L’estate è il momento perfetto per riscoprire la varietà e la freschezza del vino italiano. Dai brindisi con le bollicine ai bianchi aromatici, passando per i rosati più eleganti fino alle nuove proposte senza alcol, il panorama enologico si arricchisce di sfumature pensate per ogni occasione: dall’aperitivo al tramonto ai pasti leggeri, dai picnic gourmet alle cene in terrazza. Un viaggio tra territori, vitigni e stili diversi, che racconta l’Italia del vino con gusto, leggerezza e novità.
Cinque percorsi tra gusto e freschezza: scopri le proposte più trendy per la bella stagione.
Bollicine: freschezza ed eleganza per ogni momento
Con l’arrivo dell’estate cresce la voglia di leggerezza, freschezza e convivialità. Tra i protagonisti indiscussi di questo periodo ci sono senza dubbio le bollicine italiane, perfette dall’aperitivo fino a tutta la cena, grazie alla loro versatilità, alla moderata gradazione alcolica e alla capacità di accompagnare piatti delicati senza sovrastarli.

Bollicine: freschezza ed eleganza per ogni momento
Secondo i dati dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly, lo spumante rappresenta oltre il 28% delle vendite di vino nel canale Horeca durante l’estate, con picchi significativi nei mesi di giugno e luglio, specialmente nelle località balneari e turistiche. Il consumo cresce anche grazie alla sua presenza in cocktail e aperitivi come Spritz, Hugo o Bellini, ma è il calice singolo, servito ben freddo, a conquistare sempre più palati.
Franciacorta, Trentodoc, Oltrepò Pavese e Prosecco: identità a confronto
Nel mondo delle bollicine italiane troviamo tre grandi aree di riferimento: Franciacorta, Trentodoc e Prosecco, ciascuna con le proprie peculiarità legate al territorio, alla tradizione e al metodo di produzione.
Franciacorta
La Franciacorta, in Lombardia, si estende tra i colli morenici a sud del Lago d’Iseo. Qui il clima temperato e il terreno calcareo favoriscono uve eleganti, soprattutto Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Bianco.

La Franciacorta, in Lombardia, si estende tra i colli morenici a sud del Lago d’Iseo
Il metodo è rigorosamente classico, con rifermentazione in bottiglia e lunghi affinamenti sui lieviti, anche oltre i 30 mesi. Il risultato è un vino complesso, con note di agrumi, crosta di pane, mandorla, ideale con pesci grassi, crostacei, risotti estivi o secondi delicati.
Trentodoc
Il Trentodoc nasce invece in quota, sulle colline del Trentino, dove le escursioni termiche e le esposizioni altimetriche donano ai vini un’acidità vivace e una spiccata finezza aromatica. Qui si lavora sempre con il metodo classico, ma la componente “di montagna” è fortemente distintiva.

Il Trentodoc nasce in quota, sulle colline del Trentino
I vini sono minerali, secchi, floreali. Ottimi da servire tra gli 8 e i 10 °C, sono perfetti anche in degustazioni più tecniche, accompagnando piatti vegetariani, carpacci, formaggi freschi o tempure di verdure.
Oltrepò
L’Oltrepò Pavese, altra eccellenza lombarda, è storicamente una delle zone più vocate per la produzione di spumanti metodo classico, grazie anche alla presenza estesa di Pinot Nero, vitigno principe dell’area. Le colline dell’Oltrepò offrono un microclima ideale, con giornate calde e notti fresche.

