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Donne a tutta birra: ecco come le imprenditrici brassicole si impegnano nel sociale

Inclusione, diversità e politiche antidisc, Lriminatorie: queste le tematiche del webinair organizzato dall'azienda AB InBev. L'occasione è servita pure per fare il punto sui ritardi dell'Italia sul gender gap

di Berto Silva
 
08 marzo 2022 | 11:04

Donne a tutta birra: ecco come le imprenditrici brassicole si impegnano nel sociale

Inclusione, diversità e politiche antidisc, Lriminatorie: queste le tematiche del webinair organizzato dall'azienda AB InBev. L'occasione è servita pure per fare il punto sui ritardi dell'Italia sul gender gap

di Berto Silva
08 marzo 2022 | 11:04
 

Un focus per discutere di diversità ed inclusione e degli impegni che l’azienda intraprende nel suo quotidiano per costruire un ambiente rispettoso e confortevole per tutti. Questo l'obiettivo del webinar, intitolato Donne a tutta birra, che si è svolto lunedì pomeriggio, moderato dal giornalista Piero Tatafiore direttore di The Watcher Post, ha visto la partecipazione di Serena Pasquetto, Senior Legal & Corporate Affairs Manager AB InBev, Clelia Brandonisio, People Lead AB InBev e Azzurra Rinaldi, Economista, Direttrice della School of Gender Economics all’Università Unitelma Sapienza di Roma.

  Donne a tutta birra: ecco come le imprenditrici brassicole si impegnano nel sociale

A illustrare gli obiettivi e la mission di AB InBev è stata Serena Pasquetto, Senior Legal & Corporate Affairs Manager AB InBev: «siamo la prima azienda di birra al mondo e operiamo in 16 Paesi europei - 50 mercati - attraverso cinque unità commerciali. Produttori di birre a livello internazionale, con marchi importanti tra cui Budweiser, Corona, Stella Artois, Beck’s. L’Italia per noi rappresenta un mercato strategico. Sul tema del focus Donne a tutta birra va sottolineato che abbiamo, in primo luogo, lanciato la nostra prima policy contro ogni tipo di molestia e discriminazione, per fornire linee guida su ciò che ci si aspetta da tutti i nostri leader e colleghi per trattare gli altri con rispetto e coltivare, incoraggiare, mantenere e preservare un ambiente di lavoro realmente inclusivo. Abbiamo, altresì sottoscritto la carta per le pari opportunità: la Diversity Charters, per la diffusione di una cultura aziendale e di politiche inclusive, libere da discriminazioni e pregiudizi, capaci di valorizzare i talenti in tutta la loro diversità. Questo impegno da parte nostra va nella direzione di valorizzare i talenti. Diversità ed inclusione possono generare un circolo virtuoso a livello reputazionale, quindi dare credibilità e fiducia non solo ai consumatori ma anche agli investitori. Un binomio che fa da acceleratore di crescita e sviluppo per le imprese. Pertanto, avere una solida reputazione aiuta ad attrarre i talenti. Il principio premiante di AB InBev è rappresentato da un’azienda meritocratica ed inclusiva».

 

«In Europa, la disparità di genere costa 370 miliardi di euro»

«La disparità di genere costa ogni anno all’Europa 370 miliardi di euro. Per la Banca d’Italia, se le donne fossero occupate al 60%, il Pil italiano aumenterebbe di circa sette punti percentuali», a spiegare il fenomeno del gender gap è Azzurra Rinaldi, Economista, direttrice della School of Gender Economics all’Università Unitelma Sapienza di Roma. «L’Italia è ancora in una posizione di sofferenza su questo tema. La 15ª edizione del Global Gender Gap Report 2021 – che indaga sui parametri di partecipazione e opportunità economiche, istruzione, salute e leadership politica in 156 paesi diversi – evidenzia l’Islanda come il paese con un punteggio più altro rispetto alla parità di genere mentre l’Italia si posiziona al 63esimo posto. Il Gender Gap nella partecipazione e opportunità economica rimane il secondo più ampio dei quattro ambiti analizzati dall’indice. Il gap ha visto dei piccoli miglioramenti e si stima che ci vorranno altri 267,6 anni per colmarlo. Con riferimento all’Italia il 56,5% delle donne rappresenta la forza lavoro con un divario del 25%. In Italia persiste ancora una cultura tipica della segmentazione orizzontale, mentre le multinazionali sono più aperte rispetto alle Pmi del nostro Paese. Un’azienda che non coltiva i talenti non ha una visione. Una delle disparità ancora forti è, ad esempio, la Maternity gap, penalità quando donna diventa madre. Vi è quindi un tema legato alla rappresentanza, confermato da un recente studio di Unioncamere che sottolinea solo una donna su quattro ricopre un ruolo di vertice. Più un’azienda è inclusiva più aumenta il valore stesso dell’azienda, un incremento di benessere che conseguentemente produce anche una crescita del Pil».

La policy di Ab Inbev

A intervenire nelle pieghe della policy di AB InBev è stata Clelia Brandonisio, People Lead AB InBev: «Come azienda in merito all’inclusione e alla diversity siamo in una fase di impegno e da tempo portiamo avanti iniziative importanti. La nostra visione è strutturata in quattro pilastri: People and Workplace, relativo ai consumatori dove cerchiamo di parlare la lingua dei loro valori e capire quanto è inclusivo l’ambiente che gli possiamo offrire; Value Chain, guardare dentro noi stessi per aumentare la competitività; Marketplace e Communities quale approccio integrato e strutturato affinché si arrivi davvero a un concreto cambiamento. Per noi è importante poter controllare la fase di pregiudizio e discriminazione attraverso test specifici che riducano la soggettività. Dobbiamo creare ‘rappresentanza e visibilità’ alle nostre donne in contesti specifici per generare modelli di comportamento, magari dando spazio a storie di successo che possano portare ad un percorso che garantisca opportunità per tutti».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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