano anche dei limiti piuttosto gravi: sono volti quasi del tutto alla mera identificazione del rischio e alla prevenzione dello stesso ma non conducono a un rapido ripristino delle normali attività aziendali.

Ciò che mi serviva era un metodo pratico per definire in modo analitico le strategie/tattiche di adattamento/cambiamento e per l’applicazione in modo strutturato di queste decisioni nell’operatività aziendale. Inoltre questo strumento doveva darmi la possibilità di:

  • aggiornare e adattare velocemente le scelte strategiche e tattiche in base al cambiamento del contesto provocato dall’evolversi della crisi;
  • trasformare le scelte strategiche e tattiche in un piano operativo concreto e facilmente attuabile;
  • eseguire tale piano in breve tempo e con le poche risorse a disposizione.
A questo punto ho cercato di fare una sintesi concettuale, amalgamando vari sistemi di analisi e modelli di pianificazione, nel focus del lean management (gestione snella), con l’obbiettivo di sviluppare un metodo snello per fare rapidamente delle scelte strategiche (adattandosi al contesto e alla situazione nella quale opera l’azienda) e attuare queste scelte in modo proficuo ottimizzando tempo e risorse. Il metodo sintetizza e sviluppa ulteriormente strumenti come risk management (gestione del rischio), business continuity plan (piano di continuità operativa), rings framework for strategy development (anelli quadro per lo sviluppo della strategia), ecc. coniugandoli con la teoria della resilienza organizzativa attraverso un approccio reattivo e concreto dal punto di vista operativo. Questa modalità di reazione è adatta nelle situazioni dove il tempo è tiranno e dove servono azioni concrete che producano risultati positivi nel breve periodo.

 Reattività ristorativa in tempo di crisi

Il Ciclo della reattività aziendale (Cra)

Per iniziare ho effettuato (1) l’analisi strategica della situazione e del contesto dove opera l’azienda ristorativa in chiave Swot. In seguito, ho adeguato (2) il modello di business alla situazione emergenziale considerando i risultati dell’analisi strategica. Di conseguenza è diventata obbligatoria (3) la revisione del business plan per convertire la visione del business model in scelte strategiche e opzioni tattiche.

Ho preferito usare la Catena del Valore di Porter (una versione precedentemente adattata al settore ristorativo) per (4) mappare le azioni definite dal business plan e trasformarle in piano operativo. L’operativizzazione del piano l’ho progettata come un (5) ciclo esecutivo attuando il piano operativo, misurando i risultati raggiunti, analizzando gli scostamenti fra preventivo e consuntivo e intraprendendo le azioni correttive necessarie. L’analisi degli scostamenti riconduce ad un riesame della nuova situazione aziendale e, in caso di scostamenti importanti, ci riporterebbe al modulo (1) dell’analisi strategica, chiudendo in questo modo un ciclo che vorrei definirlo come il Ciclo della reattività aziendale (Cra).

Parlo di reattività (intesa come adattamento a una situazione in continuo cambiamento) e non di rinnovo perché ogni tanto ho usato strategie, tecniche e strumenti superati o in disuso ma che hanno riacquistato valore per via della situazione attuale. Tornare alle tradizionali modalità di lavoro non significa tornare indietro ma utilizzare strumenti già testati e che garantiscono il raggiungimento dei risultati desiderati.

Ho progettato il ciclo come un mezzo concreto che permette di collegare un modulo all’altro in maniera costruttiva e proficua. Cercherò di evitare di scendere particolarmente in dettagli teorici e di spiegare minuziosamente le analisi e i modelli che compongono i cinque moduli. Esiste una letteratura molto estesa a riguardo e ogni tanto mi permetterò di consigliare i testi che ritengo più completi. Il mio obbiettivo è spiegare meglio il concatenamento e il collegamento fra i moduli e come rendere utile e profittevole tale rapporto.