L’Oltrepò Pavese è storicamente una delle zone più vocate per la produzione di metodo classico
La denominazione Oltrepò Pavese Metodo Classico Docg prevede affinamenti minimi di 15 mesi, che si estendono nei millesimati o nelle riserve. I vini si distinguono per eleganza, struttura e versatilità, con profumi di piccoli frutti rossi, agrumi e crosta di pane. Ottimi con salumi tipici, torte salate, pesce di lago e piatti a base di funghi.
Federico Sgorbini e l’arte di cucinare con il vino dell’Oltrepò
Accanto al lavoro di rilancio del Consorzio, l’Oltrepò Pavese vive una stagione di rinnovato fermento anche nella ristorazione, dove giovani chef e realtà consolidate interpretano i prodotti del territorio con creatività e rispetto. Tra questi, spicca Federico Sgorbini, chef del Ristorante Dama del Castello di San Gaudenzio, che valorizza i vini locali con abbinamenti studiati e piatti ispirati alla tradizione. La sua cucina racconta l’Oltrepò attraverso sapori autentici e tecniche raffinate, in un dialogo costante tra calice e cucina.

Federico Sgorbini
«Senza dubbio, oggi l’Oltrepò Pavese sta vivendo un momento di grande crescita per quanto riguarda i vini di qualità, con nuovi focus e una forte spinta identitaria. Penso, in particolare, al Classese, che sta iniziando un percorso davvero interessante. Collaboro con il Castello di San Gaudenzio, dove guido il ristorante Dama, e curiamo una carta dei vini con oltre 300 etichette, di cui circa il 25% è dedicato al territorio. C'è un lavoro di ricerca importante sui piccoli vigneron locali, senza però dimenticare le grandi aziende storiche che hanno fatto la tradizione dell’Oltrepò. In cucina, il vino è un punto di riferimento costante. Per esempio, preparo un paté di fegatini in foglia di vite, un piatto che è un omaggio diretto all’Oltrepò - una provincia che, come diceva Gianni Brera, ha la forma di un grappolo d’uva».

Alcuni piatti di Federico Sgorbini
«Nel piatto ricreo proprio un grappolo: gli "acini" sono a base di mirtillo selvatico, mentre i due paté sono rispettivamente di cappone e di grasso d’oca di Mortara. L’abbinamento perfetto è con un Buttafuoco, che, grazie alla sua corposità e alla giusta acidità, entra in simbiosi con la grassezza e l’opulenza del piatto. Con il metodo classico invece propongo un risotto ai quattro formaggi dell’Oltrepò Pavese, in cui utilizzo cinque prodotti nobili del territorio: un caprino, un formaggio a latte crudo, un formaggio ovino, un blend ovino-caprino e naturalmente il riso Carnaroli. Sfumo il risotto con un buon metodo classico e poi lo servo in abbinamento con lo stesso vino, creando una simbiosi straordinaria tra piatto e calice. Anche il Moscato offre molte possibilità creative. Lo uso, per esempio, per bagnare i babà con il Moscato di Volpara, oppure per profumare dessert come una sbrisolona alle mandorle o un gelato al passito, utilizzando i passiti di diverse aziende del territorio. In generale, uso spesso i vini anche nelle riduzioni. Oltre a essere executive chef del Castello di San Gaudenzio, collaboro anche come consulente con la cantina Prime Alture, che comprende anche un resort. Lì, per esempio, proponiamo gli agnolotti classici dell’osteria: ripieni con lo stufato dell’Oltrepò realizzato con carne di razza varzese, serviti con fonduta di Grana Padano 24 mesi e una riduzione del Pinot Nero Monsieur della cantina. Un piatto pensato e dedicato proprio al vino.
Prosecco
Tra le bollicine italiane, il Prosecco continua a essere protagonista, declinandosi in tre denominazioni che ne raccontano l’identità e l’evoluzione: Conegliano Valdobbiadene Docg, Prosecco Doc e Asolo Prosecco Docg. Tre territori distinti, tre espressioni del vitigno Glera, accomunati da una crescente attenzione alla qualità, alla sostenibilità e alla valorizzazione del patrimonio enologico e culturale.
Il Prosecco entra in cucina: la visione di Alessandro Breda
Un ruolo importante nella valorizzazione del Prosecco arriva anche dalla ristorazione di qualità, che sempre più spesso lo utilizza non solo in abbinamento ma anche come ingrediente in cucina. Lo conferma Alessandro Breda, chef del ristorante Gellivs di Oderzo (TV), che racconta

Alessandro Breda
«Al Gellivs proponiamo una cucina basata sulla stagionalità dei prodotti, che gioca su rotondità, grassezze e sentori dolciastri. Uno stile di cucina che riesce a trovare il legame con i vini del territorio, tra tutti si abbina pregevolmente con espressioni di Prosecco Extra Brut. Uno spumante profumato, aromatico ma secco che riesce ad accompagnare una proposta culinaria ricca di sapori.»

