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Zibibbo e non solo: la storia e la tradizione vinicola di Pantelleria

La storia millenaria di Pantelleria ha plasmato la sua vocazione vinicola, con lo Zibibbo come simbolo anche grazie all'opera di Battista Belvisi. Le tecniche arabe e la coltura dell'alberello rendono unico questo terroir

di Enzo Raneri
 
10 ottobre 2024 | 14:36

Zibibbo e non solo: la storia e la tradizione vinicola di Pantelleria

La storia millenaria di Pantelleria ha plasmato la sua vocazione vinicola, con lo Zibibbo come simbolo anche grazie all'opera di Battista Belvisi. Le tecniche arabe e la coltura dell'alberello rendono unico questo terroir

di Enzo Raneri
10 ottobre 2024 | 14:36
 

La storia di Pantelleria risale al primo Neolitico, ma fin dai tempi antichi l’attività vinicola è stata parte integrante dell’isola. E lo Zibibbo rappresenta certamente il fiore all'occhiello di questa produzione, con le sue evoluzioni e le sue declinazioni.

Zibibbo e non solo: la storia e la tradizione vinicola di Pantelleria

Lo Zibibbo rappresenta il fiore all'occhiello della produzione di Pantelleria

Pantelleria, la storia

Arrivati nel II millennio a.C, i Sesioti, attratti dall’ossidiana, l’oro nero del tempo utile per la costruzione di utensili e schegge, vi si insediarono, furono sostituiti dal Punici, che introdussero la coltura della vite ad alberello e la costruzione di serbatoi sotterranei per l’accumulo delle acque piovane (noti col nome di “dammusi”) utilizzati a tutt’oggi. I Punici chiamavano l’isola Yrnm  ovvero “isola degli uccelli starnazzanti”. Dopo arrivarono i Romani, che ribattezzarono l’isola col nome di Cossura, poi i Vandali e poi i Bizantini, che chiamavano l’isola Patalareas, cioè "padella-piatto". Quindi arrivarono nel 700 gli Arabi del nord Africa, prevalentemente berberi (i quali sono sicuramente coloro che a Pantelleria hanno lasciato i segni più tangibili del loro passaggio, durato quattro secoli) e nel 1123 i Normanni, gli Svevi, gli Angioini, gli Aragonesi (quest’ultimi determinano un nuovo flusso di immigrazioni testimoniato dai nomi di molte famiglie locali, chiaramente di origine spagnola: Ferrandes, Errera, Belvisi, etc.). Poi nel 1713 l’isola passa sotto il ducato dei Savoia, nel 1720 dell’Austria, nel 1734 dei Borboni e nel 1861 Pantelleria diviene Regno d’Italia.

Zibibbo e non solo: la storia e la tradizione vinicola di Pantelleria

La storia di Pantelleria risale al primo Neolitico

In genere pensando a Pantelleria, viene subito in mente il mare. Ma la definirei piuttosto l’Isola del Silenzio. Gli arabi la chiamarono Bent El Rion, ovvero figlia del vento. Lo splendido isolamento di sentinella, posta fra Europa e Africa, ha determinato, nel corso degli ultimi tremila ha anni, il mantenimento di abitudini e usanze, che, pur subendo le influenze del mondo oltre mare, hanno resistito, lasciando spazio per una crescita e dando il tempo di godere del piacere di esserci: passeggiando, mentre l’aria del mare ti porta una leggendaria fragranza, il vento costante modella le forme della campagna e il silenzio ti sceglie nel profondo spazio stellato della sera.

