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Endrici, dal Trentino alla Toscana Vent'anni di vini maremmani

Da vent'anni la trentina cantina Endrizzi ha portato alcuni vigneti anche a Grosseto, in Maremma, dove - non senza difficoltà - ha trovato terreno fertile esportando tutta la tecnica trentina.

di Liliana Savioli
 
08 ottobre 2019 | 10:46

Endrici, dal Trentino alla Toscana Vent'anni di vini maremmani

Da vent'anni la trentina cantina Endrizzi ha portato alcuni vigneti anche a Grosseto, in Maremma, dove - non senza difficoltà - ha trovato terreno fertile esportando tutta la tecnica trentina.

di Liliana Savioli
08 ottobre 2019 | 10:46
 

È arrivato l’autunno e con l’autunno l’invito della cantina Endrizzi. Da molti anni è tradizione andare in quel di San Michele all’Adige a far visita a questa famiglia che con generosità, semplicità e amicizia ci delizia con degustazioni intriganti. Fino ad ora la parte del leone l’hanno sempre fatta i loro vini trentini ma la famiglia Endrici, proprietari dell’azienda Endrizzi, hanno anche un’anima maremmana. Quest’anno abbiamo festeggiato il ventesimo compleanno del loro acquisto in quel della Toscana.

La degustazione è stata diretta da Eros Teboni (Endrici, dal Trentino alla Toscana 20 anni di vini maremmani)

La degustazione è stata diretta da Eros Teboni

Guidando verso le montagne si pensava a come saranno questi vini toscani, saranno i soliti piacioni ammiccanti all’internazionalizzazione? Saranno tutto legno e niente arrosto? No, non può essere. Gli Endrizzi non fanno vini così.
È gente del Nord a cui piace la pulizia, la correttezza, il sorriso sincero, la vera amicizia, la famiglia. È gente che segue il vigneto come fosse un santuario, che lavora in vigna con il massimo rispetto, che esige la perfetta pulizia e attenzione delle procedure in cantina, che produce vini verticali, puliti, croccanti, che esprimono appieno sia il vitigno che il territorio. È gente che crede fermamente in ciò che fa e lo dimostra ogni giorno, che ama il bello, l’arte, l’architettura e la musica. Non possono fare vini banali o finti; con questo non è che i vini toscani lo siano ma che una parte, specialmente che puoi trovare in giro per il mondo, tende a questo sì.

Nel 2000 Paolo e Christine Endrici, assieme a Thomas Kemmler, fratello di Christine, hanno dato vita a Serpaia, il sogno viticolo della famiglia in Maremma. Serpaia prende il nome da come si presentava l’area in passato, tutta pascoli e tane di serpi in quel di Fonteblanda, a sud di Grosseto. Sono 30 gli ettari vitati con terreni molto secchi. Per ben due volte hanno tentato di piantare le vigne e per ben due volte sono miseramente morte, ma testardi come solo i trentini sanno essere, sono riusciti a trovare le posizioni migliori per la coltivazione della vite e al terzo impianto il Sangiovese, il Merlot, il Cabernet e il Petit Verdot hanno attecchito. Da questi vitigni ecco nascere Mèria, che significa ombra di mezzo giorno, da meriggio, in maremmano. Il posto più ambito essendo l’ora massima di calore. E con questo il vino più ambito in verticale. La prima verticale in assoluto mai proposta. C’era tutta la forza vendita di Endrizzi ma anche giornalisti, sommelier, appassionati e tanti amici.

Gli Endrici hanno festeggiato il ventesimo anno di viticoltura in Toscana (Endrici, dal Trentino alla Toscana 20 anni di vini maremmani)
Gli Endrici hanno festeggiato il ventesimo anno di viticoltura in Toscana

A condurre le danze Eros Teboni, miglior sommelier 2018 della Wsa, che con Daniele Endirici, il rampollo della famiglia, ci ha portato per mano all’assaggio di sei annate. Partendo dall’Imberbe 2015 per arrivare al 2006. In base alle annate abbiamo trovato differenze stilistiche, qualche sentore diverso, ma la base rimane unica. Uno splendido cavallo purosangue. Nero, con un mantello quasi brillante, con la criniera al vento, con i muscoli tesi e scattanti e inturgiditi dalle corse. Un destriero che, conforme le annate, ci ha portato in mezzo ai boschi con sentori balsamici, in prati fioriti, in stalle pulitissime con le selle di cuoio, sotto alberi di ciliegie e prugne, in orti con basilico e tuberose. Trottando abbiamo degustato cioccolatini con ciliegie sottospirito e fumato tabacco biondo.

Non ha paura del legno, lo scavalca senza problemi, in qualche annata fa più fatica, in altre meno. Non teme neanche la freschezza, anzi la ricerca e la esalta combinandola con la sapidità. Un animale di gran razza che trotta verso il mondo con armonia e piacevolezza lasciando ricordi nitidissimi che rimarranno nei nostri cuori. Come sempre gli Endrizzi ogni anno riescono a stupirci. Ecco la sorpresa. La prima mondiale del Gran Serpaia 2015. Un merlot in purezza imbottigliato da poco che Lorenzo Grandi, loro collaboratore e miglior enologo nel 2017, non ci avrebbe fatto assaggiare ma i giovani scalpitanti hanno vinto la battaglia. Ecco allora questa perla nera che profuma di fiori viola, tabacco, cacao, canfora, frutta rossa matura, balsamico. Grande è la beva con una bocca freschissima e lunga ed elegante . Corpo scattante e agile. Tannini ben integrati e intrigante la sapidità. Uscirà a Vinitaly 2020. Non contenti di farci regali ecco l’ultimo. Una cena preparata da Peter Brunel, da poco rientrato in Trentino dalla Toscana, che, partendo dai 4 vini della Serpaia, ha creato dei piatti per poterli degustare al meglio.

Positiva la verticale di Méria (Endrici, dal Trentino alla Toscana 20 anni di vini maremmani)
Positiva la verticale di Méria

Che dire se non che questo ragazzo, che a 28 anni ha ricevuto la sua prima stella Michelin, è una forza della natura. Ha creato un menu dalle forti tonalità autunnali, con l’esaltazione dei componenti, con una godibilità a tratti preoccupante. Su tutti i due piatti che hanno riscosso maggior consensi sono stati il Cevice di trota e barbabietola e il piatto di terra con la patata soffiata, polvere di barbabietola e caviale. In entrambi la barbabietola, con il suo rosso brillante, ha fatto la differenza a livello visivo. Nel cevice i filettini crudi di trota trentina nuotavano in una marinatura mediterranea con succo d barbabietola ed agrumi in grande rilassatezza e piacevolezza. Un bicchiere, definito dalla responsabile delle relazioni esterne Aurora Endrici, libidinoso, che è stato l’interpretazione della patata trentina maritata alla sferificazione a mo’ di caviale del tartufo. Il bilanciamento fatto piatto ma la cosa che ci ha esaltato è stata la texture: morbidosa, coccolosa, elegante. Una sciarpa di cachemire delicatamente profumata di tartufo. Un abbraccio del Trentino alla Toscana.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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