Un piatto di Alessandro Breda
Per Breda, l’abbinamento tra cibo e vino nasce da un principio ben preciso: il rispetto per il ritmo della natura «Nello scegliere gli abbinamenti teniamo sempre presente un fattore per noi davvero importante: la stagionalità dei prodotti. Per noi è fondamentale trovare il giusto connubio tra specialità e vini del territorio. Ad esempio una primizia come gli asparagi - che decliniamo in diverse versioni, dall’antipasto ai secondi - si sposa pregevolmente con un Prosecco secco ma profumato. In autunno invece ci piace abbinare le bollicine delle nostre colline con faraona o altre carni di cortile, impiegando il vino anche nelle preparazione dei piatti. Infatti il Prosecco si presta molto a un uso culinario perché esalta i risotti, il pesce, i sughi e i fondi che accompagnano portate a base di carne.»
Valdobbiadene
Il Prosecco Superiore Docg di Valdobbiadene e Conegliano è oggi sinonimo di qualità, e molte aziende stanno valorizzando i singoli cru e le versioni “sui lieviti”, più autentiche e territoriali.

Il Prosecco Superiore Docg di Valdobbiadene e Conegliano è oggi sinonimo di qualità
Il vitigno Glera si esprime con note di mela verde, pera, fiori bianchi, ed è spesso usato per versioni Brut o Extra Dry. Ottimo come aperitivo, ma anche in abbinamento a piatti freddi, insalate di mare, tartare di tonno, piadine gourmet e sushi.
Prosecco Doc
Il Prosecco Doc rappresenta la versione più accessibile e versatile di questa celebre bollicina veneta. Proveniente da un'area produttiva più ampia rispetto alle denominazioni superiori, è apprezzato per la sua freschezza, facilità di beva e profilo aromatico immediato.

Il Prosecco Doc rappresenta la versione più accessibile e versatile di questa celebre bollicina veneta
Le note tipiche del vitigno Glera - mela, pera, agrumi e fiori bianchi - si esprimono in uno stile conviviale, ideale per un pubblico ampio. Disponibile in versioni Brut, Extra Dry e Dry, è perfetto per aperitivi informali, brunch, finger food e piatti leggeri della cucina mediterranea.
Prosecco Asolo Docg
Il Prosecco Asolo Docg, o Asolo Prosecco Superiore, proviene dalle colline attorno all’elegante borgo di Asolo, in provincia di Treviso. Meno noto ma sempre più apprezzato dagli intenditori, si distingue per un carattere più strutturato e minerale, grazie ai terreni collinari e alla cura artigianale di molte cantine.

Il Prosecco Asolo Docg proviene dalle colline attorno all’elegante borgo di Asolo
Il Glera qui regala profumi più intensi e profondi, con sentori di frutta matura, erbe aromatiche e una bollicina fine e cremosa. Ottimo anche a tavola, accompagna con eleganza piatti a base di pesce, formaggi freschi e cucina fusion.
Nuove tendenze e metodo classico da vitigni autoctoni
Oltre ai grandi nomi, cresce l’interesse per le bollicine da vitigni autoctoni italiani, una tendenza che incrocia il desiderio di autenticità e sostenibilità. Sempre più produttori, da nord a sud, propongono Metodo Classico o Charmat lungo da uve come Verdicchio, Nerello Mascalese, Aglianico, Lambrusco, Carricante, con risultati sorprendenti.

