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Il dopo Expo fra carne rossa e insetti

di Alberto Lupini
direttore
 
02 novembre 2015 | 16:43

Il dopo Expo fra carne rossa e insetti

di Alberto Lupini
direttore
02 novembre 2015 | 16:43
 

Expo è stato un successo di pubblico e di immagine per l’Italia. Pur essendo fra quanti hanno criticato i ritardi e i troppo timidi tentavi di fare sistema per l’agroalimentare italiano, non possiamo non riconoscere che la squadra che ha lavorato con Giuseppe Sala e il ministro Maurizio Martina ha vinto una sfida non facile. Ora si tratta però di costruire sul serio una nuova stagione di sviluppo in cui il cibo (italiano) abbia un ruolo centrale, in termini di opportunità economica e salute.

Il rischio più grande è che dopo sei mesi di annunci, dibattiti o impegni solenni, come la Carta di Milano, la questione di una sana e corretta alimentazione per tutti gli abitanti della Terra - a partire da noi italiani - venga un po’ messa da parte: tanto se ne è parlato a Expo... Ai milioni di italiani che hanno varcato i tornelli dell’Esposizione universale si deve invece dare la conferma che l’impegno in campo alimentare non era un’opportunità per fare un po’ di business per i soliti furbi, o per distrarre l’attenzione dalla crisi con una mega fiera di menu internazionali.

Proprio l’attenzione dimostrata su questi temi ci conferma che il Paese è “più avanti” delle istituzioni, della politica o dei sindacati. Gli italiani si aspettano chiarezza e certezze in campo alimentare. A partire da subito e dalle non poche novità che - non inaspettate, in verità - ci sono giunte giusto in chiusura di Expo. Nessun tempismo poteva essere migliore.

Pensiamo solo al rischio di tumore che si porterebbe dietro il consumo di salumi (alto) e di carni rosse (più moderato). Senza mettere in dubbio il valore scientifico delle ricerche dell’Oms (peraltro vecchie e molto legate agli stili di vita americani...), suona almeno un po’ strano che un prosciutto di cinta senese o un patanegra possano fare più male di un hamburger di vacca ingrassata ad anabolizzanti e antibiotici e cotto sulla carbonella con additivi petroliferi. C’è qualcosa che non convince, pur essendo fra i primi che invitano da sempre a moderare i consumi di carne rossa. Francamente ci viene il dubbio che in vista della firma del Ttip (il trattato di libero scambio fra Usa e Ue) gli statunitensi abbiano voluto alzare nuove barriere contro i salumi europei che stanno invadendo il loro mercato, dopo che dal 2013 è stato allentato il blocco all’importazione. Ecco perché un salame italiano può diventare più cancerogeno di una steak con due dita di grasso rancido. E attenzione perché non è ancora finita. Mentre Starbucks si appresta ad invadere l’Italia col suo surrogato di caffè, sempre in America si preannunciano rischi di tumore anche per il consumo di caffè, o mentre l’Italia si vuole impegnare a tutelare la “vera pizza” si parla di dipendenze pericolose create dal nostro piatto nazionale.

Ma le stupidità e i pericoli sono anche interni. Dopo che gli italiani hanno fatto 8 ore di fila per visitare il padiglione del Giappone in Expo e poco meno per quello della Malesia, come è possibile che qualche politico si indigni perché il Parlamento europeo (coi voti dei politici italiani) ha finalmente messo delle regole su come commercializzare correttamente alghe, insetti e nuovi prodotti per l’alimentazione? Da anni ne mangiamo di ogni genere nella più totale assenza di norme precise (se non forse quella di non raccogliere le alghe in spiaggia) e ora che ci sono regole ci lamentiamo? Ma andiamo, cerchiamo di essere seri ed evitiamo di raccontare idiozie come quella che Bruxelles ci vorrebbe imporre una dieta a base di locuste. Come pensiamo di poter vendere Grana Padano o Prosciutto di Parma in Cina se non apriamo i nostri mercati (fissando regole precise di garanzia) ai loro prodotti?

La nuova sfida è appena cominciata, sfamare il Pianeta non è uno slogan elettorale.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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