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Cecchetto: l'anima sostenibile del Raboso del Piave

L'etimologia della parola fa risalire all'anima originaria del vino: spigoloso. Anche la resistenza ai lunghi viaggi da Venezia verso l'Oriente danno il loro contributo. Oggi però, emerge maggiore eleganza

di Emanuela T. Cavalca
 
19 dicembre 2022 | 10:08

Cecchetto: l'anima sostenibile del Raboso del Piave

L'etimologia della parola fa risalire all'anima originaria del vino: spigoloso. Anche la resistenza ai lunghi viaggi da Venezia verso l'Oriente danno il loro contributo. Oggi però, emerge maggiore eleganza

di Emanuela T. Cavalca
19 dicembre 2022 | 10:08
 

Nelle terre alluvionali del fiume Piave, dopo anni di ricerca e sperimentazioni, Giorgio Cecchetto ha dato al Raboso del Piave la dignità che merita, esaltandone le peculiarità. L’impegno dell’azienda nella rivalutazione del Raboso e nella tutela dell’ambiente in cui ha scritto la sua storia. Il benessere ambientale e sociale ha permesso la stesura del primo bilancio di sostenibilità. Il Raboso è un vitigno noto da millenni: a Venezia lo portavano nei lunghi viaggi in mare verso l’Oriente, perché il suo carattere “rabbioso" lo rendeva resistente, poi la tecnica moderna lo ha rivalutato.

Raboso, sapore spigoloso, ma con eleganza Cecchetto: l'anima sostenibile del Raboso del Piave

Raboso, sapore spigoloso, ma con eleganza

Il Raboso ieri, tra etimologia e lunghi viaggi

Nell’etimologia di una parola è racchiusa l’essenza e la storia. Il nome del vino “Raboso” evoca la rabbia, la collera, “rabbioso” appunto: questo nome probabilmente è dovuto al sapore spigoloso del frutto, è chiamato anche “vino del Piave”. Il Raboso era ritenuto un vitigno "rustico", adatto per produrre vini di qualità inferiore. La coltivazione del vitigno autoctono Raboso ha un'estensione storica nei terreni alluvionali a ridosso del Piave e per tutta la pianura trevigiana fino a raggiungere zone come Motta di Livenza, Oderzo e San Donà del Piave.

Altri invece sostengono che l’origine del nome Raboso rimandi all'omonimo torrente che scorre in provincia di Treviso. Il Raboso è un vitigno autoctono veneto a bacca rossa che vanta una storia millenaria. Citato con il nome di Picina da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia, lo descrive più nero della pece, riferendosi proprio al territorio del Piave. Non solo è stato utilizzato da Marco Polo durante i suoi lunghi viaggi. A Venezia, al tempo della Serenissima, era chiamato il “vin moro”, noto anche come Friularo, un rosso potente coltivato nelle vigne della laguna e nei territori confinanti della terraferma.

I Vigneti di Cecchetto Cecchetto: l'anima sostenibile del Raboso del Piave

I Vigneti di Cecchetto

Nel Cinquecento era consumato in quantità, perché la sua acidità permetteva al vino di resistere ai lunghi viaggi in mare verso Oriente, senza alterare le proprie caratteristiche, tanto è vero che era chiamato “vin de viajo”. Proprio nella stessa epoca Ruzzante lo decantava in alcuni versi. Questo giudizio si è conservato fino a quando alcuni vignaioli hanno deciso di valorizzare il Raboso.

 

Il Raboso oggi, più elegante

La tecnica moderna di coltivazione e vinificazione lo hanno rivalutato: oggi il Raboso è alla base di 2 Doc (Doc Piave e Doc Venezia) e una Docg (Docg Malanotte). Proprio nelle terre del Piave dove si coltiva il Raboso, è iniziata la storia dei Cecchetto, una famiglia contadina dalle tradizioni vitivinicole. Tutto è cominciato nel 1985, quando Sante Cecchetto da mezzadro, riesce a rilevare il podere che da tempo curava con passione. Nel frattempo, il figlio Giorgio ottiene il diploma di enologo nel 1982 e dopo un’esperienza in un’azienda del territorio, nel 1986 prende in mano le redini dell’azienda agricola. Giorgio Cecchetto vuole puntare alla qualità, potenziare l’attività di famiglia con la realizzazione di una nuova cantina, far conoscere al di fuori del territorio del Piave il valore e il pregio di un vitigno e di un vino con un retaggio difficile, quasi “rabbioso”.

Sostenibilità al centro della produzione Cecchetto: l'anima sostenibile del Raboso del Piave

Sostenibilità al centro della produzione

Negli anni si susseguono innumerevoli prove e sperimentazioni, interpretazioni, strategie e affinamenti di vinificazione, per smussare le spigolosità del vitigno trevigiano e portarlo verso uno stile più elegante e moderno. Un impegno confermato dall’adesione nel 1986 come socio-fondatore alla Confraternita del Raboso del Piave. Una sfida vinta da Giorgio che oggi, insieme alla moglie Cristina e ai figli Marco, Sara e Alberto, gestisce una realtà di centodieci ettari sviluppata in tre località della Marca Trevigiana: Motta di Livenza, Cornuda e Tezze di Piave, in cui si trova la sede principale dell’azienda. Proprio a Tezze di Piave viene coltivato il Raboso del Piave, Carmènere, Cabernet Sauvignon, Merlot e Pinot Grigio.

