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Tassa sui wc dei locali pubblici È scontro sulla legge del Lazio

È già stata ribattezzata la “tassa della pipì” ed è quella che la Regione ha introdotto nel Testo Unico sul commercio per far pagare i non clienti che si servono solo del bagno di bar o ristoranti. Addetti ai lavori contenti, ma il Comune di Roma starebbe pensando di emettere un'ordinanza che negherebbe la scelta della Regione.

 
14 ottobre 2019 | 10:29

Tassa sui wc dei locali pubblici È scontro sulla legge del Lazio

È già stata ribattezzata la “tassa della pipì” ed è quella che la Regione ha introdotto nel Testo Unico sul commercio per far pagare i non clienti che si servono solo del bagno di bar o ristoranti. Addetti ai lavori contenti, ma il Comune di Roma starebbe pensando di emettere un'ordinanza che negherebbe la scelta della Regione.

14 ottobre 2019 | 10:29
 

Locali pubblici sì, ma con una piccola tassa per il bagno. È quello che ha deciso la Regione Lazio nell’introdurre l’obbligo di pagamento per coloro i quali entreranno in bar o ristoranti solo per servirsi della toilette, senza consumare. A quel punto il personale del locale in questione applicherà un costo che potrebbe variare dai 50 centesimi a un euro.

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Una questione a lungo dibattuta nel corso degli anni (della quale anche noi ci eravamo interessati da vicino e dato spiegazioni tecniche) e che ora inizia a trovare una regolamentazione che parte dalla Regione della Capitale. Gli addetti ai lavori si dicono contenti. A loro il diritto (e dovere) di esporre fuori dal proprio locale l’avviso ai non clienti che spiegherà loro come il “bisognino” avrà un costo. Questo sarà anche scontrinato con Iva al 22%.

Se apparentemente questa può sembra solo una questione di principio, Claudio Pica (presidente Fiepet-Confesercenti) spiega che c’è anche una questione più pratica ed economica. «Per gli esercenti - ha raccontato a Il Tempo - il costo di manutenzione di un bagno sfruttato da clienti e non clienti va dai 4 ai 10mila euro l’anno. Abbiamo chiesto più volte al Governo incentivi, ma ci è sempre stato risposto di no».

«Sono aziende private - precisa Luciano Sbraga (Fipe-Confcommercio) - e in quanto tali hanno il diritto di far pagare un servizio come questo». Non appena è stata resa nota la notizia, già qualcuno ha ventilato l’ipotesi che il Comune di Roma si possa opporre alla decisione ed emettere un’ordinanza che saprebbe di “contrordine” tornando allo stato attuale che non prevede alcun costo per la “pipì dei non clienti”. Dal canto suo Fipe ha già annunciato un ricorso se ciò dovesse accadere.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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