A quasi fine vendemmia, Giuseppe Andreoli, enologo e gestore della cantina Tommasone, mi accoglie con lo sguardo di chi ha appena concluso settimane intense tra vigne e fermentazioni: provato ma visibilmente soddisfatto. Davanti alle vasche in acciaio a temperatura controllata, il profumo del mosto riempie l’aria. «È stata un’annata generosa - racconta - il clima del 2025 ci ha graziati. Abbiamo lavorato lasciando la natura il più libera possibile e i risultati si sentono».

I vigneti di Tommasone a Ischia
La storia di Tommasone, quattro generazioni di viticoltura a Ischia
Giuseppe svela le radici di questa realtà. «Oggi siamo alla quarta generazione» racconta. Il nome Tommasone è un omaggio al nonno dell’attuale proprietaria, Antonio Monti, padre di Lucia. «Lo chiamavano così perché aveva tanti vigneti e produceva tanta uva» spiega Giuseppe. Tommasone era una figura di riferimento per la produzione di vino e di uva sulla terraferma, al punto che la sua uva veniva usata anche come merce di scambio. La cantina, rimasta intatta per circa 250 anni, era stata scavata interamente a mano: all’epoca ogni famiglia possedeva una propria grotta dove vinificare per il fabbisogno domestico, e in alcune zone dell’isola questa tradizione resiste ancora oggi. Durante la vendemmia molte famiglie si trasferivano direttamente vicino alle vigne, restando lì per tutto il periodo della raccolta.

Tommasone: uve Aglianico
Quando Tommasone morì, il figlio Antonio lasciò Ischia per trasferirsi in Germania, dove tuttora lavora nella ristorazione. «Ma il legame con il vino non si è mai spezzato» ricorda Giuseppe. Sarà proprio Antonio, anni dopo, a decidere di ridare vita alla cantina di famiglia insieme alla figlia Lucia. Da questa scelta, nel 1999, Antonio, riportò in vita questa cantina rimasta abbandonata per vent’anni. Nel 2004 la prima vendemmia, nel 2009 l’arrivo di Lucia dall’estero per gestire l’azienda e, poco dopo, l’incontro con Giuseppe, arrivato dalla terra ferma e che, dopo essersi innamorato di Lucia e del progetto, ha deciso di restare ad Ischia. «In dieci anni - dice - siamo passati da 30.000 a 100.000 bottiglie». Un traguardo che parla di lavoro quotidiano e di una filosofia chiara: recuperare i vigneti storici dell’isola, anche quelli più impervi, “dove si arriva solo a piedi”.
Il dietro le quinte di un’annata generosa
Ischia non è soltanto vulcano, mare e scenari mozzafiato: è terra antica, dove la viticoltura ha radici profonde. La Coppa di Nestore, rinvenuta nella necropoli di San Montano, a Lacco Ameno, testimonia che già nell’VIII secolo a.C. i Greci (gli Eubei) riconoscevano e celebravano la vite su queste coste. L’azienda si inserisce in questa tradizione con la missione di preservarla. Vitigni autoctoni, coltivazioni eroiche, produzione rispettosa dell’ambiente sono pilastri della filosofia aziendale.
Cosa ci racconti sulla vendemmia appena passata e quelle precedenti?
Il 2023 è stato un anno da dimenticare: clima instabile e malattie funginee che si trascinano per anni. Nel 2024 abbiamo cercato di rimettere in equilibrio le piante. Quest’anno il meteo ci ha aiutato e il risultato è un’uva sana, che ci ha permesso di lavorare in modo naturale, senza forzature. Noi produciamo soprattutto Biancolella, Forastera e Piedirosso. Il Piedirosso, delicato e aromatico, è molto richiesto perché si abbina bene alla cucina ischitana. Ne imbottigliamo circa 10.000 bottiglie l’anno. Per bianchi e rosati usiamo vasche refrigerate: la fermentazione a bassa temperatura esalta la carica aromatica. Abbiamo Aglianico e una piccola quota di Cabernet Sauvignon che uniamo al Piedirosso per dare eleganza e struttura, mantenendo però l’anima del territorio.

Da Tommasone si affina anche in anfora
Qui è utile aggiungere alcuni dettagli: ad esempio, il Biancolella Doc di Tommasone è prodotto con vendemmia manuale, selezione dei grappoli, trasporto in cassette da 20 kg. La vinificazione prevede diraspatura, sofficissima pigiatura, fermentazione a basse temperature (intorno ai 12°C) in acciaio inox e affinamento sulle fecce nobili con batonnage.
La vostra cantina è anche innovazione: metodo classico e affinamento subacqueo. Come nascono questi progetti?
Lo spumante metodo classico è quasi una religione: dosaggio zero, dai 26 ai 50 mesi di affinamento. Con il progetto Aphrodite abbiamo portato alcune bottiglie sott’acqua, a largo di Casamicciola, per due anni. L’effetto del mare ha accelerato i tempi: in due anni abbiamo ottenuto la complessità di cinque anni di cantina.
Molti dei vostri vigneti sono difficili da raggiungere. Che cosa significa per voi “vendemmia eroica”?
Significa lavorare su terrazzamenti dove i mezzi non arrivano: bisogna proseguire a piedi. Abbiamo 16 vigneti e otto operai fissi tutto l’anno. È faticoso, ma ridiamo vita a luoghi che altrimenti andrebbero persi.

Il Metodo Classico di Tommasone
Negli ultimi anni l’enoturismo è cresciuto. Che tipo di visitatori accogliete e che esperienza proponete?
Quest’anno abbiamo ospitato turisti da 25 Paesi, molti americani e scandinavi. I collegamenti aerei diretti con Napoli facilitano l’arrivo e la nostra terrazza panoramica regala un’esperienza davvero unica.
Tommasone, vini di carattere
Durante il tour tra le vigne storiche sopra la cantina (che è anche la più antica) dove alcune viti raggiungono i 30 anni, ho assaggiato alcuni vini che racchiudono l’essenza di Tommasone:
- Under Water Wine, spumante affinato in mare, bollicine sottilissime e sapidità marina.
- Pithecusa Bianco, blend di Biancolella e Fiano, che bilancia mineralità, profumi di frutta bianca e agrumi, ideale con le ricette locali, come il coniglio all’Ischitana.
- Tenuta dei Preti, 100% Biancolella. L’etichetta è stata realizzata dall’ artista Ischitano Massimo Venia e rappresenta il porticciolo di Forio, comune che ospita il vigneto nel quale crescono le uve per questo Cru.
- Pignanera, commercializzato in piccole anfore caratteristiche. Aglianico in purezza, strutturato e autentico.

Tommasone: i vini degustati
Tommasone non si limita a raccontare la storia: la vive anche nella pratica. Nei vigneti non si fa diserbo chimico, né uso eccessivo di concimi sintetici. Il packaging è eco-friendly: vetro leggero, cartoni riutilizzabili, riduzione di solforosa nei vini. L’azienda emerge come esempio luminoso di come tradizione, natura, fatica e innovazione possano coesistere. Ischia, tra terrazzamenti, suolo vulcanico, storia greca e mare, conferisce ai vini un carattere che non si dimentica. In un’isola dove il lavoro è duro, dove il paesaggio stesso impone limiti, Tommasone ha scelto di trasformare questi limiti in forza.
Via Prov.le Lacco Fango 144 80076 Lacco Ameno (Na)