Per snellire il percorso del ciclo suggerirei di usare tutta la documentazione già in possesso dell’azienda, effettuando adattamenti e cambiamenti solo dove necessario. Stilare da capo documenti come business plan, Swot analysis, piano operativo, ecc. porterebbe a uno spreco di tempo e di risorse. Inoltre la profondità di tali analisi e adattamenti dipende dalla dimensione dell’azienda, dal tempo a disposizione e soprattutto dalla dimensione del team che se ne occuperà.

Scrutiamo ora nel dettaglio la composizione di ognuno dei moduli, facendo degli esempi (tratti dal settore ristorativo) ove possibile (bisogna tenere conto anche del segreto industriale/aziendale) per semplificare la comprensione e l’utilizzo.

Analisi strategica
Il ciclo della reattività aziendale inizia con l’analisi strategica in chiave Swot (Strenghts, weaknesses, opportunities, threats - forze, debolezze, opportunità, minacce), attraverso la quale si ottengono quelle informazioni che danno luogo all’orientamento strategico di fondo. Questo, a sua volta, essendo intrinseco al business model e al business plan, è utile per l’individuazione e l’implementazione delle strategie.

Le componenti di indagine dell’analisi strategica sono:

  • analisi del macromercato o del macroambiente;
  • analisi del ambiente competitivo o del microambiente;
  • analisi delle risorse interne all’impresa.

 Reattività ristorativa in tempo di crisi

Il modulo dell’Analisi Strategica (AS)

Per un approfondimento vi consiglierei il testo di Robert Grant, L'analisi strategica per le decisioni aziendali.

Come strumento per effettuare l’analisi del macromercato o del macroambiente ho scelto l’analisi Pestla evidenziando i cambiamenti indotti dalla crisi nei seguenti ambienti:

  • politico (situazione di incertezza, cambiamenti repentini e imprevedibili, ecc.);
  • economico (frenata della crescita economica, diminuzione del livello medio di spesa, ecc.);
  • socio-demografico (cambiamento delle abitudini nel viaggiare, uscite serali concentrate nel fine settimana, abbassamento del livello di occupazione, ecc.);
  • tecnologico (menu digitale, prenotazioni on line, ecc.);
  • legale (repentini decreti, ordinanze e regolamenti anti-Covid, ecc.);
  • ambientale (diminuzione dell’inquinamento causa diminuzione dei viaggi, ecc.).

Per l’analisi dell'ambiente competitivo o del microambiente ho usato il modello delle 5 forze di Porter:

  1. i nuovi entranti;
  2. competitor diretti;
  3. prodotti sostitutivi;
  4. fornitori;
  5. clienti/acquirenti.

Per ognuna delle 5 forze ho notato ed evidenziato cambiamenti, novità, comportamenti e ho cominciato ad appuntare eventuali strategie e tattiche di reazione.

Le risorse interne all’impresa generalmente vengono classificate in quattro categorie: le risorse fisiche (impianti, equipaggiamento, siti, brand, loghi), le risorse umane (capacità e conoscenze dei dipendenti), le risorse organizzative (la cultura e le routine) e le risorse intelletuali (know how aziendale, brevetti, ecc.). La resource based view (visione basata sulle risorsee il Vrio framework sono gli strumenti che ho preferito usare in modo complementare per la loro analisi.

Attraverso la resource based view ho individuato quelle risorse, capacità e competenze, che possono rappresentare per l’azienda una fonte di adattamento sostenibile. Ho integrato i risultati tramite il Vrio framework, che analizza la strategicità delle risorse interne e quindi, la relativa capacità di generare un adattamento sostenibile, individuando gli attribuiti essenziali delle risorse in grado di generarlo.

Adattamento del Business Model
Il business model descrive il modo in cui un’impresa di ristorazione genera valore per i suoi clienti e trasforma questo valore in ricavi. Per l’adattamento del business model potete usare diversi schemi.

Il business model canvas (a proposito vi consiglio caldamente il testo Business Model Generation di Alexander Ostervalder e Yves Pigneur) è strutturato in 9 blocchi:

  1. Segmenti di clientela – Customer Segments;
  2. Valore offerto – Value propositions;
  3. Canali – Channels;
  4. Relazione con i clienti – Customers Relationships;
  5. Flussi di ricavi – Revenue Stream;
  6. Risorse chiave – Key Resources;
  7. Azioni chiave – Key Activities;
  8. Partnership chiave – Key Partnerships;
  9. Struttura dei costi – Cost Structure.

