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A cena con il Vesuvio, i vini vulcanici arrivano a Milano

Nel corso della Milano Wine Week, il Consorzio tutela Vini Vesuvio sono stati protagonisti di una degustazione al ristorante Sine dello chef Roberto Di Pinto. Un'occasione per scoprire produzioni mitiche

di Guido Gabaldi
 
07 ottobre 2021 | 12:50

A cena con il Vesuvio, i vini vulcanici arrivano a Milano

Nel corso della Milano Wine Week, il Consorzio tutela Vini Vesuvio sono stati protagonisti di una degustazione al ristorante Sine dello chef Roberto Di Pinto. Un'occasione per scoprire produzioni mitiche

di Guido Gabaldi
07 ottobre 2021 | 12:50
 

Il Vesuvio colpisce ancora, ma stavolta non c’entrano eruzioni o movimenti tellurici: l’unico movimento di calici e forchette s’è visto a Milano, nel corso della Milano Wine Week presso il ristorante Sine di viale Umbria, il nuovo luogo gastrocratico per i meneghini affamati di novità. Il Consorzio tutela Vini Vesuvio ha presentato qui i suoi gioielli vulcanici, una gamma completa di bianchi (anche spumantizzati) e rossi a base di Caprettone, Coda di volpe, Falanghina, Piedirosso, Aglianico e Sciascinoso, vitigni  che oscillano tra il celebre e lo sconosciuto.

I vini vesuviani degustati A cena con il Vesuvio, i vini vulcanici arrivano a Milano

I vini vesuviani degustati

 

Il Vesuvio, un territorio mitico

Come aggettivare un territorio affacciato alla ribalta della storia più o meno da tremila anni? Mitico, anzitutto, se vogliamo attingere alle narrazioni antiche per cui Poseidone ed Efesto videro crescere le prime bacche, mentre Nettuno e Vulcano assistettero allo scorrere del nettare primitivo dal Vesuvio al mare;  e non manca la leggenda ebraico-cristiana, che racconta del pianto di dolore del Cristo per la cacciata di Lucifero, che era stato l’angelo più buono, dal Paradiso. Là dove caddero le sue lacrime nacquero le viti destinate a produrre un nettare quasi venerabile, detto appunto Lacryma Christi.

Vigneti con il Vesuvio sullo sfondo A cena con il Vesuvio, i vini vulcanici arrivano a Milano

Vigneti con il Vesuvio sullo sfondo

 

L'intervista a Ciro Giordano, presidente del Consorzio tutela Vini Vesuvio

Passando dalla leggenda alla storia contemporanea, ci facciamo indirizzare dal presidente del Consorzio tutela Vini Vesuvio, Ciro Giordano in merito alla caratteristiche odierne dei vini vesuviani. «Partiamo dal basso - chiarisce subito Giordano - perché la terra rappresenta il fattore determinante. Il nostro territorio è particolarmente ricco di minerali come ferro, potassio, fosforo e silice, caratterizzato da secoli di stratificazione della lava e, di conseguenza, da produzioni uniche al mondo. Ce ne sono di famosissime, come il pomodoro del piennolo, le albicocche, i “friarielli” e altre che dovrebbero ricevere maggiore visibilità. Le zone vitate si possono ricondurre a due tipologie distinte: l’Alto Colle Vesuviano, con prevalenza di pendii oltre i 200 metri slm, e il Versante Sud-orientale, rivolto verso il mare. Il contesto geologico e climatico dona grande mineralità e sapidità ai vini, nonché eleganza olfattiva ad ampio raggio».

Presidente, qualche dettaglio in più? Ad esempio sui vini rossi?

«Non sono particolarmente robusti, quanto ad alcol e tannino; resta comunque una notevole complessità e leggiadria, una freschezza che li rende distinguibili all’interno del quadro enologico della Campania. Un abbinamento diventato tradizionale è quello con la pizza napoletana, che mette a profitto la mineralità/sapidità del vino; ma proprio per questa caratteristica io penserei pure a un piatto completamente diverso, come la carne alla brace.  E grazie al basso livello di tannino, i più delicati tra i rossi si sposano bene anche col pesce: con la spigola all’acqua pazza, per esempio, ove la presenza del pomodoro  garantisce l’equilibrio dell’abbinamento».

Ciro Giordano A cena con il Vesuvio, i vini vulcanici arrivano a Milano

Ciro Giordano

 

Su quale tipo di promozione investe il Consorzio?

«Abbiamo una programmazione triennale, approvata dal Ministero delle politiche agricole: puntiamo molto sul’accoglienza nel territorio, ossia invitare i media, i ristoratori, gli intermediari, i distributori e venire a casa nostra e sperimentare di persona. È il modo migliore per toccare con mano i progressi fatti e conoscere le realtà produttive, come si evolve la viticoltura  sul Vesuvio. L’iniziativa di oggi a Milano,  "A cena con il Vesuvio", consente questo tipo di incontro ma è giocata fuori casa, e proseguirà in altre città».

In un’epoca di virtualizzazione ubiqua voi puntate sul “toccare con mano”?

«Ad oggi non c’è una modalità altrettanto efficace per far passare il nostro messaggio: un conto è guardare il Vesuvio sul monitor, altro è passeggiare sulle colline vulcaniche, osservare da vicino i filari, parlare direttamente col produttore, mangiare gli spaghetti al sugo laddove nasce e si raccoglie il pomodoro del Piennolo. Quel che rimane conservato nel bagaglio di ognuno, a livello di memoria sensoriale ed emozionale, è poi più facile da comunicare con incisività»

 

Gli abbinamenti gastrocratici dello chef Roberto Di Pinto

Cosa che riesce benissimo a Roberto Di Pinto, lo chef napoletano del ristorante Sine: i vini del Consorzio Vesuvio si sono alternati ai suoi piatti gastrocratici, in cui l’idea da comunicare è la rinuncia (sine sta per “senza”, in latino): al lusso, a un certo tipo di esteriorità di cui si può fare a meno, come tovaglie costose da mandare in lavanderia, fiori sulle tavole, arredi e posate troppo ricercati. Lo scopo è quello di contenere i costi, allargare i confini e far conoscere la cucina di alta scuola a una platea sempre più vasta: perché il bignè craquelin con ragù napoletano, la parmigiana espressionista, la margherita in un raviolo, il diaframma al barbecue, guanciale e wasabi napoletano, e infine il babà fra sacro e profano rappresentano idee valide per tutti, in cui la vena divulgatrice di Di Pinto trova la sua migliore espressione.

La Margherita in un raviolo dello chef Roberto Di Pinto A cena con il Vesuvio, i vini vulcanici arrivano a Milano

La Margherita in un raviolo dello chef Roberto Di Pinto

E se poi alle idee azzeccate si accoppiano anche i vini giusti, non troppo corposi ma accattivanti, con una storia millenaria di lava, fosforo e miti greci da raccontare, si potrà ottenere un’atmosfera festosa: sembrerà che la tavola sia stata imbandita non in un posto qualunque ma all’ombra del Vesuvio, un patrimonio di fragranze e sapori unico al mondo.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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