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Anche i ristoranti scendono in campo a difesa del Prosecco: «Simbolo dello stile italiano»

Dopo aver raccolto il supporto di consorzi, produttori e ministero dell'Agricoltura, anche la Fipe-Confcommercio si schiera a fianco delle bollicine italiane contro la minaccia Prosek. Pronta una task force al Mipaaf

 
16 settembre 2021 | 12:56

Anche i ristoranti scendono in campo a difesa del Prosecco: «Simbolo dello stile italiano»

Dopo aver raccolto il supporto di consorzi, produttori e ministero dell'Agricoltura, anche la Fipe-Confcommercio si schiera a fianco delle bollicine italiane contro la minaccia Prosek. Pronta una task force al Mipaaf

16 settembre 2021 | 12:56
 

La levata di scudi in difesa del Prosecco può contare anche sulla ristorazione. La Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi che fa capo a Confcommercio ha dato il suo supporto alla battaglia contro il processo di riconoscimento del Prosek croato come prodotto Stg (specialità territoriale garantita) avviato dalla Commissione Europea. «Il Prosecco è un’eccellenza del nostro Paese e qualifica lo stile di vita italiano al pari del caffè espresso e degli spaghetti. Siamo pronti a fare la nostra parte in questa battaglia», ha scritto in una nota la Federazione. Si infoltisce, quindi, il fronte italiano pronto a proteggere l'agroalimentare dagli effetti di quello che rischia di essere a tutti gli effetti un caso di Italian sounding istituzionalizzato. Rischio contro cui si sta già muovendo il ministero delle Politiche agricole che ha deciso di creare una task force ad hoc per presentare i ricorsi del caso.

Anche i pubblici esercizi di Fipe a fianco del Prosecco nella battaglia contro il riconoscimento del Prosek Anche i ristoranti scendono in campo a difesa del Prosecco: «Simbolo dello stile italiano»

Anche i pubblici esercizi di Fipe a fianco del Prosecco nella battaglia contro il riconoscimento del Prosek

 

I ristoratori di Fipe a difesa del Prosecco e della professionalità italiana

Per quanto riguarda la ristorazione, in gioco non c'è solo la difesa di una referenza simbolo del Made in Italy, ma anche un indotto intero che «si sublima nei 350mila locali italiani, dove la sapienza di migliaia di lavoratori, bartender e sommelier, consente di somministrare il Prosecco alla giusta temperatura e nelle giuste modalità. Noi siamo il terminale ultimo di una filiera agroalimentare che produce, distribuisce e infine somministra uno spumante di qualità eccellente», ha affermato la Fipe in una nota. E a ribadirlo sono prima di tutto i numeri: delle oltre 378 milioni di bottiglie di Prosecco prodotte nel 2019, 108 milioni sono state destinate al mercato italiano e di queste il 32% è stato servito nei pubblici esercizi.

 

Il ministro all'Agricoltura Patuanelli pronto a fare ricorso

Un'offerta che verrebbe compromessa nel caso in cui la spuntasse il Prosek croato. Un vino totalmente diverso rispetto al Prosecco (più simile a un passito da abbinare ai dessert che a delle bollicine da aperitivo e pasto) che viene prodotto in quantità molto minori specialmente nella regione della Dalmazia meridionale. «È evidente che il Prosecco è una Dop italiana e non possiamo accettare che venga messa a rischio da una piccola produzione in un altro paese», ha commentato il ministro alle Politiche agricole Stefano Patuanelli. Per questo sono già partiti i lavori per presentare, entro 60 giorni, i ricorsi alla decisione della Commissione Europea di pubblicare il Gazzetta Ufficiale la richiesta di riconoscimento della denominazione Prosek. Una richiesta già avanzata, e bocciata, nel 2013 e che ora deve fare i conti non solo con l'opposizione italiana ma anche con una sentenza della Corte di Giustizia dell'Ue che dice stop all'utilizzo di nomi truffa nell'agroalimentare.

