Il ginkgo biloba, una pianta giapponese, simboleggia la capacità di assorbire il positivo e lasciare fuori il negativo. Anche per questo, lo chef Lorenzo Barbieri ha deciso di chiamare così il suo ristorante a Cremona, la prima avventura in proprio dopo essere stato a contatto con alcuni grandi nomi della ristorazione italiana. Una proposta fuori dagli schemi culinari consolidati della città, ma sostenuta da passione e visione chiare.

Il Ginkgo: la sala
Il Ginkgo, un’oasi discreta nel cuore di Cremona
In effetti, pur essendo ricavato all’interno di un antico monastero, l’intenzione dello chef - che ha cercato a lungo la location adatta per il suo locale - era quella di far sì che il cliente quasi si dimenticasse di trovarsi in centro a Cremona. L’ambiente, con cucina a vista, appare discreto e rilassante, con toni scuri che accompagnano una convivialità intima, senza connessioni con la città fuori dalla porta. A questa atmosfera si accompagna un servizio attento ai dettagli, cortese e spigliato, ma sempre rispettoso pur senza risultare ingessato.
«Il nome Ginkgo - spiega Barbieri - viene dall’albero omonimo, una pianta fossile, sopravvissuta persino alle radiazioni di Hiroshima. Simboleggia la capacità di assorbire il positivo e lasciare fuori il negativo. La sua foglia, che ho scelto anche come simbolo, ha una forma poetica e romantica, a cuore. È questo che voglio trasmettere nel mio ristorante: che chi entra possa dimenticare tutto ciò che è fuori, e ritrovare Cremona e il Torrazzo con occhi diversi, una volta uscito».
Il Ginkgo, chi è lo chef Lorenzo Barbieri
Lorenzo Barbieri, cremonese classe 1990, ha iniziato presto a muovere i primi passi in cucina. «A 16 anni già partivo per la Calabria a fare le stagioni estive: non era poco per un ragazzino, 1.100 chilometri da casa per tre estati di fila», ricorda. Dopo quella parentesi, a soli 18 anni è volato a Londra, dove ha trascorso un anno che gli ha permesso di conoscere nuove culture e modi diversi di intendere la ristorazione. «Ero ancora giovane, ma l’Italia mi richiamava sempre», racconta. Tornato a Como, ha avuto la sua prima esperienza nel fine dining, scoprendo la cura maniacale del dettaglio: dal pane alla pasticceria fatta in casa.

Il Ginkgo: chef Lorenzo Barbieri
A 20 anni decide di puntare più in alto e invia i suoi curriculum ai ristoranti stellati, convinto di non avere possibilità. Invece arriva la chiamata che cambia il suo percorso: il Ristorante Trussardi alla Scala, all’epoca guidato da Andrea Berton. «Entrai in un mondo completamente nuovo: un ristorante dentro una maison di moda, con una brigata di quindici persone. Io ero l’ultimo arrivato, spaventato ma entusiasta». In dieci anni al Trussardi vive tre fasi diverse, sotto la guida di Berton, Luigi Taglienti e Roberto Conti. Con quest’ultimo, da suo braccio destro, contribuisce alla riconquista della stella Michelin. «Sono entrato che avevo 14 persone davanti, e sono uscito con 14 dietro e solo uno sopra di me. È stata una grande soddisfazione».

Il Ginkgo: pane e grissini fatti in casa
Dopo un’esperienza al Grand Hotel della Villa, progetto della famiglia Barilla a Parma, mai decollata a causa della pandemia, arriva la svolta: «Il Covid mi ha fatto riflettere, per la prima volta mi sono fermato. Mi sono chiesto cosa volessi davvero e ho deciso di mettermi in gioco con qualcosa di mio». Dal 2021 inizia la ricerca di una location, che lo porta nella sua città natale, a Cremona. Dopo un anno e mezzo di lavori, il 20 dicembre 2024 ha inaugurato Ginkgo.
Il Ginkgo, un nuovo punto di partenza
«Premetto - spiega - che non ho mai lavorato a Cremona: la mia prima esperienza cremonese in cucina è questa. Ho voluto fortemente aprire qui, in centro, perché amo questa città e voglio crescere insieme a lei. Non ho scelto nomi o riferimenti tradizionali legati alla città: preferisco dare un’identità diversa. La location, tra l’altro, è a 300 metri dal luogo dove sono nato: una coincidenza che mi emoziona molto». Quindi aggiunge: «Non ho investitori alle spalle, solo il supporto della mia famiglia e della mia compagna. Per crescere ci vuole tempo, ma ho una visione chiara e lavoro per seguirla: so bene che arrivare in alto è difficile, ma non nascondo i miei obiettivi».
La cucina di Ginkgo: armonia ad alto volume
La cucina - e il posizionamento - di Ginkgo rappresenta una rarità, se non un unicum, nel panorama gastronomico cremonese, molto legato alla propria tradizione culinaria. Chef Barbieri, invece, ama spingersi oltre il perimetro delle consuetudini. Gioca con le consistenze, ma senza apparirne ossessionato e porta in tavola piatti dal carattere deciso, con ingredienti riconoscibili e dalla forte caratterizzazione, pur andando a comporre un risultato equilibrato nell’insieme. Una cucina rock, che trova la sua armonia ad alto volume considerata l’intensità dei sapori e la forte identità di ciascuno.