L’università "Luigi Bocconi" di Milano ha revisionato il modello di Ostervalder come segue:

  1. Offerta = Offerta di valore;
  2. Clienti = Segmentazione del mercato + Canali + Relazione con i clienti;
  3. Infrastruttura = Risorse chiave + Attività chiave + Collaborazioni chiave + Partnership strategiche;
  4. Solidità finanziaria = Struttura dei costi + Flussi dei ricavi.

Gli elementi del modello di business di Vittorio Coda sono i seguenti:

  1. Sistema di offerta;
  2. Mercato target;
  3. Struttura necessaria;
  4. Politiche di comunicazione;
  5. Concorrenza;
  6. Modello operativo;
  7. Modello finanziario.

Questo modello di business non prende in considerazione le risorse umane, relegando tale compito al business plan, il business model canvas invece non dedica uno spazio alla concorrenza.

Reattività ristorativa in tempo di crisi 

Nostra elaborazione del Business Model Canvas

Siccome ritengo fondamentali le risorse umane per un’azienda labor intensive (come quelle della ristorazione) ma d’altra parte reputo l’analisi delle forze competitive indispensabile per la visione strategica di un’impresa, ho risolto il tutto aggiungendo il blocco “ambiente competitivo” al business model canvas (dividendo in due il blocco “valore offerto”). Si tratta di una scelta personale, potete aggiungere l’elemento “risorse umane” al modello di Coda o la voce “concorrenza” al modello Bocconi.

Il business model descrive la logica con la quale un'organizzazione crea, distribuisce e cattura valore (come lo definisce Osterwalder) sintetizzando l’insieme degli obiettivi aziendali in una visione strategica di fondo e trasformando quest’ultima in posizionamento sul mercato.

Per velocizzare l’adattamento del business model ho usato un file esistente modificando obbiettivi e decisioni per ogni blocco in base ai risultati dell’analisi strategica. Non è stato necessario applicare cambiamenti rilevanti nei blocchi 1, 7 e 8. Contrariamente, i blocchi 2, 4, 6, 5 e 9 hanno assorbito più tempo e impegno del previsto.

Revisione del Business Plan
Il modello di business descrive come l’azienda si posiziona all’interno della catena del valore della sua industria e organizza le relazioni con fornitori, clienti e partner al fine di generare profitti. Il business plan traduce questo posizionamento in una serie di azioni strategiche/tattiche e quantifica il loro impatto economico e finanziario nel tempo.

Il business plan, per quanto benfatto, è solo l’istantanea di un modello di business. In sostanza il business plan indica quanto è necessario, in termini di asset, tempistiche e budget, per mettere in pratica il business model. Ne consegue che il suggerimento migliore è quello di revisionarlo solo dopo aver adattato il modello di business. Il testo di Cinzia Parolini, Business Planning, dedica un capitolo al passaggio dal modello di business al business plan (nel caso vorreste approfondire), tuttavia la letteratura sull’argomento è molto ampia e potete trovare strutture diverse o schemi differenti in altri testi.

  A questo punto avevo il necessario per la revisione del business plan, il quale era strutturato come segue:

  1. sommario aziendale;
  2. l’impresa, il team imprenditoriale e le posizioni chiave;
  3. il mercato target;
  4. la concorrenza;
  5. i mercati di approvvigionamento;
  6. il sistema di offerta;
  7. il piano marketing;
  8. la struttura tecnico-industriale, R&S, logistica e commerciale;
  9. aspetti organizzativi;
  10. network;
  11. aspetti legali.

Per velocizzare il riesame del business plan ho usato un file esistente ritoccando le scelte strategiche e le decisioni tattiche per ogni capitolo in base alle modifiche del business model. Ho sorvolato velocemente i primi due capitoli e mi sono concentrato sui tratti salienti dei restanti ritoccando e correggendo solo dove necessario.