Oltre ai grandi nomi, cresce l’interesse per le bollicine da vitigni autoctoni italiani
In Sicilia, ad esempio, sull’Etna, nascono spumanti da altitudini superiori ai 600 metri, capaci di offrire eleganza e verticalità. In Campania, si lavora su Fiano e Greco, mentre in Emilia Romagna il Lambrusco rosé Metodo Classico conquista anche gli chef stellati grazie alla sua versatilità gastronomica.
Anche il segmento del Pas Dosé o Extra Brut è in crescita: secondo le ultime analisi di mercato effettuate a inizio 2024 si evidenzia come queste due tipologie hanno registrato un incremento dei volumi di quasi 70 volte nell’arco di due decenni, raggiungendo nel 2023 un volume di 6,4 milioni di bottiglie. Questo tipo di spumanti risulta ideale per i palati moderni: più secchi, più minerali, meno “dolciastro”.
Come servirle e dove degustarle
- Le bollicine si servono fredde, ma non ghiacciate: la temperatura ideale è tra gli 8 e i 10 °C per esaltarne freschezza e aromi. Meglio evitare i flute molto stretti e optare per calici a tulipano, che permettono una migliore percezione olfattiva. (Eventualmente si potrebbe fare un excursus su marche e tipologie di calici).
- Luoghi perfetti per la degustazione sono le terrazze vista mare, i wine bar estivi con cucina gourmet, le cantine con degustazioni in vigna. L’esperienza immersiva valorizza il vino e lo trasforma in un’occasione di racconto e scoperta.
- Sempre più enoteche e locali propongono “percorsi di bollicine italiane”: mini-degustazioni da 3 calici abbinati a tapas di stagione, in formule accessibili e coinvolgenti. Un’opportunità interessante anche per il turismo enogastronomico.
Vini bianchi: mineralità e profumi per la tavola estiva
In estate, il vino bianco diventa una scelta naturale per chi cerca freschezza, leggerezza e immediatezza. Con una gradazione alcolica generalmente contenuta (tra gli 11,5% e i 13%), un’acidità vivace e profili aromatici fragranti, i bianchi italiani rappresentano un perfetto connubio tra piacere e versatilità, ideali tanto per l’aperitivo quanto per accompagnare piatti della tradizione estiva.

Vini bianchi: mineralità e profumi per la tavola estiva
Vitigni autoctoni e territori d’elezione da nord a a sud
L'Italia del vino non è solo famosa per i rossi, ma anche per la sua straordinaria varietà di bianchi, e tra questi i vitigni del Nord, in particolare quelli dell'Alto Adige, rappresentano un'eccellenza da scoprire anche in estate. I bianchi altoatesini si distinguono per la freschezza, la finezza e la purezza dei loro profumi, grazie a un clima ideale e a un territorio caratterizzato da viti che crescono su terrazze esposte al sole, con forti escursioni termiche tra giorno e notte.
- Il Gewürztraminer, forse il vitigno più emblematico dell'Alto Adige, è celebre per i suoi aromi intensi di rosa, litchi e spezie. In questo territorio, grazie alla brezza alpina e ai suoli ben drenati, si ottengono vini freschi ma molto aromatici, con un equilibrio perfetto tra dolcezza e acidità. Ottimo con piatti speziati, formaggi erborinati o piatti a base di anatra.
- Il Pinot Bianco è un altro grande protagonista, con vini freschi, delicati, e con note di mela verde e fiori bianchi. La sua acidità vivace lo rende versatile, squisito con antipasti di pesce, insalate, o piatti leggeri a base di verdure. Grazie alla sua finezza, è anche un compagno ideale per piatti a base di formaggi freschi.