Il Ginkgo: lo chef Lorenzo Barbieri mentre cucina
«La mia cucina segue la stagionalità - spiega -: non userò mai una zucchina o una melanzana a gennaio. Scelgo i prodotti quando sono al meglio. I miei piatti, la location, tutto rispecchia me e le esperienze fatte, soprattutto al Trussardi. Certo, si impara sempre da qualcuno: non inventa niente chi parte da zero. Io cerco di studiare, evolvermi, trovare abbinamenti e contrasti che portino verso la mia strada. Quello che cerco di fare ora è proporre piatti che piacciano, ma con una mia firma: una nota acida, speziata, pungente. Al momento mantengo un equilibrio, anche perché il mio organico è ridotto: due persone in cucina e una fissa in sala».
Il Ginkgo, come si mangia
Il percorso all’interno del menu autunnale comincia con una amuse-bouche in cui la gelatina all’arancia con Campari e crema di carote al curry strizza l’occhio all’aperitivo ed è stata accompagnata da un calice di Vigneto Giardino Asciutto Valdobbiadene Docg Rive di Colbertaldo della cantina Adami che si presta perfettamente ad essere servito ad inizio pasto.

Il Ginkgo: Gambero rosso, caco caramellato e teriyaki di castagna
Quindi è stata la volta del Gambero rosso, caco caramellato e teriyaki di castagna: un piatto in cui la delicatezza del gambero non si fa sopraffare dagli altri ingredienti che, al contrario, ne favoriscono la persistenza.

Il Ginkgo: Anguilla glassata alla Guinness
A completare gli antipasti l’Anguilla glassata alla Guinness accompagnata da insalatina autunnale in cui l’amaro della glassa rimane un tratto importante, ma non copre il sapore del pesce - sorprendente in questa declinazione - e che viene bilanciata dalla mela presente nell’insalatina. Nel calice arriva Alpi Retiche, un Nebbiolo vinificato in bianco di Nino Negri sufficientemente strutturato da non scomparire di fronte ai sapori del piatto.

Il Ginkgo: Spaghetto mantecato alla bouillabaisse, yuzu e scampo
Lo stesso vino svolge bene il suo compito anche con quello che è a tutti gli effetti uno dei signature dish dello chef: lo Spaghetto mantecato alla bouillabaisse, yuzu e scampo. Anche qui acido, agrumato ed amaro giocano tra loro, ma non coprono la delicatezza dello scampo che fa quasi da equilibratore tra i vari sapori.

Il Ginkgo: Risotto al burro affumicato, carpaccio di cervo e ginepro
Nel Risotto al burro affumicato, carpaccio di cervo e ginepro, con una spolverata di pino (accompagnato piacevolmente dalla Barbera d’Alba Doc Dü Gir di Monteribaldi), a prevalere è soprattutto la nota balsamica che trasmette una sensazione di bosco piacevole e coerente con la volontà di esaltare la stagionalità del piatto.

Il Ginkgo: Cernia, zucca, chips di cavolo nero e liquirizia
Come portata principale, Barbieri ha proposto quello che - tra quelli assaggiati - rimane il piatto dove lo chef ha deciso di spingere decisamente sull’acceleratore: Cernia, zucca, chips di cavolo nero e liquirizia in un equilibrio delicato dove è importante bilanciare bene la forchettata per non farsi travolgere da ingredienti così caratterizati. Insieme alla cernia, è stato servito il Preafète, un rosé dalla Valtènesi di Podere dei Folli.

Il Ginkgo: Soufflé alla vaniglia e basilico con gelato alla fragola
Dopo un pre-dessert, anche nel dolce ecco tornare la nota balsamica: il Soufflé alla vaniglia e basilico con gelato alla fragola. Si tratta di un dessert cui lo chef è particolarmente legato, caduto un po’ nel dimenticatoio, e qui rispolverato con un tocco personale che non stravolge la tradizione, ma la ripropone in modo gustoso.
Via Alessandro Manzoni 23 26100 Cremona
Giovedì-lunedì: 12:30-14:00, 19:30-22:30. Chiuso martedì e mercoledì