Nel verde dei Monti Pisani, a pochi passi da Pisa, la Locanda Sant’Agata è più di un semplice ristorante: è un luogo dove la cucina racconta storie di famiglia, territorio e passione. Inserita in un boutique hotel raffinato, la Locanda offre una proposta che unisce l’Alta Cucina Contadina con una visione contemporanea e sostenibile.

Locanda Sant’Agata
La filosofia dello chef Nicola Micheletti si traduce in piatti che celebrano la memoria dei sapori, l’eccellenza dei prodotti locali e l’arte dell’ospitalità toscana. Il concetto di Alta Cucina Contadina nasce dall’esigenza di coniugare passato e presente, radici storiche e sensibilità contemporanea. Come spiega lo chef Nicola Micheletti: «L’Alta Cucina Contadina è un termine che abbiamo trovato per definire la nostra identità e il nostro lavoro. Vuole valorizzare la nostra storia, perché è importante guardare al passato per riconoscerlo e capire cosa ci ha portato fino a oggi, e perché certe cose venivano fatte. Allo stesso tempo, però, serve avere la conoscenza e la sensibilità per evolverlo in base alle esigenze e ai modi attuali».
Alta Cucina Contadina: dal campo al piatto gourmet
Non è una contraddizione trasformare un piatto nato nei campi in un protagonista di un menu gourmet: tutto dipende dalla tecnica, dalla conoscenza e dalla capacità di valorizzare l’ingrediente. Come spiega lo chef Nicola Micheletti: «Diventa protagonista grazie alla tecnica e alla conoscenza. Una volta che c’è padronanza nell’esecuzione, anche l’ingrediente più semplice può essere valorizzato. Spesso si cercano materie prime straordinarie da ogni parte del mondo, dimenticandosi che anche una semplice zucchina può diventare il cuore di un piatto capace di raccontare una storia. La chiave sta nel dare voce ai produttori, perché altrimenti si rischia di omologarsi a prodotti industriali».

Lo chef Nicola Micheletti
La cucina, secondo Micheletti, è sempre lo specchio dei periodi storici che si attraversano: «Nel dopoguerra si cercava solo convivialità, con le trattorie come luoghi di ritorno alla normalità. Negli anni ’80-’90, con il boom economico, è cresciuta la richiesta di uscire più spesso, e sono nati i ristoranti-pizzerie. Pre-Covid invece si era arrivati all’estremizzazione del gourmet: piatti spettacolari con ingredienti ricercati ovunque, ma il lockdown ha cambiato tutto. Dopo la pandemia la gente ha sentito il bisogno di socialità, condivisione, leggerezza, e hanno preso piede formule come l’aperitivo e il finger food».

La sala interna del ristorante Locanda Sant'Agata
Oggi, con la scomparsa della trasmissione diretta della cucina familiare, è facile affidarsi a prodotti industriali, perdendo parte dell’identità domestica. La proposta di Alta Cucina Contadina nasce proprio per colmare questo vuoto, riportando in tavola storie e sapori tradizionali attraverso una tecnica contemporanea: «Un esempio è il nostro ragù di faraona alla cacciatora: la faraona viene prima arrostita, poi disossata a mano, e il ragù viene completato con pomodorini confit essiccati e olive sgrumate per dare più profondità. È un piatto della tradizione, ma rivisto per esaltarne i sapori e raccontarlo in chiave attuale».
Metro zero: libertà creativa o vincolo?
Il concetto di metro zero spesso viene frainteso come un limite alla creatività, ma in realtà rappresenta una filosofia e una vera cultura del prodotto. Lo chef Nicola Micheletti chiarisce: «Il metro zero non deve essere inteso come l’idea che tutto debba arrivare in senso letterale dal campo accanto. È piuttosto una filosofia, una cultura del prodotto. Significa avere un contatto diretto con i produttori e interpretare la stagionalità reale: capire come un ingrediente è nato quell’anno, in virtù delle piogge o del caldo estremo, e quindi comprenderne davvero l’essenza. Il metro zero, per me, è soprattutto la storia che un prodotto porta con sé. Che venga dalla Lombardia, dal Piemonte o dalla Sicilia, l’importante è che non sia standardizzato, ma artigianale, con un racconto e un’identità territoriale forti. Non conta la distanza metrica, ma la verità e la genuinità della produzione».