A Lorenzaga (Tv) nel comune di Motta di Livenza il terreno ha una conformazione geologica ideale per i rossi, quali il Cabernet Sauvignon ed il Merlot, ma anche per i bianchi, come il Manzoni Bianco ed infine nei Colli Asolani, l’azienda si dedica all’Asolo Prosecco Superiore Docg con vigneti di Glera. Per dare maggiore longevità al vigneto, questo è il periodo di potare i rami del Raboso, secondo il metodo Simoni & Sirch, che ha bisogno di mani esperte. Il Raboso del Piave è la punta di diamante dell’azienda, occorre ricordare che la sua vite è la prima a germogliare, ma i suoi frutti sono gli ultimi ad essere vendemmiati, tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre. È un vino forte, di spessore, dalla spiccata personalità, che consigliamo di acquistarlo per bere con gli amici. Richiede tempi lunghi per svelare il meglio di sé, viene affinato per almeno 12 mesi in barriques di rovere per smussare la sua esuberanza, un colore rosso intenso, un bouquet pieno, gradevole, che ricorda la frutta matura. Ideale da gustare con la carne e con i formaggi invecchiati.

Bacca rossa per le uve di Raboso Cecchetto: l'anima sostenibile del Raboso del Piave

Bacca rossa per le uve di Raboso

La sostenibilità e la tutela del territorio

La governance della società agricola Cecchetto è in mano ai membri della famiglia, dove ciascuno svolge un ruolo preciso. È un aspetto apprezzabile che Giorgio insieme alla moglie Cristina abbia coinvolto tutta la famiglia nell’azienda, convinto che la terra sia un bene prezioso da tutelare. Sara Cecchetto, responsabile sostenibilità dell’azienda, ha conseguito il “Premio speciale giovane imprenditore”, promosso dalla camera di Commercio Venezia-Rovigo con il progetto “Diventare Climate Positive entro il 2026”. Per contrastare l’inquinamento ambientale e preservare la biodiversità cura dei boschi e colonie di api: gestisce due boschi di proprietà per un totale di 6 ettari. Dopo averlo ripulito sono state organizzate attività didattiche per proteggere l’eco-sistema, non solo sono state posizionate alcune arnie, a sentinella del bosco. Cecchetto nel 2017 ha ottenuto due importanti certificazioni di sostenibilità: Sqnpi (Sistema di Qualità Nazionale Produzione Integrata) e Viva.

Con la certificazione del ministero della Transizione Ecologica, invece, ogni due anni l’azienda valuta le proprie prestazioni di sostenibilità e sviluppa piani di miglioramento, prendendo in considerazione quattro indicatori essenziali: aria, acqua, territorio e vigneto. Con “aria” si indica la cosiddetta carbon footprint, ossia le emissioni totali di gas serra, associate alla produzione di una bottiglia da 0,75L. Il secondo indicatore considera il consumo di acqua dolce utilizzata per l’irrigazione dei vigneti e per le attività della cantina. Il terzo esamina l’impatto dell’azienda sia in termini paesaggistici, che socio-economici. Infine, l’indicatore “vigneto” valuta le pratiche di gestione agronomica.

Cantina più moderna per una produzione all'avanguardia Cecchetto: l'anima sostenibile del Raboso del Piave

Cantina più moderna per una produzione all'avanguardia

La sostenibilità per Cecchetto si concretizza anche con azioni e progetti inerenti al riuso e al riciclo. Dall’impiego di packaging certificato, all’adesione a progetti di green economy, come RafCycle e Progetto Etico di Amorim Cork Italia, l’azienda è impegnata nella ricerca di nuovi materiali e soluzioni di confezionamento, con l’intento di ridurre gli scarti prodotti dalla propria attività produttiva. Per facilitare i consumatori al corretto smaltimento dei rifiuti, ha apposto sulle proprie bottiglie l’etichetta ambientale digitale (Ead), sviluppata in collaborazione con Junker, l’app per la raccolta differenziata più diffusa ed evoluta in Italia. Infine, l’attenzione dell’azienda tocca anche tematiche di spessore sociale: Giorgio e Cristina sono vicini all’associazione Italiana Persone Down - sezione Marca Trevigiana. Dal 2005, ogni anno, i ragazzi dell’Aipdsi trasformano in vignaioli ed enologi, producendo circa 1500 bottiglie di Raboso del Piave, che con orgoglio presentano in primavera presso lo stand della Regione Veneto al Vinitaly di Verona. L’iniziativa è realizzata nell’ambito del Progetto Autonomia Sociale, che vede i ragazzi coinvolti in tutte le fasi della produzione del vino: dalla vendemmia alla pigiatura, dalla lavorazione all’imbottigliamento, fino alla realizzazione delle etichette, rigorosamente disegnate a mano.

 

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