 

Gian Marco Centinaio: «Evitare un altro caso Tocai». Anche l'Aceto Balsamico è sotto attacco

A guidare la ridotta italiana c'è il sottosegretario del Mipaaf con delega al vino Gian Marco Centinaio: «Dobbiamo scongiurare con ogni mezzo che ci sia un nuovo caso Tocai e intervenire in tempi rapidi e con tutti gli strumenti a disposizione per evitare che altri traggano vantaggio a scapito del lavoro dei produttori italiani, che anche grazie agli investimenti fatti sul territorio hanno reso grande l’immagine del Made in Italy nel mondo». Il riferimento al Tocai riporta alla memoria il precedente del 2007, quando i produttori friulani dovettero cedere alla pressione di Ue e Ungheria e cambiare nome alla referenza, poi diventata "Friulano". Ora, invece, «è il momento di fare squadra e di presentarci uniti, non di alimentare polemiche o divisioni», ha ricordato Centinaio. Una sottolineatura utile a rispondere anche a chi ha visto nel caso Prosek la debolezza del sistema Italia nel difendere le proprie eccellenze: «Prima di muovere critiche o accuse consiglierei di informarsi, sia sulle procedure europee, sia su quanto stiamo facendo come istituzioni. È un grave errore cercare i responsabili in casa propria quando il problema è altrove, ovvero a Bruxelles. Ora servono fatti, non parole, o peggio critiche gratuite», ha concluso il sottosegretario.

Anche perché, ad oggi, il Prosecco non è l'unica eccellenza sotto attacco. L'altra messa a repentaglio dalla concorrenza sleale è l'Aceto Balsamico di Modena Igp. In questo caso è la Slovenia ad aver fatto scattare la reazione del Consorzio di tutela notificando alla Commissione Europea una norma tecnica nazionale in materia di produzione e commercializzazione degli aceti che, ponendosi in netto contrasto con gli standard comunitari, il principio di armonizzazione del diritto europeo e le disposizioni di altri regolamenti comunitari, vorrebbe trasformare la denominazione “aceto balsamico” in uno standard di prodotto.

 

 

La sentenza della Corte di giusitizia Ue che fa ben sperare

A deporre a favore della battaglia italiana c'è la sentenza europea relativa al ricorso del Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne (Civc), organismo per la tutela degli interessi dei produttori di champagne, contro una catena di bar spagnoli che usa il nome “Champanillo” (che in lingua spagnola significa «piccolo champagne») per promuovere i locali, con un supporto grafico raffigurante due coppe riempite di una bevanda spumante. Una diatriba finita prima nelle mani della magistratura iberica e poi direttamente in Lussemburgo, dove ha sede la Corte di giustizia europea chiamata a chiarire se, secondo il diritto comunitario, fosse possibile utilizzare un termine nel commercio per designare dei servizi piuttosto che dei prodotti. Risposta? No! «Il regolamento comunitario - ha sottolineato la Coldiretti - protegge le Doc da condotte relative sia a prodotti che a servizi, e il criterio determinante per accertare la presenza di una evocazione illegittima è quello di accertare se il consumatore, in presenza di una denominazione controversa come per lo Champanillo, sia indotto ad avere direttamente in mente, come immagine di riferimento, proprio la merce protetta dalla Dop». Nel caso di specie, lo champagne. E potrebbe essere un precedente da sfruttare per il Prosecco italiano.

 

L'export trema

La salvaguardia del Prosecco non è una sola questione di principio e di diritto. In gioco c'è un mercato diretto verso l'estero che coinvolge due Regioni (Veneto e Friuli Venezia Giulia) e nove province in cui sono coltivate e prodotte tre denominazioni d’origine (Prosecco Doc, Prosecco di Conegliano Valdobbiadene Docg e Asolo Prosecco Docg) per una produzione complessiva che ha superato i 600 milioni di bottiglie. Ed è sempre più apprezzata fuori dai confini nazionali: nei primi sei mesi del 2021 gli Stati Uniti sono diventati il primo acquirente di bottiglie con un aumento del +48% (rispetto al semestre precedente) mentre in Russia gli acquisti sono più che raddoppiati (+115%) e in Germania guadagna il +37%, seguita dalla Francia (+32%), il paese dello Champagne in cui le bollicine italiane mettono a segno una significativa vittoria fuori casa.

 

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