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Ansia, stress, depressione, rabbia Il nuovo lockdown sarà più duro

Con un altro confinamento, secondo lo psichiatra Massimo Cozza la tenuta della salute mentale della popolazione sarebbe a rischio, con conseguenze peggiori di quelle patite tra marzo e aprile.

 
31 ottobre 2020 | 16:06

Ansia, stress, depressione, rabbia Il nuovo lockdown sarà più duro

Con un altro confinamento, secondo lo psichiatra Massimo Cozza la tenuta della salute mentale della popolazione sarebbe a rischio, con conseguenze peggiori di quelle patite tra marzo e aprile.

31 ottobre 2020 | 16:06
 

I dati sulla curva del contagio pare stiano portando dritti a un nuovo confinamento, nonostante il lavoro del Governo per evitarlo e la prospettiva che possa trattarsi di un lockdown più soft, rispetto a quello imposto a primavera. Eppure secondo Massimo Cozza, psichiatra e direttore del dipartimento di Salute mentale Asl Roma 2, idea di un nuovo isolamento «sarà più dura da affrontate a livello mentale per gli italiani: accanto all'ansia e allo stress, già vissuti con la prima serrata di marzo-aprile, oggi si affaccerebbero anche disturbi come la depressione e poi anche la rabbia».

Un nuovo confinamento potrebbe avere effetti devastanti sulla psiche - Ansia, stress, depressione, rabbia Il nuovo lockdown sarà più duro

Un nuovo confinamento potrebbe avere effetti devastanti sulla psiche

Un cocktail letale, secondo lo psichiatra, per la salute mentale degli italiani, già messa a dura prova tra marzo e aprile. «Non riuscire più a vivere la propria vita, l'idea di non poter uscire e vedere gli affetti può avere effetti importanti sulle persone più fragili, così come non vedere la luce alla fine del tunnel – ha detto Massimo Cozza in un’intervista all’agenzia di stampa Adnkronos – È chiaro che se si opterà per una seconda serrata avremo, rispetto alla prima, un maggior disagio emotivo sulla popolazione».
 
Tutti ricordano come in primavera abbiamo registrato alcuni disturbi come l'ansia, lo stress, l'insonnia: «Reazioni fisiologiche e ataviche che servono a preparare l'organismo e il fisico a rispondere ad un pericolo - osserva Cozza - Reazioni normali e sane fino a quando rispondono ad una esigenza di difesa per poi trasformarsi in comportamenti responsabili di precauzione. C'è poi però anche chi nega il problema Covid, perché non lo vuole affrontare e lo tiene nascosto o fa finta di nulla. Ecco, in questi casi continuare a negare mina l'equilibrio psicologico e si potrebbero subire dei contraccolpi anche importanti».

Massimo Cozza - Ansia, stress, depressione, rabbia Il nuovo lockdown sarà più duro
Massimo Cozza

Ognuno poi ha la sua vita, la sua psiche e il suo modo di reagire a queste situazioni di emergenza. Per questo il discorso può valere per tutti, ma in maniera differente tra un individuo e l’altro: «Non c'è un unico modo di agire ma lo si fa nel contesto di una vita di relazione e affetti – dice ancora lo psichiatra - C'è poi anche una predisposizione biologica che può portare ognuno di noi a reagire in determinate maniere».

Se già nel primo lockdown si è sofferta la chiusura forzata a casa e alcuni campanelli d'allarme hanno fatto sospettare che l'ansia e lo stresso possano degenerare nel caso di una replica della serrata, «occorre parlare con il proprio medico di famiglia - consiglia Cozza - sarà lui, che conosce la storia clinica dell'assistito, a decidere se occorre l'intervento di uno specialista».

Da qui il tema dei servizi di salute mentale presenti sul territorio, che potrebbero non essere pronti ad accogliere una possibile onda di persone in crisi da lockdown. «A livello nazionale abbiamo una rete pubblica di centri di salute mentale delle Asl a cui il cittadino si può rivolgere direttamente senza passare dal medico di famiglia. Ma non è tutto 'rose e fiori' – conclude Cozza nell’intervista all’Adnkronos – questa rete con gli anni si è sempre più impoverita, ora nei progetti del ministro della Salute Speranza c'è la volontà di tornare a potenziarla investendo risorse economiche. Gli studi - conclude - ci dicono che occorrerebbe almeno il 5% del Fondo sanitario nazionale, oggi siamo fermi al 3,5%».

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