Per quanto riguarda le scelte strategiche, suggerirei di svilupparne più di una, definendo le scelte tattiche che ne conseguono e stendendo anche i corrispettivi piani operativi. In caso non dovesse funzionare la prima si passerebbe immediatamente alla seguente azione strategica ottimizzando in questo modo le tempistiche di reazione. L’avere solo una scelta strategica porterebbe ad un blocco esecutivo in caso questa non funzionasse.

Mappatura delle azioni
A questo punto mi sono trovato con una mole di dati, obbiettivi, strategie e tattiche non indifferente. Per orientarmi nella loro implementazione e trasformare il tutto in azioni con risultati misurabili ho usato la Catena del Valore di Porter.

La Catena del Valore è un modello teorizzato da Michael Porter nel 1985 che permette di descrivere la struttura di una organizzazione aziendale come un insieme limitato di processi o attività. La catena del valore consente di rappresentare l'insieme delle attività svolte dall'azienda per acquisire, progettare, produrre, vendere, consegnare e assistere i suoi prodotti/servizi e riflette la visione e le strategie dell'impresa.

Il modello originale di Porter si adatta prevalentemente a grandi aziende che trattano la produzione di beni. Per il suo utilizzo nelle aziende di ristorazione (caratterizzate da produzione e vendita contemporanea del prodotto/servizio) avevo provveduto a un suo adattamento nel 2016 e l’ho usato come schema di riferimento per mappare le scelte strategiche e tattiche e trasformale in azioni di un piano operativo.

Reattività ristorativa in tempo di crisi Nostra elaborazione di Porter (1985) e di Della Corte (2009)

Il termine “catena” sta ad indicare che la catena del valore non è una successione di attività indipendenti e isolate l’una dall’altra, e le attività, seppure analizzate separatamente, sono tra loro concatenate in un modo che dipende dal contesto, dalla storia, dalle persone e dalle strategie dell’organizzazione/impresa. Per lo stesso ragionamento, un cambiamento in una delle aree del business model applicata a una specifica attività primaria o di supporto può avere effetto trasversale sull’intera catena del valore.

Per ognuna delle attività ho elencato inizialmente gli aspetti dell’analisi strategica, gli obbiettivi del business model e le scelte strategiche/tattiche del business plan inerenti alla sua operatività. In seguito ho confrontato questo elenco con l’attuale svolgimento dell’attività e ho redatto la lista di azioni operative legate ad essa. Come ultimo passo ho preso in considerazione l’effetto a cascata di ogni azione sulle altre attività.

Farò un esempio per spiegarmi meglio. Nella programmazione (o meglio, riprogrammazione) del menù ho tenuto presente:

  • i risultati dell’analisi PESTLA (analisi del macromercato) per capire come è cambiato il mercato;
  • i risultati dell’analisi delle 5 forze di Porter (analisi del micromercato) per conoscere la reazione dell’ambiente competitivo;
  • il cambiamento del sistema di offerta (in base a dati, obbiettivi, strategie e tattiche estrapolate dal business model e dal business plan).

In seguito ho scrutato il menù ancora in uso per capire quali piatti erano in linea con i cambiamenti sopraelencati. Ho proseguito con la redazione delle azioni da intraprendere, per esempio:

  1. adattare il menù alla clientela italiana considerando il calo della presenza turistica;
  2. diminuire le referenze e ideare piatti basati sulle stesse materie prime per snellire il fabbisogno di materie prime;
  3. considerando la situazione di incertezza economica, la diminuzione del potere d’acquisto e la diminuzione del livello medio di spesa, diminuire i prezzi per mantenere la competitività sul mercato.

Successivamente ho proceduto con la valutazione dell’effetto a cascata generato da ogni azione, per esempio:

  1. l’adattamento del menù alla clientela italiana influenzerà le modalità di comunicazione e di conseguenza l’attività di marketing a livello indotto e Crm (Customer relationship management - gestione rapporto cliente);
  2. la diminuzione di referenze inciderà sui costi d’acquisto (diminuzione del fabbisogno di materie prime) e sul labor cost (diminuire le referenze aiuta a diminuire il volume di lavoro in cucina) e di conseguenza avrà effetti sull’attività di approvvigionamento di materie prime e gestione del magazzino, sull’attività di lavorazione e preparazione delle pietanze & il food cost control e sull’attività di amministrazione, contabilità e finanza, ecc.