Pantelleria, la vocazione vinicola

Rimane un aleggiare della presenza degli arabi, marcata dalla presenza degli innumerevoli “dammusi” (la loro principale invenzione per quest’isola, utile per l’accumulo dell’acqua piovana) e rimarcata dalla toponomastica di tutta l’isola con nomi totalmente arabi. Rimane l’operosità della gente di Pantelleria che difende eroicamente tale modo di vivere ne è diventato valoroso emblema. Di questa fa parte Battista Belvisi (55 anni), che fin dalla gioventù si è dedicato allo studio delle potenzialità del territorio di Pantelleria, conseguendo la laurea in agraria e dedicandosi al supporto tecnico dell’agricoltura pantesca, affinando le sue conoscenze nel settore enologico dello moscato di Alessandria ovvero zibibbo (dall’arabo zabib che significa uvetta), il vitigno di riferimento dell’agricoltura pantesca.

E fu così che, soprattutto sulla base delle antichissime tradizioni di produzione del vino secco da uve di zibibbo, con le nuove tecnologie di controllo della temperatura del mosto di uva, negli anni novanta furono messe a punto per l’imbottigliamento commerciale le prime partite di vino secco da zibibbo (con residuo zuccherino del 10%) e non tradizionalmente dolce (attraverso l’appassimento dell’uva con un residuo zuccherino del 60%). E fu in quegli anni che arrivò a Pantelleria Gabrio Bini, uno dei tanti milanesi in vacanza sull’isola e rimasto “fulminato” dalle magie del luogo. Bini acquistò un “dammuso” con un appezzamento di terreno e diede incarico all’enologo Belvisi di curarne la produzione con ampia libertà di manovra nelle decisioni. Nacque e si sviluppò il vino di Serragghia, che Gabrio Bini, con le sue indiscutibili qualità commerciali, riuscì ad imporre (e non a torto) come una delle più particolari novità del panorama vinicolo mondiale: appunto lo “zibibbo secco”, non dolciastro, ma acido, con un consistente volume aromatico originale.

Pantelleria, le vigne ad alberello

Uno dei criteri cardine è quello del mantenimento delle vigne ad alberello (anche di oltre 60 anni), allevate nelle caratteristiche conche profonde sino a 50-60 cm e capaci di fungere nella fase di vegetazione della pianta da schermo di protezione dalle pesanti folate di vento spesso impetuoso sull’isola ed a raccogliere le acque piovane e l’umidità della notte nelle piccole conche di roccia, in modo da compensare la cronica scarsità di acqua. Va ricordato che la tecnica dell’Alberello pantesco dal 26-11-2014 è stata riconosciuta dall’Unesco patrimonio immateriale dell’umanità. Le rese non superano mai i 30 quintali per ettaro.

Zibibbo e non solo: la storia e la tradizione vinicola di Pantelleria

Pantelleria ha una lunga tradizione vinicola
 

Un altro criterio cardine consiste nella tipologia di lavorazione, sia del terreno, che del frutto, che nel prodotto ottenuto, totalmente scevra da contaminazioni non derivanti dalla natura e dalla tradizione, cioè senza prodotti chimici o diserbi aggressivi, seguendo uno stile produttivo semplice, biologico e a zero impatto ambientale. Quindi solo lavorazioni manuali e meccaniche del terreno (secondo l’antico motto siciliano: cu zappa, zappa a so vigna, cu non zappa non vinnigna”), con l’ interramento delle erbacce risultanti Un frutto “difeso” da insetti parassiti, ostacolati e resi inermi dall’impetuoso vento marino che imperversa sull’isola. Prodotto manipolato solo ricorrendo a lieviti indigeni per l’innesco della fermentazione e ad ancestrali pratiche di macerazioni (più o meno spinte) del mosto a contatto con le bucce degli acini spremuti, nonché’ il mantenimento di una temperatura sufficiente a proteggere dalle riprese di fermentazione, senza alcun uso di anidride solforosa (al naturale) e spesso senza nemmeno filtrazione. Se volete fare un confronto, potete assaggiare i magnifici Moscatel de Setùbal, prodotti in Portogallo con lo stesso vitigno, il Moscato di Alessandria e noterete grandi similitudini e abissali differenze. Anche in questo caso è questione di terroir.

