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Tassa di soggiorno, altre proteste Federalberghi attacca il Governo

Con l’estate alle porte si riapre, più caldo che mai, il tema della tassa di soggiorno, con Federalberghi che rilancia l’allarme sulla tassazione che riguarda il settore turistico. A tenere banco, ancora una volta, è la questione del riutilizzo del gettito che non rientra sempre nello stesso settore turistico. Dura accusa al Governo e ai Comuni.

03 maggio 2019 | 10:03
Tassa di soggiorno, altre proteste 
Federalberghi attacca il Governo
Tassa di soggiorno, altre proteste 
Federalberghi attacca il Governo

Tassa di soggiorno, altre proteste Federalberghi attacca il Governo

Con l’estate alle porte si riapre, più caldo che mai, il tema della tassa di soggiorno, con Federalberghi che rilancia l’allarme sulla tassazione che riguarda il settore turistico. A tenere banco, ancora una volta, è la questione del riutilizzo del gettito che non rientra sempre nello stesso settore turistico. Dura accusa al Governo e ai Comuni.

03 maggio 2019 | 10:03
 

Con l’estate alle porte si riapre, più caldo che mai, il tema della tassa di soggiorno, con Federalberghi che rilancia l’allarme sulla tassazione che riguarda il settore turistico. A tenere banco, ancora una volta, è la questione del riutilizzo del gettito che non rientra sempre nello stesso settore turistico. Dura accusa al Governo e ai Comuni.

«Sono 1.020 i Comuni italiani che applicano l'imposta di soggiorno o la tassa di sbarco (23) - spiega al Sole 24 Ore il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca, nel corso dei lavori dell’Assemblea generale iniziati a Capri - con un gettito complessivo che nel 2019 si avvia a doppiare la boa dei 600 milioni. A quasi dieci anni dalla reintroduzione del tributo dobbiamo purtroppo constatare di essere stati facili profeti. La tassa viene introdotta quasi sempre senza concertare la destinazione del gettito e senza rendere conto del suo effettivo utilizzo».

(Tassa di soggiorno, altre proteste Federalberghi attacca il Governo)

«Qualcuno - prosegue Bocca - racconta la storiella dell'imposta di scopo, destinata a finanziare azioni in favore del turismo. In realtà è una tassa sul turismo, il cui unico fine sembra essere quello di tappare i buchi dei bilanci comunali. Negli ultimi tempi il quadro si è aggravato per effetto di un apparato sanzionatorio paradossale, che chiediamo di modificare, che tratta allo stesso modo chi si appropria indebitamente delle risorse e chi sbaglia i conti per pochi euro. Chi paga con qualche giorno di ritardo e chi non ha mai versato quanto riscosso. Né è tollerabile rilancia Bocca il far west che si registra nel settore delle locazioni brevi. La legge ha stabilito che i portali devono riscuotere l'imposta di soggiorno dovuta dai turisti che prenotano e pagano attraverso le piattaforme, ma Airbnb assolve a tale obbligo solo in 18 comuni su 997. Per di più, queste amministrazioni, allettate dalla prospettiva di nuovi introiti, si sono rese disponibili a sottoscrivere un accordo capestro, accettando un sistema di rendicontazione sostanzialmente forfettario, che non consente un controllo analitico e induce a domandarsi se non si configurino gli estremi di un danno erariale».

Federalberghi ha condotto un’indagine per portare numeri concreti alle sue considerazioni. Da qui emerge che sono 1.020 i comuni italiani che a maggio 2019 applicano l'imposta di soggiorno o la tassa di sbarco (23). Tali comuni, pur costituendo “appena” il 13% dei 7.915 comuni italiani, ospitano il 75% dei pernottamenti registrati ogni anno in Italia. I 1.020 comuni - si legge nell’indagine - si distribuiscono per il 26% nel Nordovest, il 41,2% nel Nordest, il 15,5% nel Centro e il 17,3% nel Mezzogiorno. Il 31,6% dei comuni che applicano l'imposta di soggiorno è montano. Seguono le località marine, con il 19,7%, quelle collinari con il 16,1% . Il numero delle città d’arte si ferma a 104, ma comprendono le cosiddette capitali del turismo italiano, che muovono grandi numeri. Le destinazioni lacuali sono 96 e quelle termali 40. Nel 2017 (ultimo anno per il quale sono disponibili i dati ufficiali), i comuni italiani hanno incassato circa 470 milioni a titolo di imposta di soggiorno e imposta di sbarco.

Come se non fossero sufficienti gli ultimi numeri, va sottolineato che il dato è in continua crescita: il gettito nazionale accertato era di circa 162 milioni nel 2012 e 403 milioni. Per il 2019 Federalberghi ha stimato un introito di oltre 600 milioni. Roma è stata la città con il maggior gettito grazie ad un incasso che ha raggiunto i 130 milioni, il 27,7% del totale. L'incasso delle prime quattro (Roma, Milano, Venezia e Firenze) è superiore a 240 milioni, oltre il 58% del totale nazionale. Il peso delle grandi città si fa sentire anche sulla classifica regionale, guidata dal Lazio con quasi 135 milioni. Seguono il Veneto con 63,7, la Lombardia con 59,5 e la Toscana con 57,4. In queste quattro regioni viene raccolto il 67,1% del gettito complessivo. Non appaiono in graduatoria il Friuli-Venezia-Giulia (perché in questa regione l'imposta è stata introdotta nel 2018) e il Molise (l'imposta era stata istituita dal comune di Termoli, ma poi è stata soppressa in seguito ad una sentenza del Tar).

Quindi l’affondo di Federalberghi al Governo il quale non avrebbe mai adottato il regolamento quadro che avrebbe dovuto fissare (entro il 6 giugno 2011) i principi generali per l'imposta di soggiorno. In assenza di una regola, i Comuni si sono mossi in ordine sparso, generando un quadro confuso. Ad esempio - sottolinea l’indagine - una famiglia di tre persone (padre, madre e figlio undicenne) che soggiorna in un albergo a tre stelle per due giorni, a Roma paga 24 euro per imposta di soggiorno, a Venezia 17,40 euro, a Rimini 12 euro, a Catanzaro 7,80 euro e a Bibione 6,30 euro.

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