Una volta terminata la mappatura delle azioni ho stilato una lista sintetica delle azioni operative per le seguenti ragioni:

  • per evitare doppioni, contrapposizioni o sovrapposizioni di azioni;
  • per sequenzializzare facilmente l’attuazione delle azioni in base alla loro importanza e priorità;
  • per identificare i reparti implicati nell’attuazione di ogni azione e i responsabili dell’implementazione per ciascuna di loro.
  • per avere la possibilità di revisionare o scartare le azioni che non producono risultati positivi senza rischiare di prenderle in considerazione di nuovo (può succedere quando le fasi analitiche si ripetono e si sovrappongono o quando la lista delle azioni è particolarmente lunga).

Dopo la sequenzializzazione delle azioni e l’imputazione di responsabilità ho definito i tempi di implementazione completando in questo modo il piano operativo. In caso di numerose azioni da attuare consiglierei l’organizzazione delle operazioni tramite diagramma Pert e grafico di Gantt.

Ciclo Esecutivo - attuazione e funzionamento

 Reattività ristorativa in tempo di crisiCiclo esteso della reattività ziendale (Cra)

Ho concepito il modulo del ciclo esecutivo come un ciclo nel ciclo, composto da quattro sotto moduli come segue:

5.1. attuazione (implementazione) del piano operativo;

5.2. misurazione dei risultati - azione di verifica;

5.3. analisi degli scostamenti - riesame della direzione e riadattamento attraverso il ciclo esecutivo o ripercorrendo il Ciclo della reattività aziendale (Cra);

5.4 azioni correttive.

Dopo l’implementazione del piano operativo è necessaria un’azione di verifica, misurando i risultati raggiunti (tramite i principali Key performance indicator - indicatori chiave di performance) e un’analisi degli eventuali scostamenti tra i dati previsti e quelli attuali. In base allo spessore degli scostamenti si procede con un riesame della direzione, valutando se proseguire con delle azioni correttive rimanendo all’interno del ciclo esecutivo in caso di lievi scostamenti o ripercorrere il Ciclo della reattività aziendale (passando al 1° modulo dell’analisi strategica) in caso di scostamenti importanti. Tale concettualizzazione del ciclo secutivo permette la massima flessibilità sia nell’attuazione del piano operativo sia nel riesame della direzione e comporta risparmi importanti in termini di tempo e risorse implicate. Il ciclo della reattività aziendale crea resilienza solo se i moduli che lo compongono si uniscono armoniosamente: l’eccessiva separazione comporterebbe il crollo del sistema, mentre l’eccessivo legame la perdita delle capacità adattive.

Considerazione conclusiva
Come potete notare il percorso del Ciclo della reattività aziendale richiede una quantità di energia non indifferente sia in termini fisici sia in termini di sforzo intellettuale. Personalmente ho fatto leva sulla risorsa più importante dell’azienda, il team, la squadra.

Ho condiviso con colleghi e collaboratori il peso della situazione decidendo insieme obbiettivi, strategie per raggiungerli e il piano d’azione. Chi mi conosce o ha lavorato a stretto contatto con me, sa che applico con convinzione il principio della “decisione condivisa”, in quanto facilita la comprensione della visione strategica e l’attuazione del piano operativo, riducendo al minimo la resistenza al cambiamento, gli errori durante l’implementazione del piano e i tempi di realizzazione. La presa della “decisione condivisa” allarga la base del know-how e dell’esperienza necessaria attingendo sulle competenze e sulle capacità di tutta la squadra. Questa condivisione genera motivazione e in questo momento difficile ritengo la motivazione un fattore chiave per la ripresa economica e sociale.

Per ulteriori dettagli o approfondimenti:
Enrik Gjoka
366 8700572
totalrestauring@gmail.com
www.360gradi-ristoconsulenza.it

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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