L'Italia del vino non è solo famosa per i rossi, ma anche per la sua straordinaria varietà di bianchi
- Il Sauvignon Blanc, qui coltivato su terreni ricchi di minerali, regala vini freschi e fragranti, con note di erba appena tagliata, pomodoro verde e fiori bianchi. La sua acidità pungente e il suo profilo aromatico ne fanno un ottimo abbinamento con piatti a base di pesce, crostacei e insalate fresche, ma anche con formaggi freschi e saporiti.
- Il Chardonnay altoatesino, vinificato con grande attenzione alla qualità, offre vini eleganti, con una piacevole struttura e note di frutta matura, come la mela e la pera, accompagnate da una leggera sfumatura di burro. Questo bianco è perfetto per piatti di pesce più strutturati, risotti, o piatti a base di carni bianche.
- Infine, il Müller Thurgau, un vitigno che ben si adatta alle colline altoatesine, offre vini freschi e fruttati, con una mineralità che richiama i suoli di montagna. È ideale come aperitivo o con piatti leggeri come insalate di mare e antipasti di pesce.
L’Italia vanta una straordinaria biodiversità anche nei vitigni a bacca bianca nel centro-sud. Alcuni, come il Vermentino, il Fiano, il Grillo, il Pecorino o il Verdicchio, stanno vivendo una vera riscoperta, grazie a produzioni più attente alla qualità e alla valorizzazione dei terroir.
- Il Vermentino, per esempio, si esprime in modo diverso in Sardegna, Liguria e Toscana. In Gallura, dove beneficia della brezza marina e dei graniti del territorio, regala vini sapidi, agrumati e molto minerali, perfetti per crostacei e piatti della cucina isolana. In Liguria, più floreale e verticale, accompagna piatti come le trofie al pesto o le fritture di paranza.

L’Italia vanta una straordinaria biodiversità anche nei vitigni a bacca bianca nel centro-sud
- Il Grillo di Sicilia, invece, esprime tutta la potenza del sole del sud senza perdere in acidità. Coltivato spesso in zone collinari ventilate, dà vita a bianchi dal profilo esotico, con note di mango, erbe aromatiche e un sorso salino. È ideale con pesce alla griglia, cous cous, ma anche con carni bianche e piatti vegetariani.
- Il Pecorino, originario dell’Appennino abruzzese-marchigiano, si distingue per la sua acidità vibrante e per il corpo pieno. Ha una gradazione leggermente più alta (fino a 14%), ma viene spesso vinificato senza legno, con ottimi risultati in termini di equilibrio. È un ottimo bianco da tutto pasto, ideale con primi a base di verdure, formaggi freschi e torte salate.
Rosanna Marziale: vini bianchi del Sud e cucina di territorio
A sottolineare l'importanza del legame tra cucina e vitigni bianchi autoctoni del Sud interviene anche Rosanna Marziale, chef del ristorante Le Colonne Marziale di Caserta, che racconta: «Per noi il legame con il vino è sostanziale e abbiamo sempre cercato di privilegiare abbinamenti per tipicità oltre che per gradazione alcolica e gusto. Ad esempio, l’Aspirinio di Aversa con la mozzarella di bufala campana Dop forse non è proprio un accostamento perfettissimo, ma sicuramente è tipico e quindi ci ci piace proporlo».

Rosanna Marziale
«Sicuramente cerchiamo l’espressione di una armonia con la proposta vitivinicola, d’altra parte il 75 per cento delle etichette nella nostra carta vini è della Campania. Così, ad esempio, lo stracotto di bufalo che prepariamo con il Falerno poi lo abbiniamo appunto al Falerno, mentre su piatti profumati come potrebbe esser uno spaghetto alle vongole con lime sicuramente ci giochiamo un Coda di volpe o una Falanghina. Diciamo che il pairing ci viene facile, sia per la cucina di mare che di terra, perché abbiamo l’offerta variegata dei vini della nostra regione.»
La nuova tendenza: bianchi “gastronomici”
Non solo aperitivo o calice da sorseggiare sotto l’ombrellone. Il vino bianco, oggi, è sempre più pensato anche per accompagnare la cucina, anche quella d’autore. La tendenza 2024, secondo i dati AIS e FederVini, premia bianchi con maggiore struttura, mineralità, precisione aromatica, spesso vinificati con lieviti indigeni e con affinamenti sulle fecce fini.
Anche i bianchi del Friuli-Venezia Giulia, come il Friulano o lo Chardonnay Collio, si confermano perfetti per l’estate: i terreni marnosi e il clima ventilato garantiscono acidità, eleganza e note di frutta a polpa bianca e fiori gialli.
Autoctoni friulani e cucina d’autore: l’armonia secondo Emanuele e Michela Scarello
Tra i territori più ricchi di biodiversità vitivinicola, il Friuli Venezia Giulia è una delle regioni che meglio esprime il potenziale dei vitigni autoctoni, in particolare a bacca bianca. Un valore che trova espressione anche nella cucina d’autore. Lo raccontano Emanuele e Michela Scarello, anima e guida del ristorante Agli Amici, due stelle Michelin di Udine: «Siamo cresciuti e abbiamo deciso di lavorare nel luogo dove siamo nati: quello con il territorio è un legame profondo, intimo. Per questo in carta Michela ed io da sempre abbiamo voluto un'ampia sezione dedicata ai vini del Friuli Venezia Giulia.»

