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Ristoratori responsabili di contagi? La norma deve cambiare subito

Per l'Inail sarebbe infortunio sul lavoro. La Fipe lavora per elimare la responsabilità penale dei ristoratori nel caso in cui i loro dipendenti dovessero contrarre il virus. Il direttore dei Servizi sindacali Silvio Moretti: «È una mina che va disinnescata». Settimana prossima al via i corsi di formazione online.

di Sergio Cotti
07 maggio 2020 | 12:00
Ristoratori responsabili di contagi? 
La norma deve cambiare subito
Ristoratori responsabili di contagi? 
La norma deve cambiare subito

Ristoratori responsabili di contagi? La norma deve cambiare subito

Per l'Inail sarebbe infortunio sul lavoro. La Fipe lavora per elimare la responsabilità penale dei ristoratori nel caso in cui i loro dipendenti dovessero contrarre il virus. Il direttore dei Servizi sindacali Silvio Moretti: «È una mina che va disinnescata». Settimana prossima al via i corsi di formazione online.

di Sergio Cotti
07 maggio 2020 | 12:00
 

L’infezione da coronavirus come infortunio sul lavoro. A prevederlo è un articolo del decreto Cura Italia, che stabilisce – nel caso in cui fosse provato che il contagio è avvenuto sul posto di lavoro – un risarcimento assicurativo per il dipendente malato. Si tratta di una norma che se da un lato tutela i lavoratori, dall’altro espone i datori di lavoro a rischi altissimi dal punto di vista della responsabilità, anche penale. Una preoccupazione, dunque, in più per i ristoratori, in vista della riapertura del prossimo 1° giugno. I titolari di bar e ristoranti stanno chiedendo da giorni l’intervento delle associazioni di categoria per chiedere al Governo di cambiare una norma che potrebbe pesare come una spada di Damocle sui commercianti, già in ginocchio da una crisi senza precedenti. Silvio Moretti è il direttore dei Servizi sindacali e previdenziali di Fipe, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi.

I ristoratori voglio evitare il rischio di responsabilità in caso di contagio -  Ristoratori responsabili di contagi? La norma deve cambiare subito

I ristoratori voglio evitare il rischio di responsabilità in caso di contagio

Com’è possibile che si sia arrivati a pensare a una norma di questo tipo?
È un tema che stiamo affrontando da tempo, fin dall’uscita del decreto Cura Italia. Diciamo che si è voluta dare una certa garanzia ai lavoratori. Questa norma porta però ad altre pesanti conseguenze, a partire proprio dal profilo di responsabilità penale per l’impresa e questa cosa ci sta molto preoccupando. È un pur vero che bisognerà andare alla ricerca di un nesso di causalità tra la prestazione lavorativa e il contagio, e molto dipenderà da quello che decideranno i medici. Però è vero anche che la circolare dell’Inail del 3 aprile ha introdotto il concetto di presunzione di responsabilità, che in qualche modo il datore di lavoro, qualora un suo dipendente faccia una rivendicazione in questo senso, è chiamato a dover smontare.

Non è certo con questo spirito che i ristoratori intendono riaprire le loro attività.
No, infatti. È una questione molto delicata, perché di fatto si sta addossando una responsabilità penale d’impresa per un problema che neanche il mondo riesce a risolvere. Come può pensare di farsene carico il datore di lavoro?

Silvio Moretti - Contagi, ristoratori responsabili? Fipe: «No, la norma deve cambiare»
Silvio Moretti

Come vi state muovendo per risolvere questa situazione?
Noi diciamo innanzitutto che vanno rispettati tutte le normative e tutti i protocolli sulla salute e sulla sicurezza sul lavoro e che laddove questi saranno attuati, anche con misure fortemente restrittive, non ci sembra corretto che ci dovrà essere una responsabilità da parte del datore di lavoro. Noi stiamo promuovendo una serie di corsi di formazione e informazione per mettere tutte le aziende nelle condizioni di rispettare le regole. Poi c’è un’altra questione da tenere conto: il lavoratore potrebbe contagiarsi anche fuori dall’azienda, dove passa al massimo 8 ore al giorno.

Sì, ma come se ne esce?
Ci siamo già mossi nei confronti dell’Inail per capire se possano esserci dei chiarimenti in merito. Tuttavia pensiamo che i chiarimenti non siano comunque sufficienti. Qui c’è bisogno di un nuovo intervento normativo, che stiamo chiedendo insieme ad altre organizzazioni, perché il tema interessa tutti.

Qualcuno ha parlato di scudo penale.
Sì. Serve un intervento che stabilisca che nulla possa essere imputato al datore di lavoro se dimostra di aver messo in atto tutte le procedure. La responsabilità dev’essere esclusa e questo è l’orientamento che porteremo al tavolo del Governo. Oggi ancora non sappiamo in che modo gli ispettori dell’Inail si comporteranno, nel caso in cui si trovassero di fronte a una situazione del genere. Tuttavia, il fatto che manchi una norma a monte pone il ristoratore in pericolo, in quanto ciò che prevede l’ultimo decreto è a rischio di interpretazione. Interverremo presto, anche perché è un problema che ci stanno segnalando numerosissime imprese, molte delle quali piccole e medio-piccole. Serve un ripensamento da parte del Governo e noi faremo pressione anche sui parlamentari più vicini al nostro settore, per cercare di capire se, già nel prossimo decreto, possa essere definita la costruzione di una norma che delimiti il perimetro delle responsabilità.

C’è anche, seppure più sfumata, la questione del contagio di un cliente. Esiste davvero, come teme qualcuno, il rischio di mettere in isolamento il personale del ristorante e, quindi, di chiudere il locale?
Se l’azienda, come pensiamo che succederà per tutte, adotterà ogni misura prevista, vedo un po’ difficile che si possa verificare una situazione tale da portare alla chiusura. Sarebbe davvero un caso limite. Ma se anche ci fosse una possibilità di questo tipo, sarebbe bene disinnescarla con un intervento normativo. Anche per questo abbiamo avviato un’interlocuzione con la presidenza dell’Inail, che è intervenuto nella questione solo dopo che il decreto Cura Itala ha introdotto questi riferimenti. D’altronde prima il coronavirus non esisteva.

Insomma, è stato il governo a farvi un bello sgambetto.
Diciamo che ha prevalso la volontà di dare una copertura assicurativa a questo tipo di emergenza, configurando il contagio come infortunio. Da questo punto di vista c’è anche del buonsenso in quello che è stato fatto, perché così si tutelano i lavoratori. Tuttavia non ci si è resi conto di aver innescato un altro problema, che oggi rappresentata una miccia pericolosa. Magari non salta, ma se succede, potrebbe fare molto male e per questo vogliamo disinnescarla.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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