Ingredienti a metro zero per piatti che raccontano territorio e stagione
In questo senso, il metro zero non è un vincolo, ma uno strumento per valorizzare ingredienti autentici e raccontare la loro storia, trasformando ogni piatto in un’esperienza che unisce territorio, stagionalità e identità. Anche senza ingredienti esotici o lussuosi come foie gras o caviale, è possibile creare una cucina d’autore piena di significato e carattere.
Piatti semplici che diventano alta cucina
La cucina contadina, spesso associata a piatti come polenta e fagioli, può diventare protagonista di un menu gourmet quando la tecnica, l’identità e la memoria del gusto incontrano ingredienti semplici. Lo chef Nicola Micheletti spiega: «Un esempio è il nostro risotto di radici con trippettine di seppia: nasce dall’ispirazione della pasta e patate, ma diventa un piatto con tecnica e identità. Oppure il filettino di cinta senese servito su una vellutata di fagioli con romana arrostita e salsa alla cacciatora. Sono piatti che raccontano ingredienti semplici, ma esaltati in chiave contemporanea. La cosa fondamentale, però, è che siano riconoscibili: se assaggio una crema di fagioli all’uccelletta, anche nella versione più liscia e raffinata, deve riportarmi immediatamente al sapore che conosco. Il gusto deve avere identità e memoria, non può essere stravolto. È questo, secondo me, il cuore dell’Alta Cucina Contadina».

Colori, profumi e sapori che raccontano il territorio
Anche gli ingredienti più umili possono diventare protagonisti di piatti apprezzati. Micheletti racconta: «Quest’estate abbiamo proposto un fiore di zucchina ripieno con ricotta di Volterra ed erbe aromatiche. Il gambo veniva cotto prima in acqua e poi servito con pecorino e olio al prezzemolo. È un piatto vegetariano, semplice, ma che ha avuto un grande successo. La richiesta di proposte senza carne è in aumento e fa parte a pieno titolo della nostra dieta mediterranea, quindi è giusto che la carta rifletta anche questa esigenza». L’Alta Cucina Contadina è la capacità di trasformare ingredienti semplici e genuini in piatti che raccontano storia, territorio e identità, rispettando la memoria dei sapori e rispondendo alle nuove esigenze alimentari.
Quali ingredienti si trovano nei menu di Locanda Sant'Agata
Anche in una cucina legata alla tradizione contadina, possono nascere piatti inaspettati che conquistano i clienti. Lo chef Nicola Micheletti racconta uno di questi successi: «Lo scorso inverno ho fatto un risotto ispirato al castagnaccio, con base di crema di castagne. Ammetto che la castagna non è un ingrediente che amo, ero un po’ titubante, ma il piatto funzionava bene nell’insieme. E i clienti mi hanno sorpreso: lo hanno ordinato per tutta la stagione, tanto che ho lavorato chili e chili di castagne! Visto il successo, penso proprio di riproporlo anche il prossimo inverno».

L’arte della cucina che trasforma ingredienti semplici in emozioni
Al contempo, Micheletti definisce con chiarezza cosa non fa parte della sua filosofia: «Noi proponiamo anche piatti di crudité, ma sempre con pescato locale e pesce cosiddetto “povero”, oltre ad alcuni crostacei. Quello che sicuramente non troverete sono le ostriche o il caviale usati come status symbol: ingredienti presenti solo per moda non fanno parte della nostra filosofia. La nostra logica resta sempre quella di valorizzare davvero i prodotti. Poi certo, non si può mai dire “mai”: in Lombardia, ad esempio, ci sono produttori di caviale che realizzano ottimi prodotti. Quindi più che escludere a priori, la nostra scelta è non inserire nulla che non abbia una storia o una reale identità dietro».
I percorsi degustativi di Locanda Sant'Agata
La gestione del menu nella filosofia dell’Alta Cucina Contadina si basa su stagionalità, accessibilità e flessibilità. Lo chef Nicola Micheletti spiega: «Il menu lo cambiamo stagionalmente. Proponiamo tre percorsi degustativi: dal più breve, con tre portate salate e una dolce, fino al più completo, con sei salate e una dolce. Questo ci consente di avere un’offerta più accessibile: non solo menu “in pompa magna”, ma anche formule che permettono a più persone di avvicinarsi alla nostra cucina. Non serve spendere 90-100 euro a testa: già con 50-60 euro si può fare un percorso degustazione».

Un equilibrio perfetto tra tecnica, passione e memoria
«Inoltre, questi menu ci danno la libertà di proporre il meglio del giorno. Non necessariamente un piatto presente in carta: può essere anche un fuori menu che rappresenta al meglio la stagionalità e la disponibilità di materie prime».
Menu stagionale e piatti simbolo della Toscana
All’interno di questa struttura, alcuni piatti diventano veri simboli del territorio, capaci di raccontare la Toscana attraverso ingredienti, tecnica e storia. Micheletti indica due esempi significativi: «Due piatti in particolare sono diventati per noi dei signature, tanto da essere citati anche quando siamo entrati in guida Michelin. Il primo è la Rocher di chianina: una tartare servita in crosta di pane con erbe aromatiche e fonduta di pecorino locale, affumicata al tavolo con legno d’olivo. È stato uno dei primi piatti messi in carta e i clienti continuano a chiederlo, quindi rimane sempre».

