Studiare le diete del mondo per comprenderne i benefici e, perché no, provare a trovare in mezzo a tante specialità, l’elisir di lunga vita. È un po’ questo l’obiettivo di un gruppo di studio formatosi tra gli studiosi dell’Università Cattolica di Milano e i ricercatori dell’Istituto Mario Negri. Lo scopo è proprio quello di studiare con rigore scientifico le proprietà degli alimenti per poi provare a capire in quali occasioni e quantità è possibile consumarne per aiutare il corpo a stare meglio e a vivere di più.
Il Mario Negri e la Cattolica studieranno le diete del mondo
Il progetto, presentato ieri (
e anticipato qualche settimana fa a Italia a Tavola in un’intervista da Giuseppe Remuzzi), prende ispirazione dai dati che arrivano nientemeno che dal Giappone e in particolare dall’isola di Okinawa, il posto al mondo in cui si vive più a lungo, 81,2 anni (con il 20% della popolazione che supera il secolo), grazie – pare – a una dieta a base di pesce. L’Italia non è da meno: secondo un rapporto dell’Istat, infatti, il nostro è il
Paese più longevo d’Europa, con oltre 2 milioni di persone con più di 85 anni e con il più alto numero di centenari, quasi 14.500 (di cui l’84% donne).
Da qui, dunque, l’intuizione dell’Italian Institute for Planetary Health, frutto dell’unione tra l’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri e l’Università Cattolica del Sacro Cuore con la partecipazione di Vihtali, spin off dell’Ateneo. Alla guida del gruppo di lavoro ci sarà Carlo Salvatori, presidente di Lazard Italia e Aviva Italia, affiancato dai vice presidenti
Giuseppe Remuzzi e Walter Ricciardi, ordinario di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica.
Giuseppe Remuzzi
Si studieranno dunque i fattori che incidono sull’invecchiamento in salute della popolazione partendo dall’Italia e ampliando poi gli orizzonti a livello internazionale, con un occhio anche agli effetti sui
cambiamenti climatici: «Studieremo tutte le diete del mondo – ha detto Remuzzi – La dieta mediterranea che a noi va bene, perché contribuisce a una sensibile riduzione di diverse malattie come quelle cardiovascolari e i tumori, ad esempio, non è così ottimale nei Paesi scandinavi. L’Italia è un laboratorio ideale per sviluppare un progetto che dovrà avere un impatto globale. Teniamo presente che le scelte alimentari, nel cui ambito possiamo agire tutti e subito, possono ridurre l’inquinamento del 25%».