«Porto all'estero la tecnologia e mi porto a casa la storia». Sintetizza così Stefano Casadei il suo rapporto con il Caucaso e la Georgia dove è rimasto affascinato dalla vinificazione in anfora. Casadei è anche titolare di una società di consulenza che gestisce vigneti in tutto il mondo, sono capaci anche di creare un'azienda vinicola da zero, "chiavi in mano" come sta facendo in Montenegro per un magnate russo appassionato di vino che vuole produrre Vranac. Ma torniamo alle anfore.

«Avevo un incarico di consulenza nel Caucaso in Azerbaijan - racconta Casadei in attesa di iniziare la degustazione - ci passavo dieci giorni ogni due mesi e mi spostavo per capire le tradizioni locali, scoprii così la zona di Kakheti, dove si vinifica in anfora da sempre. Era il 2009, torno in Italia e scopro che in Toscana, a due passi dalla nostra tenuta Castello del Trebbio, a Impruneta qualcuno faceva prove in anfora. Comincio a provarci anch'io, forte delle storie dei contadini georgiani, nel 2011 compro le anfore dal Caucaso, da 300-400 ettolitri, ma anche in Toscana e i risultati cominciano ad arrivare. Volevo portare nei miei vini il carattere che avevo trovato là. Mi ha convinto il fatto di uscire dalla massificazione dei vini. La mia idea non era "fare anfora" per ripetere qualcosa già fatto in Italia, bensì dare peculiarità.

E degustando il Semidano in purezza "Migiu" si capisce che Casadei ha "visto lungo". Il Semidano è una varietà quasi dispersa in Sardegna, se ne trova davvero poco, l'anno prossimo saranno due gli ettari coltivati. Le uve del Migiu, antico nome sardo del vitigno, vengono diraspate e l'acino che resta intero va nelle anfore di terracotta per macerare. Nel frattempo escono i piatti scelti in abbinamento alla degustazione, siamo al "Finger" di Milano e la raffinata cucina giapponese esalta in modo non invadente il carattere dei vini. Da segnalare una nota gastronomica: qui la salsa di wasabi è fatta con le foglie macerate, non con la radice ed è davvero ottima. Le vigne che i Casadei hanno in Sardegna sono a una cinquantina di chilometri da Cagliari, nel Sarcidano, comune di Gergiei, un'azienda nuova, venticinque ettari vitati a Vermentino, Cannonau, Semidano.

Tutte le aziende Casadei sono guidate dalla filosofia biointegrale, ma ognuna con una differente visione. «A Castello del Trebbio - spiega Casadei - lavoriamo per la tradizione, si fa vino dal millecento, quindi la priorità è la tradizione, a Suvereto, lungo la costa della Toscana sono i vitigni internazionali a guidare con Cabernet Franc, Syrah, in Sardegna l'attenzione è tutta per i vigneti autoctoni, un vero patrimonio viticolo».

E inizia la degustazione verticale di Cannonau 2016, 2015 e 2014, sempre del 2016 anche un cru che dopo l'ancora affina 28 mesi in botte. Il 2015 vinificato esclusivamente in anfora è, a gusto di chi scrive, il più elegante al palato e il più raffinato al naso. Ma i Casadei sono una famiglia, dove ciascun componente esprime la passione per la terra e per il vino con differenti responsabilità. Il figlio Lorenzo, studi finiti da poco, si occupa del ristorante a Castello del Trebbio, la moglie di Stefano, Anna si occupa della attività agrituristica di tutte le aziende e delle attività legate all'enoturismo, solo a Castello del Trebbio hanno 17mila presenze all'anno. La figlia più giovane Laura collabora con la maggiore Elena Casadei.

E veniamo a Elena, ventiquattro anni, ma da due è lei la responsabile della produzione in anfora, intorno al 10% delle 700mila bottiglie totali. Fa piacere, sentire una giovane donna del vino, raccontare con passione e affetto per la sua famiglia, la propria avventura. «Dopo il liceo, mi presi un anno sabbatico, il motivo era studiare inglese, ma in realtà volevo star lontana, perché l'unica cosa che non volevo fare era proprio il vino - dice Elena senza infingimenti -. Ma al termine dell'anno, di ritorno fida Hong-Kong e Londra, non potevo certo chiedere un altro anno sabbatico ai miei genitori, mi avrebbero detto no. Quindi provo a mettermi in cantina, dove ho passato due anni senza capire nulla, è stato difficile inserirsi. Ero un "canino" (cagnolino in dialetto toscano) che seguiva ciò che gli veniva detto. Mio babbo mi diceva di sentire gli odori e a poco a poco mi avvicinavo all'idea del vino. Quella in anfora era una vinificazione più facile e mi sono detta che forse sarei potuta riuscirci anche io, seppur con la paura di sbagliare. Ma vado avanti a seguire fino a che vedo che le uve vinificate in anfora, venivano "tagliate" con le altre. La cosa mi offendeva un po' perché le anfore erano "le mie uve”. Avevo ventidue anni e dissi a mio padre che mi ci sarei messa io. Dalla produzione, al marketing, al mercato, io seguo te ma tu segui me. Non avrei mai pensato di essere qui stasera dopo soli due anni a parlarne con voi, e mi trema un po' la voce». Interviene Stefano che chiosa: «Ringrazio mia figlia di aver insistito per una linea di vini cento per cento in anfora, oggi ne siamo sempre più convinti e orgogliosi».
Per informazioni: www.tenutacasadei.it