Il diamante della terra, il profumatissimo, raro e pregiato tartufo bianco Tuber magnatum pico potrebbe presto svelare il mistero della sua nascita che nei secoli ha alimentato miti e leggende e che ha stimolato la scienza in ricerche inevitabilmente senza esito. La buona notizia viene ora dalla Francia ed è frutto della collaborazione tra l'istituto di ricerca Inrae (ex Inra) e i vivai Pepinieres Robin.

I precedenti italiani
È possibile dunque e ha buone prospettive, anche se in tempi lunghi, la coltivazione controllata anche in Italia del tartufo bianco attraverso piante micorizzate con un innovativo protocollo. Già negli anni '60 in Piemonte era stata messa a punto questa tecnica, poi sviluppata un decennio dopo dai ricercatori francesi dell'istituto di Clermond-Ferrand, e applicata da numerose aziende. Attualmente, il 90% della produzione di tartufi neri pregiati raccolti in Francia proviene da piantagioni realizzate grazie proprio alla messa a dimora di piantine micorizzate.
Un successo da cui però è sempre sfuggito il tartufo bianco, il più raro e costoso, conosciuto come Pregiato d’Italia o Bianco pregiato d’Alba. Sovrano su tutti e forte del suo mistero alchemico, potrebbe però non restare ancora a lungo un dono spontaneo della terra per la delizia dei buongustai.
Le nuove frontiere della coltivazione
La produzione controllata di un tartufo raro è stato l'argomento di cui hanno parlato in un incontro stampa sul web Christine Robin, direttrice commerciale del vivaio Robin Pépinières (leader mondiale nella produzione di piante micorizzate certificate), Claude Murat, ingegnere di ricerca dell’Inrae ed Emidio Angelozzi, tartuficultore professionista nelle Marche che coltiva da tempo e con soddisfazione il nero pregiato. A condurre l'incontro in anteprima mondiale è stata la giornalista Martina Daguanno di Interface Tourism Italy.
Dopo 9 anni di ricerche congiunte tra Inrae e i vivai Robin, nel 2008 è stato possibile realizzare in Francia i primi 5 impianti in regioni con climi differenti (Rodano-Alpi, Borgogna, Franca Contea e Nuova Aquitania) e dopo 4 anni un Quercus pubescens da tartufo Robin ha prodotto il suo primo, attesissimo Tuber magnatum pico. I risultati scientifici di questi lavori sono stati appena pubblicati sulla rivista scientifica Mycorrhiza, in un documento dal titolo: Prima produzione di tartufo bianco italiano in una tartufaia al di fuori della zona di distribuzione naturale in Francia.
Questa novità apre la strada allo sviluppo della coltivazione di questa tipologia in Francia ma anche nel resto del mondo. Negli ultimi anni questa attività per produrre alcune tipologie del nero ha subìto un incremento notevole ma il sogno di stimolare la terra a donarci il mitico bianco è andata delusa. Meno profumato del bianco, è comunque apprezzato e largamente in uso nelle cucine degli chef e inserito come ingrediente nelle salse. La coltivazione ha permesso a molti agricoltori di diversificare le colture nel rispetto dell’ambiente.
Una pratica sostenibile
Si tratta, infatti, di una coltura agro-ecologica che non richiede l’utilizzo di prodotti chimici e che promuove la biodiversità. Nessun dubbio è stato espresso nell'incontro web sulla qualità organolettiche di un tartufo coltivato rispetto a quello boschivo né si profila, per i lunghi tempi di produzione - più di quattro anni dalla messa a dimora dell'impianto - una concorrenza con quello boschivo naturale.

Piantagioni di piante micorizzate nel vivavio Robin Pépinières
Dal 2008 i vivai Robin commercializzano alberi micorizzati con
Tuber magnatum in base al procedimento Inrae/Robin. Ogni singolo tartufo utilizzato per inoculare le piante è controllato al
microscopio per verificare le caratteristiche delle
spore e successivamente sottoposto ad analisi bio-molecolare. Prima della commercializzazione ogni pianta viene attentamente e singolarmente verificata nel suo apparato radicale così come il suo Dna. Fondamentale è la
manutenzione dell'impianto per ottenere una coltivazione di qualità e una produzione precoce con condizioni idriche favorevoli, areazione del suolo e apporto di materiale organico per favorire una maggiore attività biologica del terreno.
Lavorando il terreno si ottiene anche una
potatura dell’apparato radicale che ha l'effetto di stimolarne la
crescita e lo sviluppo. L’ideale è lavorare manualmente il terreno con una zappa o con una vanga, ma nel caso di impianto su una superficie ampia si effettuerà un lavoro meccanico almeno fino a 15-25 cm di profondità, almeno una volta l'anno.
«Questa è una novità importante anche se all'inizio la
coltivazione sarà difficile - ha commentato il tartuficultore Emidio Angelozzi - si faranno degli
errori come è avvenuto per le prime coltivazioni di pregiato nero, ma questa è una notizia che aspettavamo da tanto tempo e che aprirà un nuovo capitolo nel settore
tartuficolo».
Che cos'è l'InraeL'Inrae, l’Istituto Nazionale di Ricerca Francese per l'Agricoltura, l'Alimentazione e l'Ambiente, creato il 1° gennaio 2020, è un
attore importante nel settore della ricerca e dell'innovazione. Coinvolge una
comunità di 12.000 persone, con 268 unità di ricerca, servizio e sperimentazione situate in 18 centri distribuiti su tutto il territorio francese e si colloca all’11° posto nel mondo per le ricerche condotte in ambito
ecologico e ambientale con l'ambizione di essere un attore chiave nelle transizioni necessarie per affrontare le grandi sfide globali.