Michela e Emanuele Scarello
«A volte sono piccoli produttori, altre volte grandi classici, altre volte ancora vini che lo diventeranno. La mia cucina spazia dalla terra - il mondo vegetale e animale - al mare e su questo i vini della nostra regione ci aiutano molto, con una varietà di terroir e di uve sia bianche che rosse che si abbinano perfettamente a tutto quello che ci viene in mente e che ci piace proporre nel piatto ai nostri ospiti. Insomma, siamo fortunati... Consideriamo il pairing con i vini - ma anche con altre bevande non alcoliche come la Kombucha, estratti vegetali o il gin zero alcol, per esempio - una sorta di controcanto liquido alle nostre proposte nel piatto. Qualcosa che completa, si abbina, arricchisce, racconta la stessa storia, ma nel bicchiere. Non un qualcosa di più, ma un qualcosa da pensare insieme.»
Dove degustarli e come servirli al meglio
- Il vino bianco estivo va servito freddo ma non ghiacciato: la temperatura ideale varia dagli 8°C per bianchi giovani e aromatici, fino ai 12°C per quelli strutturati o leggermente affinati.
- I luoghi perfetti per gustarli? Le verande sul mare, i bistrot di montagna, le terrazze urbane con cucina a vista. Sempre più locali propongono carte dei vini orientate alla stagionalità, con percorsi degustativi “in bianco” e pairing con tapas gourmet.
- Anche le cantine con wine bar aziendali stanno valorizzando l’esperienza estiva: in Sicilia, Toscana e Marche è ormai comune trovare aperitivi in vigna al tramonto con calice di bianco, focacce, pesce crudo e finger food.
Rosati: il colore dell’estate tra freschezza e carattere
Se c’è un vino che più di tutti racconta l’estate nel bicchiere, quello è il rosato. Fresco, fruttato, ma sempre più ricco di identità e struttura, il rosé italiano ha abbandonato da tempo l’etichetta di “vino leggero” o “di passaggio” per diventare una scelta consapevole, gastronomica e trasversale. Lo conferma anche l’Osservatorio Rosautoctono, secondo cui la produzione di rosati in Italia ha superato i 2,5 milioni di ettolitri nel 2023, con una crescita stabile sia nel mercato interno che all’export, in particolare verso Stati Uniti e Francia.

Se c’è un vino che più di tutti racconta l’estate nel bicchiere, quello è il rosato
Un’Italia in rosa: dalle Alpi al Salento
Ogni regione vinicola italiana offre oggi almeno una versione distintiva del vino rosato. Nel Salento, il Negroamaro rosato è il re indiscusso: corposo, aromatico, con note di frutti rossi, erbe mediterranee e una spiccata salinità. Le versioni più moderne lavorano su fermentazioni a basse temperature e acciaio, per mantenere freschezza e pulizia aromatica.

