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Il Wine cost o wine price Nuove frontiere nel mondo del vino

Un mutamento paradigmatico nella proposta dei vini. Un nuovo modo di calcolare il prezzo in carta ed il nuovo orizzonte del take away. Questi sono alcuni degli aspetti che caratterizzano il Wine Cost. Del food cost si è detto. E del wine cost o, per meglio dire, del wine price? Cosa c'è all'orizzonte?.

di Vincenzo D’Antonio
05 agosto 2018 | 09:31
Il Wine cost o wine price 
Nuove frontiere nel mondo del vino
Il Wine cost o wine price 
Nuove frontiere nel mondo del vino

Il Wine cost o wine price Nuove frontiere nel mondo del vino

Un mutamento paradigmatico nella proposta dei vini. Un nuovo modo di calcolare il prezzo in carta ed il nuovo orizzonte del take away. Questi sono alcuni degli aspetti che caratterizzano il Wine Cost. Del food cost si è detto. E del wine cost o, per meglio dire, del wine price? Cosa c'è all'orizzonte?.

di Vincenzo D’Antonio
05 agosto 2018 | 09:31
 

Un mutamento paradigmatico nella proposta dei vini. Un nuovo modo di calcolare il prezzo in carta ed il nuovo orizzonte del take away. Questi sono alcuni degli aspetti che caratterizzano il Wine Cost. Del food cost si è detto. E del wine cost o, per meglio dire, del wine price? Cosa c'è all'orizzonte?.

Perché non se ne parla o se ne parla poco? Forse perché il comune sentire eleva il food cost a prodotto di computazione complessa, quale in effetti è tra ingredienti, pesi, capacità, e svilisce il wine cost all’applicazione semplificata di un algoritmo banale. Talmente banale che alla fin fine questo sedicente algoritmo si risolve in quella fondamentale operazione aritmetica chiamata moltiplicazione.

(Il Wine cost o wine price Nuove frontiere nel mondo del vino)

Ho un costo (moltiplicando) evidenziato in rigo di fattura di acquisto. Individuo il fattore moltiplicatore e mi perviene quel prodotto (inteso come risultato della moltiplicazione) che faccio diventare prezzo in carta. Ed ecco il distinguo sostanziale rispetto al food cost. Se è corretto parlare di food cost, non è altrettanto corretto parlare di wine cost. Difatti, lo abbiamo appena affermato, il wine cost è apodittico con il suo rigo di fattura. E allora d’ora innanzi diciamo wine price: il prezzo della bottiglia di vino (o di calice) espresso in carta.

Approntare come esito finale la carta dei vini da presentare al tavolo, comporta complesso lavoro a monte: contattare i fornitori (meglio se costoro coincidono con i produttori, ovviamente), procedere all’acquisto e poi, in tutte le fasi successive, procedere agli approvvigionamenti. Predisporre adeguatamente il locale cantina. Acquisire i congrui calici ed altri strumenti che sovente, a torto, vengono adoperati ai soli fini coreografici. E prima, sì prima, si tratta di formare il personale.

Non frettolosamente e non una tantum durante i primi giorni di servizio in sala, sorta di training on the field, bensì professionalmente con dedicate sessioni d’aula e periodicamente anche medianti incontri con i produttori e visite alle loro cantine.

Quindi, diamo atto che ci vuole un ben fatto lavoro a monte ed un accorto lavoro quotidiano, reso facilitato dal sapiente utilizzo del dashboard, onde poter erogare quel servizio che ha il suo esito nel luminoso vino presente nei calici a tavola.
Servizio che ha tante sfumature.

Volendo dare per acclarato, vivaddio, che non esiste più il vino “della casa” portato al tavolo in caraffa, passiamo al sommelier che sa davvero consigliare il vino atto a divenire il migliore abbinamento con le pietanze prescelte ed arriviamo, caso adesso abbastanza frequente, ad un ben svolto servizio al calice, la cui fruizione il cliente comincia ad apprezzare, a volere e ad aspettarsi.

E torniamo allora al wine price. Frutto di una moltiplicazione, si è detto. Atteso che il moltiplicando è il wine cost, sulla base di quale criterio il ristoratore individua il moltiplicatore? Diciamo che di certo non può essere 1 e né tantomeno <1; significherebbe vendere sottocosto e quindi erogare servizio in perdita.

Quindi è per definizione >1. Ma nel senso che è un numero decimale >1 e <2 ? No ? È uguale o addirittura >2? Insomma il costo lo si raddoppia affinché divenga prezzo? Hai visto mai, può accadere e di fatto accade, che il moltiplicatore è addirittura uguale o >3 (soprattutto per vini di bassa fascia di costo).