Pantelleria, Battista Belvisi l’uomo che ha reinventato lo Zibibbo

Battista Belvisi è l'uomo che ha reinventato lo Zibibbo. E pare che ancora non abbia finito di stupire  Lo zibibbo secco è un vino teso e profumatissimo, non troppo strutturato ma in grado di esaltare la tipica cucina di mare siciliana. Da provare, anche se fosse per un aperitivo con due olive, un piatto di sardine e pecorino siciliano Ma anche gli esercizi di abbinamento prendono forma in numerose degustazioni organizzate in cantina da Belvisi: le ultime hanno indagato gli abbinamenti con la cucina turca, un vero e proprio incrocio di elementi e profumi Mediorientali con i sapori del Mediterraneo, con un uso di spezie, verdure, carni e tanta frutta secca saporito, ma equilibrato,

Pantelleria, un menu per esaltare i vini

Recentemente sono stati sperimentati gli abbinamenti con il seguente menu, accompagnato dal Bazlama, una sorta di pane turco. Alla Kuhrutulmus domate a mezesi salatasi, un’insalata di pomodori secchi che ha una preparazione con acidità equilibrata dalla frutta secca, è stato abbinato un calice di Fantastico. Si tratta di un 100% Nerello Mascalese che matura trenta giorni sulle bucce, con fermentazione spontanea, senza nessuna filtrazione o chiarifica o solfitazione e affinamento 6 mesi in acciaio e almeno 4 mesi in bottiglia. Un vino rosato di colore chiaro, ma denso, con un bouquet intenso di frutti rossi e iodio marino e un sapore molto dinamicamente sapido. È consigliabile  con formaggi mediamente stagionati, sottoli, carni bianche a lunga a cottura, fritture di pesce.

Zibibbo e non solo: la storia e la tradizione vinicola di Pantelleria

Un vigneto di Battista Belvisi
 

Mentre agli Ispanakli ve beyaz börek (borek di spinaci e feta in pasta fillo, una versione monoporzione molto ben equilibrata fra gli spinaci e la feta, grazie all’uso dell’uovo e dai suoi condimenti, che ne hanno esaltato il contributo) è stato abbinato un calice di Defiu, uno Zibibbo 100% che vede una macerazione novanta giorni sulle bucce, una fermentazione spontanea, senza nessuna filtrazione o chiarifica o solfitazione e un affinamento tre mesi in acciaio. Si tratta di un vino molto ben strutturato dal colore molto ambrato, con un bouquet molto aromatico e un sapore molto fragrante, quasi mieloso e consigliabile come aperitivo. Quindi sono state servite delle Mucver (frittelle di zucchine e feta che presentavano una frittura dal sapore delicato, grazie all’uso della feta, seppure ben insaporito dall’uso dell’aneto e delle altre erbette e a cui è stato abbinato un calice di Isola del Vento. Si tratta di un 100% Zibibbo con macerazione di sessanta giorni sulle bucce. fermentazione spontanea, nessuna filtrazione o chiarifica o solfitazione e affinamento sei mesi in botte di castagno e anfora. È un altro orange ma con bouquet salmastro di frutta fresca e secca e un sapore lievemente tannico e più persistente: è consigliabile  con formaggi stagionati o crostacei.