Rocher di chianina
«Il secondo nasce dal recupero: un pancotto di mare, precursore della pappa al pomodoro, preparato con fumetto e molluschi. Da lì è nato il nostro calamarotto farcito, servito su fonduta di verdure al vermouth dry. È un piatto che racconta la volontà di ridurre gli sprechi e valorizzare al massimo il prodotto, e che oggi è diventato uno dei nostri signature». Così, il menu stagionale diventa uno strumento per unire territorio, sostenibilità e creatività, permettendo a ogni piatto di raccontare storia, identità e sapori locali.
Il percorso ideale per una prima visita
Per chi si avvicina per la prima volta alla Locanda Sant’Agata, la scelta del percorso degustazione giusto permette di scoprire appieno l’identità del ristorante e il legame con territorio e stagionalità. Lo chef Nicola Micheletti consiglia: «A chi non ci conosce consiglio sempre il percorso intermedio: due antipasti, un primo, un secondo e un dolce. È completo, tocca sia la terra che il mare, ed è quello che rappresenta meglio la nostra filosofia. Mio padre mi ha insegnato che a Pisa, città di Repubblica Marinara, bisogna saper cucinare bene entrambi: chi entra nel nostro ristorante deve mangiare bene sia la carne sia il pesce. Questo percorso racconta davvero il nostro territorio».

«Per esempio, oggi troveresti piatti come il fiore di zucchina ripieno, il calamarotto farcito, il risotto con crema di patate e trippettine di seppia e il filettino di cinta senese con crema di porcini, salsa alla cacciatora e romana arrosto. Un menù che esprime la nostra identità “a nudo”, senza segreti».
Beverage e abbinamenti: vino e mixology territoriale
Anche il beverage alla Locanda Sant’Agata segue la filosofia dell’Alta Cucina Contadina, valorizzando territorio, identità e qualità. Lo chef Nicola Micheletti racconta l’approccio agli abbinamenti vini: «La parte vini è curata da mia moglie: ha il dono di raccontare le bottiglie come fossero storie, ed è un valore aggiunto. La nostra selezione parte dal territorio pisano, per poi aprirsi a cantine nazionali: ci interessa proporre etichette non standardizzate, che evolvono negli anni e sorprendono. Per i percorsi degustativi offriamo abbinamenti al calice, con formule da 3, 4 o 5 calici, pensati per valorizzare i piatti. È una proposta molto apprezzata anche da chi sceglie alla carta, perché consente di godere dell’esperienza senza dover ordinare una bottiglia intera. È un modo per essere più flessibili, anche con le esigenze di chi magari deve guidare e preferisce limitarsi a pochi calici».

I vini di Locnada Sant'Agata
Non mancano però proposte legate alla mixology, sempre coerenti con la filosofia del ristorante: «Durante il Covid abbiamo sperimentato l’asporto: i nostri piatti venivano confezionati, scomposti, pastorizzati e consegnati sottovuoto, in modo che i clienti potessero ricomporli a casa. Da lì è nato Tuscanicum, il marchio della nostra dispensa, con pasta fresca, sughi e anche prodotti alcolici. Abbiamo creato un gin con timo, rosmarino e camomilla, usando botaniche del Monte Pisano, insieme al miele di un produttore locale. Con questo gin realizziamo cocktail che serviamo come aperitivo, nell’attesa del pasto. Non siamo barman professionisti, ma quei pochi drink che proponiamo rispecchiano la nostra filosofia: ingredienti artigianali, territoriali e autentici».

Alcuni liquori della dispensa di Tuscanicum
Chi è Nicola Micheletti
Nicola Micheletti è un giovane chef di spicco della nuova gastronomia toscana, riconosciuto per aver ideato la filosofia dell'Alta Cucina Contadina, un'idea fondata sui pilastri di Terra, Territorio e Tradizione. Cresciuto tra i fornelli del ristorante di famiglia, il celebre "Vecchio Dado" a Pisa, Micheletti ha sviluppato una profonda passione per la cucina e una comprensione del legame indissolubile tra cibo e territorio.
Nicola Micheletti
Questa visione è culminata nel 2010 con l'apertura della Locanda Sant'Agata a San Giuliano Terme (Pi), un progetto di ospitalità e ristorazione ecocompatibile che celebra la Toscana attraverso ingredienti a chilometro zero. La sua “Alta Cucina Contadina” eleva i sapori rurali con principi cardine che includono l'uso di ingredienti a “metro zero”, il recupero di varietà antiche, e l'applicazione di tecniche moderne al servizio di sapori autentici. La sua dedizione alla qualità e alla biodiversità gli è valsa, la menzione nella Guida Michelin 2025.
SS12 Km5+812 56017 San Giuliano Terme (Pi)