Il rosato moderno si ispira al modello francese di Provenza, ma ne mantiene un’identità italiana
Nel Nord Italia, invece, si affermano sempre più i rosati da Pinot Nero, Nebbiolo o Lagrein, spesso vinificati in stile provenzale, con un colore tenue e un sorso elegante. È il caso dell’Alto Adige, dove i rosé di Lagrein combinano acidità, struttura e sapidità. Menzione speciale anche per i rosati di Chiaretto sul Lago di Garda, da vitigni come Corvina e Rondinella, che rappresentano una delle denominazioni rosate più storiche d’Europa (Chiaretto di Bardolino Doc).
Trend: meno colore, più eleganza
Il rosato moderno si ispira al modello francese di Provenza, ma ne mantiene un’identità italiana, con un lavoro attento su vinificazioni brevi, bassi solfiti, rese contenute e attenzione al terroir. Il risultato sono vini di grande bevibilità, perfetti per aperitivi e antipasti, ma anche capaci di affrontare un pasto intero. Secondo i dati Wine Monitor, il 35% dei consumatori under 40 in Italia dichiara di preferire il rosato in estate, soprattutto per la sua versatilità.
Come degustarli e con quali piatti abbinarli
I rosati estivi si servono tra gli 8 e i 10 °C, in calici da bianco. Ottimi da sorseggiare all’aperto, al tramonto, con vista mare, ma anche protagonisti delle carte dei vini estive nei ristoranti di pesce, pizzerie gourmet e bistrot mediterranei.
Vini rossi d’estate? Sì, ma serviti al meglio
L’estate è spesso sinonimo di vini bianchi freschi e rosati vivaci, ma non è affatto necessario rinunciare al piacere dei vini rossi. Alcuni rossi, infatti, offrono il meglio proprio quando la temperatura si alza, purché vengano scelti e trattati nel modo giusto.

L’estate è spesso sinonimo di vini bianchi freschi e rosati vivaci, ma non è affatto necessario rinunciare al piacere dei vini rossi
Un esempio perfetto è la Schiava, un vino rosso altoatesino che ha guadagnato popolarità proprio per la sua freschezza. Conosciuta anche come Vernatsch, è un vino dalla gradazione alcolica contenuta, con aromi di frutti rossi, ciliegie e mandorle amare. Servita tra i 12-14 gradi, diventa un compagno ideale per antipasti leggeri, salumi delicati o addirittura come aperitivo estivo con finger food.
Altro protagonista delle tavole estive è certamente il Pinot Nero. Un vitigno complesso e affascinante, capace di regalare vini eleganti e freschi se vinificato con mano leggera. Servito leggermente fresco, intorno ai 14-16 gradi, rivela tutta la sua finezza, con note di fragola, ribes, lampone e sfumature floreali. Perfetto da abbinare a pesce alla griglia, verdure estive e insalate creative.

Prima regola per bere i vini rossi in estate: attenzione alla temperatura
Non dimentichiamo altri vini rossi da bere freschi, come il Gamay del Beaujolais, il Bardolino del Lago di Garda o il Frappato siciliano, ricco di note fruttate e aromatiche. Serviti freschi, questi vini mostrano tutto il loro lato più immediato e godibile, perfetto per la convivialità estiva. Insomma, con la giusta attenzione, anche d’estate il vino rosso può diventare una scelta brillante, elegante e soprattutto molto piacevole da condividere, senza rimpianti per bianchi e rosati.
La temperatura di servizio fa la differenza
Prima regola: attenzione alla temperatura. Non è scritto da nessuna parte che il vino rosso debba essere servito a temperatura ambiente, soprattutto quando l’ambiente raggiunge i 30 gradi all’ombra! In estate è opportuno servire i vini rossi più leggeri e fruttati tra i 12 e i 16 gradi. Questo permette di apprezzare al meglio la loro freschezza naturale, evitando la sensazione di pesantezza e calore eccessivo tipica delle temperature più alte.
Come gestire al meglio la bottiglia
Per godere al meglio di questi vini, è importante seguire alcune semplici regole di servizio. Metti la bottiglia in frigorifero per 20-30 minuti prima di servire, così da raggiungere la temperatura ideale. Se il vino diventa troppo freddo, niente paura: bastano pochi minuti a temperatura ambiente per recuperare qualche grado.
Durante il pasto, soprattutto nelle giornate calde, è fondamentale tenere d’occhio la temperatura della bottiglia. Una soluzione efficace è utilizzare secchielli con acqua e ghiaccio, proprio come per i bianchi, per mantenere fresco il vino rosso senza esagerare con il raffreddamento.
I bicchieri giusti fanno la differenza
Infine, una raccomandazione importante: scegliete bicchieri adatti anche per i rossi più freschi. Meglio evitare calici troppo grandi, che fanno scaldare rapidamente il vino e ne fanno perdere la piacevolezza. Un bicchiere di medie dimensioni, leggermente più piccolo rispetto a quello per rossi strutturati, sarà perfetto per esaltare freschezza e profumi delicati.
Il vino senza alcol? Sempre più protagonista dell’estate
Tra i trend in maggiore crescita nel mondo beverage, anche il vino low e no alcohol sta conquistando il proprio spazio. Complice l’attenzione a uno stile di vita più sano, la necessità di poter brindare senza compromettere lucidità o benessere, e la voglia di sperimentare nuove forme di consumo, oggi anche il vino si declina in versioni più leggere o totalmente prive di alcol, senza rinunciare a gusto e identità.