Insomma il wine price è una giungla. Una giungla che ha l’unica legge dell’ineluttabilità dell’esistenza del moltiplicatore.
Quanti ristoratori sono soddisfatti dei risultati, sia tangibili che intangibili, che scaturiscono dalla carta dei vini? Credono di aver individuato la shortcut per incrementare cash flow e profitto?

Quali vini vendono? In prevalenza, lo si presume agevolmente e lo si constata nella prassi, quelli di fascia bassa di prezzo.

Quanto può incidere sulla soddisfazione del cliente e quindi sulla sua propensione al ritorno ed al parlare bene del locale nella community always on, il fatto che il prezzo della bottiglia sia percepito come elevato/eccessivo?

Quanto incide l’approssimazione dell’abbinamento a fronte di una sontuosa pietanza alla quale, per doverosa attenzione al portafoglio, più o meno scientemente non è stata accostata la giusta bottiglia?

Quante volte, pur sentendone il desiderio, non si ordina un’ulteriore bottiglia? Quanto incide la scarsa propensione, sempre a causa del prezzo, ad accompagnare uno squisito dessert con un eccellente passito?

Quante volte, magari non ci si fa caso (soprattutto in maldestra assenza di dashboard) il cash flow diventa negativo nel senso che giunge il momento del pagamento di fattura a fornitore ancor prima che le bottiglie, o almeno l’80% di esse, siano state vendute? E come si potrebbe ovviare a tutto ciò? Esiste una soluzione?

(Il Wine cost o wine price Nuove frontiere nel mondo del vino)

Non siamo certi di avere la soluzione, ma siamo ragionevolmente certi di avere una proposta che può diventare percorribile se e solo se impostiamo la nostra mindset nel chiederci il perché no delle cose, esplorando quindi nuovi territori, piuttosto che impigrirci con l’aduso perché.

Si tratta allora di contravvenire alla scellerata legge della giungla, quella che contempla come ineluttabile la presenza del moltiplicatore. Si tratta di approcciarsi diversamente alla computazione del wine price.

Esso diviene esito di calcolo che contempla la presenza della fondamentale operazione denominata addizione!
Sì, proprio così. Al “per” della moltiplicazione per il beneficio di tutti, si sostituisca il “più”. Sì, il “+” dell’addizione! Wine cost + k = wine price.

Ma potremmo aver cambiato ben poco se poi l’indeterminatezza e/o una miope avidità di shortcut facesse propendere per assegnare un valore grande a k.

Premesso che non ci deve e non ci vuole competere individuare qui il valore che k dovrebbe assumere, ed aggiungendo che probabilmente potrebbe anche assumere tra valori diversi (ma comunque tra loro vicini) a seconda di un costo basso - medio - alto, vorremmo qui porre un limite “ad quem” (quello a quo presumibilmente mai <5 €) che sia la cosiddetta “one digit”. Insomma, a dirla esplicitamente, mai >9 €.

Follia? Scherno, derisione per la proposta? Mediamente il wine price si abbasserebbe, soprattutto per i vini di fascia media ed alta, di circa il 40% pur lasciando il legittimo margine al ristoratore.

E quanto in più se ne venderebbe? E quanto gioverebbe, in termini sia tangibili che intangibili, una procedura del genere al ristoratore? Si diceva che se ne gioverebbero “tutti”. Il ristoratore già nel breve termine constaterebbe una maggior frequenza di scontrino “non basso”, inoltre potrebbe onorare in condizione di cash flow positivo i pagamenti ai fornitori; potrebbe individuare ulteriori metodi di rotazione ed ampliare l’offering.

Il cliente otterrebbe un innalzamento del gradimento dell’esperienza vissuta con quanto ciò comporta in termini di loyalty e di referenza attiva positiva nella community always on.

I fornitori, alla constatazione di puntualità nei pagamenti e di maggior frequenza di riordino valuterebbero l’applicazione di condizioni migliorative nei confronti del ristoratore.

E, last but not least, in discorso di fulgida trasparenza il ristoratore specificherebbe in comunicazione sui social media ed in carta il criterio di computo del prezzo e potrebbe dire che a questo prezzo, decurtando 2 € (o importo vicino) il vino il cliente lo prende e lo porta a casa. Sì, il take away del vino. Immaginiamo quante vendite suppletive si otterrebbero. Sempre, riflettiamoci, a beneficio di “tutti”.

Il dream di una nuova stagione dell’offerta di vino al ristorante. Il dream della commutazione paradigmatica dal “per” al “più”.

È la semplicità che una tantum potrebbe anche non essere difficile a farsi! Ci vuole coraggio, ci vuole il discernimento per valutare razionalmente quanti vantaggi e benefici ciò comporta, ci vuole quella neofilia che sovente, in sua cronica latitanza, affardella l’attività del ristoratore.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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