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Università di Chieti con #laureaccoglienza

di Monica Di Pillo
 
13 ottobre 2017 | 18:07

Università di Chieti con #laureaccoglienza

di Monica Di Pillo
13 ottobre 2017 | 18:07
 

Il rettore dell’Università d’Annunzio, Sergio Caputi, illustra la sua ricetta per il riscatto dell’ateneo e del territorio che passa anche attraverso l'avvio di un progetto vicino a quello proposto da Italia a Tavola.

Il progetto dell’Università dell’Accoglienza piace al settore food&beverage e hotellerie, agli chef, ma anche al mondo accademico. Lo dimostra l’immediata apertura al progetto che sta portando avanti Italia a Tavola del rettore dell’Università d’Annunzio, Sergio Caputi, che crede molto nel valore dell’accoglienza, nella valorizzazione del comparto sia dell’agroalimentare che del turismo. Rilanciare l'Università d'Annunzio per far ripartire l’economia abruzzese è uno dei punti cardine su cui passano le scelte di governance del nuovo rettore Sergio Caputi, ordinario di Protesi dentaria II e III, che ha ricoperto fino alla sua elezione il ruolo di direttore del Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche presso l'ateneo.

(L’Università di Chieti guarda al futuro Un polo agroalimentare tra i progetti)

Professor Caputi, perché è favorevole alla creazione di una Laurea dell’Accoglienza?
Appoggio l’iniziativa di Italia a Tavola, sostenuta dall’hashtag #laureaccoglienza, perché credo nelle enormi potenzialità del comparto agroalimentare e turistico dell’Italia, ma anche dell’Abruzzo. Motivo per cui voglio entrare nel tavolo tecnico sollecitato dal direttore di Italia a Tavola, Alberto Lupini, perché voglio portare nella mia regione un polo universitario internazionale che formi figure in grado di ricoprire ruoli di alto profilo in tutta la filiera dell’accoglienza e dell’agroalimentare. Un polo universitario in grado di attrarre studenti da tutto il mondo.

Una sorta di dieta stellata? Una università del gusto che si faccia portatore di salute e di italian style?
Perché no. Il mio modello di riferimento è Fico Eataly Word di Bologna, che sarà inaugurato il 15 novembre. Voglio un polo simile anche per la d’Annunzio, che si occupi di tecniche di coltivazione che tutelino le biodiversità, che formi ricercatori e trasferisca competenze alle aziende del territorio da coinvolgere in questo progetto, affinché possano acquisire un vantaggio competitivo sui mercati internazionali. Accanto alla ricerca e alla formazione sulle materie prime, ci deve essere lo stesso approccio scientifico anche sulla trasformazione dei prodotti, quindi anche sullo studio e l'individuazione di piatti e ricette, eseguite da chef ed esponenti dell'alta ristorazione, studiati da medici, nutrizionisti, affinché siano proprio loro i primi divulgatori e comunicatori di uno stile alimentare gustoso, salutare, di qualità e in grado di promuovere le nostre eccellenze e tipicità.

Un polo agroalimentare che guardi lontano insomma?
Guardare lontano è fondamentale, ormai non esistono più barriere spaziali. Dobbiamo intercettare studenti non solo italiani, ma stranieri. Dovremo presentare questo nuovo polo agroalimentare a Shanghai, perché è da quella parte del mondo che si stanno concentrando molte risorse economiche e la voglia di investire in uno stile di vita che guarda con ammirazione al Made in Italy in tutte le sue sfaccettature.

Secondo lei, Agroalimentare e Turismo, sono dunque le due leve strategiche per l’Italia che potrebbero trovare la loro massima espressione a livello di formazione nell’Università dell’Accoglienza?
Esatto. L’Italia vanta 53 siti dell’Unesco, più di ogni altro Paese al mondo, eccelle nel vino, nel cibo, nella salubrità della sua dieta mediterranea, nella ricerca e anche nell’innovazione. Bisogna però mettere a sistema tutti questi fattori che ci contraddistinguono e partire proprio dalla formazione affinché il nostro Paese cresca a livello economico in modo omogeneo. L’Università dell’Accoglienza nel 2018, Anno consacrato per il ministro dei Beni Culturali e del Turismo Dario Franceschini al Cibo Italiano, deve diventare realtà.

Professor Caputi, lei che è anche il primo rettore ad essersi laureato nell’ateneo che oggi guida, da dove occorre ripartire per il riscatto della d’Annunzio?
Bisogna ripartire dalle eccellenze dell’ateneo, dalle risorse interne e, soprattutto, dalle esigenze degli studenti, tenendo conto anche delle richieste del mercato del lavoro, affinché domanda ed offerta si incontrino.