Il vino senza alcol? Sempre più protagonista dell’estate
Secondo IWSR (2024), il segmento dei vini dealcolati o a bassa gradazione crescerà a livello globale con un CAGR del +8% fino al 2027. In Italia, anche se siamo ancora agli inizi, si registra un’accelerazione nelle richieste da parte dei ristoranti, degli hotel e del canale e-commerce, soprattutto in estate, quando la leggerezza è un must.
I prodotti più diffusi?
- Vini bianchi e rosati dealcolati, ottenuti con tecniche delicate di rimozione dell’alcol (osmosi inversa, distillazione a freddo)
- Spumanti low-alcol (tra 4% e 9%) pensati per l’aperitivo
- Vini frizzanti aromatizzati a base d’uva, destinati al pubblico giovane o alla mixology
Ma come si bevono?
- Freschi, tra gli 8 e i 10 °C, in calici da bianco o flute. Sono ideali per accompagnare antipasti estivi, finger food, piatti vegetariani e momenti di socialità leggera, anche in pausa pranzo o durante eventi business.
- Per chi lavora nel foodservice, inserire in carta almeno una referenza no o low alcohol è ormai una scelta strategica, che risponde alla domanda di inclusività e attenzione al cliente.
- La sfida ora è comunicarne il valore, superando la percezione di “vino di serie B” e puntando su identità, terroir e gusto.
Come si produce un vino senza alcol?
Produrre un vino dealcolato non significa semplicemente “non fermentare l’uva”. Si parte da un vino vero e proprio, vinificato secondo le tecniche tradizionali, che viene poi sottoposto a un processo di dealcolazione delicata. Ecco i principali metodi:
- Distillazione a bassa temperatura
Attraverso il vuoto si abbassa la temperatura di ebollizione dell’alcol, che viene separato dal vino mantenendo gran parte degli aromi originari.
- Osmosi inversa
Il vino viene filtrato tramite membrane che trattengono le molecole più grandi (colori, aromi) e separano l’alcol. I componenti vengono poi ricombinati, mantenendo struttura e profumi.
- Stripping con gas inerti
Un flusso di gas (azoto o anidride carbonica) estrae selettivamente l’alcol, preservando aromi e gusto.
- Attenzione all’equilibrio
La sfida tecnologica è mantenere il corpo e la struttura del vino originario, nonostante la rimozione dell’alcol. Per questo, spesso si ritocca l’acidità o si arricchisce il profilo aromatico con lieviti o mosto concentrato.
- Il risultato?
Vini freschi, piacevoli, leggeri (meno di 0,5% vol. o “zero assoluto”) che non vogliono imitare i vini alcolici, ma offrire un’alternativa inclusiva e consapevole.