Gli Zeytinyagli biber dolmasi (peperoni ripieni di riso all’olio di oliva) sono un succulento piatto molto presente sulle tavole del mediterraneo, ma molto più speziato (con  cannella, cumino in polvere, noce moscata coriandolo, chiodi di garofano. pepe nero) e insaporito con salsa di pomodoro, prezzemolo e menta: è stato abbinato un calice di Joe Pesk, ma andrebbe bene anche uno di Zi Bimbo. Joe Pesk è un 100% Zibibbo da piante vecchie di 90 anni, con macerazione di sessanta giorni sulle bucce e fermentazione spontanea, senza nessuna filtrazione o chiarifica o solfitazione, cui segue un affinamento sei mesi in botte di castagno e anfora. Un orange chiaro con un bouquet marino e un sapore molto fresco e abbastanza salmastro consigliabile  con piatti vegetali e pesci a carne bianca poco elaborati. Lo Zi Bimbo, invece, uno 100% Zibibbo con macerazione di dieci giorni sulle bucce, fermentazione spontanea, nessuna filtrazione o chiarifica o solfitazione, affinamento tre mesi in acciaio. Un vino bianco dal colore ambrato molto chiaro con un bouquet fruttato e dal sapore salino Consigliabile con salumi freschi, carni chiare, frutta. Quindi è stata la volta dei Menemen (uova pomodori e peperoni): si tratta di uova strapazzate ma con tre ortaggio(pomodoro, peperoni e cipolle), nel quale l’”esplosione” acida degli ortaggi è equilibrata dalla grossa presenza di uova presentato in abbinamento ad un calice di Papotta, un 100% Zibibbo con macerazione trenta giorni sulle bucce, fermentazione spontanea, nessuna filtrazione o chiarifica o solfitazione e affinamento tre mesi in acciaio. Un vino bianco dal colore ambrato chiaro con un bouquet nettamente floreale e dal sapore acido. È consigliabile con formaggi morbidi, carni bianche, crostacei.

Zibibbo e non solo: la storia e la tradizione vinicola di Pantelleria

Orange potrebbe essere considerato l’emblema della cantina

La Patlican musakkasi (torta di melanzane e agnello) è una delle pietanze più caratterizzanti del mediterraneo, con l’uso di melanzane ed agnello tritato, ma. Nella versione turca, senza l’uso della base di patate, ma con buina dose di cumino. A questo piatto è stato abbinato un calice di Orange, ma andrebbe bene anche uno di Rosso dei Sesi. Il primo è un 100% Zibibbo, risultato di macerazione di trenta giorni sulle bucce, fermentazione spontanea, senza nessuna filtrazione o chiarifica o solfitazione e affinamento sei mesi in botte di castagno e sei mesi in anfora.  Un formidabile orange dal colore arancio torbato, che potrebbe essere considerato l’emblema della cantina e della Sicilia intera, con un bouquet dolce di frutto a polpa e agrumi e con un fresco sapore minerale, una delicata sapidità e un tannino soffice, ma persistente. Consigliabile  con pesci grassi, carni bianche da cortile, agnello e capretto. Il Rosso dei Sesi è un 100% Perricone (o detto anche Pignatello) con macerazione di quindici giorni sulle bucce, fermentazione spontanea, nessuna filtrazione o chiarifica o solfitazione e affinamento sei mesi in acciaio.Un vino rosso dal colore rosso rubino intenso con un bouquet floreale e erbaceo, su un fondo di amarene, e con un sapore molto fresco, minerale e con un tannino ben definito. È consigliabile con formaggi stagionati, carni bianche con ortaggi.

Infine ecco i Saragi baklava (Bocconcini di baklava), un classico fra i dolci turchi, ma in una versione finger, meno appariscente e più pratica, con un ripieno di cinque tipi di frutta secca, insaporito da una miscela di miele e zibibbo, con la quale sono stati irrorati dopo la cottura. È stato abbinato un calice di Bat. 60% Nerello Mascalese e 40% Alicante, il Bat ha una macerazione di tre giorni sulle bucce, fermentazione spontanea, nessuna filtrazione o chiarifica o solfitazione e affinamento 9 mesi in acciaio e almeno 5 mesi in bottiglia. Un vino rosato di color salmone dai riflessi intensi e brillanti, con un bouquet fresco e fruttato, in cui spiccano note di fragola matura,  ribes rosso  e melograno e una leggera vena minerale e speziata, e un sapore succoso e fruttato con intesi sentori minerali e una acidità precisa. Consigliabile con salumi mediamente stagionati, pesce mediamente grasso.

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