Quanti iscritti ha oggi la d’Annunzio?
Oggi abbiamo tra i 25 e i 26mila iscritti, mentre fino a qualche anno fa ne avevamo circa 30mila. Un calo delle iscrizioni che coincide con un danno soprattutto all’economia del territorio, visto che il 40% degli studenti arriva da fuori regione. Non bisogna dimenticare che sono quasi 12mila gli studenti che prendono una casa in affitto, usufruiscono dei servizi della città per oltre 300 giorni all’anno, si fanno raggiungere da amici e parenti che riempiono strutture ricettive e contribuisco ad alimentare il volano economico locale. Gli studenti non devono essere trattati come ostaggi, ma sono una risorsa preziosa per la città e l’amministrazione comunale deve sfruttare meglio le opportunità collegate al mondo universitario.

E riguardo la necessità di dialogare con le amministrazioni, quali i primi passi?
Lo studente e le sue esigenze devono guidare le scelte di governance dell’ateneo e anche le amministrazioni devono fare la loro parte. Ecco perché è fondamentale incentivare i giovani a frequentare le sedi di Chieti e Pescara, rendendo più agevoli i collegamenti tra i diversi dipartimenti dell’Università, anche perché entrambe le città fanno parte dell’area metropolitana più importante d’Abruzzo. Bisogna migliorare il trasporto pubblico urbano e metropolitano, attivando i collegamenti anche nelle ore notturne per facilitare la mobilità degli studenti, tenendo conto, tra l’altro, che il 40% degli iscritti alla d’Annunzio proviene da fuori regione e assicura un indotto economico superiore persino a quello del turismo.

Come pensa di ridare slancio a Chieti Alta, attraverso l’ateneo?
I corsi di laurea di medicina e odontoiatria sono pieni e molto ambiti, perché a numero chiuso, ma io vorrei implementare nuovi corsi e portarne di nuovi a Chieti Alta, che soffre di più rispetto allo Scalo, ormai rinvigorito proprio grazie alla presenza degli studenti universitari. Vorrei utilizzare gli spazi dell’ex caserma Bucciante per attivare il Dams, che potrebbe richiamare numerosi studenti, creando ampia visibilità, ma anche movimento per la città.  L’altra priorità è quella della riapertura e della valorizzazione dei siti archeologici e culturali della città, un unicum che non può continuare a rimanere così trascurato com’è oggi.

Sergio Caputi (L’Università di Chieti guarda al futuro Un polo agroalimentare tra i progetti)
Sergio Caputi

E per la sede di Pescara, che progetti ha in mente?
La sede di Pescara dovrà avere una sua centralità, per questo sia il direttore generale, Giovanni Cucullo, che io, saremo presenti settimanalmente in questa che non sarà e non deve essere una sede secondaria. Puntiamo a fare dell'ateneo pescarese un polo di eccellenza e vogliamo investire anche sulla riqualificazione della struttura, che ospiterà un polo ingegneristico che si sviluppi con un proprio percorso, oltre l'indirizzo già esistente di ingegneria delle costruzioni e legato al dipartimento di architettura.

E per dare vita a questa sorta di politecnico, pensa anche all’ampliamento della sede pescarese?
Sì, dobbiamo ampliare la sede sfruttando l’area di proprietà dell'Università, che si estende tra la struttura e il tribunale.

E tornando ai servizi per gli studenti, quali le novità che sta introducendo?
Stiamo attivando 2 desk: uno all’università di Chieti e uno a Pescara, ai quali gli studenti possano rivolgersi per fornire soluzioni a tutti problemi che un giovane fuori sede deve affrontare, ma non solo, deve affrontare. Sto lavorando per fornire una serie di servizi agli studenti, affinché siano in grado immediatamente di orientarsi in tutti i loro bisogni, dal medico all’avvocato. Poi, per migliorare la qualità della vita delle matricole, stiamo attivando un servizio di bike sharing all’ingresso delle sedi di Chieti e Pescara.

E sul fronte interno, dopo questi cinque anni un po’ più movimentati?
Da quando sono entrato, ho lavorato affinché si riportasse armonia negli questi uffici amministrativi. Sono stati cinque anni conflittuali e adesso bisogna rimediare con il buon senso, restituendo la fiducia al personale, soprattutto quello amministrativo, snellendo la burocrazia e non facendo lavorare i dipendi con la pistola puntata alle tempie.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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