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L’Argine a Vencò

Antonia Klugmann riapre il ristorante dopo l’alluvione. E chiede più sicurezza alla Regione

La chef triestina torna in cucina dopo giorni passati nel fango e mesi di lavoro ancora da affrontare. Per lei, l’alluvione ha rivelato fragilità strutturali del territorio, riaprendo il dibattito sulla gestione dei fiumi

 
29 novembre 2025 | 11:42

Antonia Klugmann riapre il ristorante dopo l’alluvione. E chiede più sicurezza alla Regione

La chef triestina torna in cucina dopo giorni passati nel fango e mesi di lavoro ancora da affrontare. Per lei, l’alluvione ha rivelato fragilità strutturali del territorio, riaprendo il dibattito sulla gestione dei fiumi

29 novembre 2025 | 11:42
 

Sabato 29 novembre, L’Argine a Vencò ha rialzato la saracinesca dopo l’alluvione che, tra il 16 e il 17 novembre, aveva messo in ginocchio il ristorante immerso nei boschi di Dolegna del Collio, in provincia di Gorizia. In poche ore, ricordiamo, l’acqua del fiume Judrio aveva invaso il piano terra, raggiungendo la sala, la cucina e le camere appena sistemate. Antonia Klugmann aveva raccontato tutto sui social, chiedendo aiuto mentre il fiume usciva dall’alveo e la corrente, in piena notte, rendeva impossibile anche l’evacuazione.

Antonia Klugmann riapre il ristorante dopo l’alluvione. E chiede più sicurezza alla Regione

La chef Antonia Klugmann

Il ritorno ai fornelli dopo l’alluvione

Ma ora, a distanza di quasi due settimane, la chef triestina è finalmente tornata ai fornelli dopo giornate intere trascorse a svuotare locali, togliere fango e recuperare quello che si poteva salvare. La possibilità di riaprire le dà almeno un po’ di ossigeno: «Sono contenta» ha detto in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, anche se - ovviamente - «negli ultimi giorni sono purtroppo saltate centinaia e centinaia di prenotazioni». Una ripartenza che porta con sé sollievo e fatica, perché L’Argine non è semplicemente un ristorante: è una casa costruita pezzo dopo pezzo, e vederla ferita in quel modo ha lasciato un segno difficile da archiviare.

Danni, ricostruzione e mancanza di sicurezza del territorio

E proprio guardando la sala riordinata alla meglio, con un pavimento provvisorio posato per permettere almeno di accogliere i clienti, la chef prende misura dei danni reali. L’acqua e il fango hanno raggiunto i quaranta centimetri in tutto il piano terra, colpendo cucine, attrezzature e camere appena rinnovate. Tre stanze su sette oggi sono agibili, mentre tutto il resto richiederà mesi di asciugatura e una serie di decisioni definitive sui materiali da utilizzare. Il conto economico non è stato ancora chiuso, ma la sensazione è chiara: sarà un lavoro lungo, lunghissimo, da affrontare con pazienza e senza scorciatoie.

Antonia Klugmann riapre il ristorante dopo l’alluvione. E chiede più sicurezza alla Regione

Il ristorante allagato

Il nodo principale, però, riguarda ciò che sta fuori dalle mura del ristorante. L’alluvione è infatti arrivata con una violenza che in valle nessuno ricordava. In poche ore sono caduti 340 millimetri di pioggia, un terzo dell’intero accumulo annuale, e tre corsi d’acqua sono esondati nello stesso momento. «A memoria d’uomo una cosa del genere in zona non si era mai verificata» ha ricordato Klugmann, consapevole che la portata dell’evento non può essere attribuita al destino. La chef punta il dito su un problema che in molti in Friuli conoscono bene: la scarsa manutenzione dei fiumi, la presenza di alberi in alveo, l’assenza di un monitoraggio costante. Elementi che, sommati a fenomeni meteorologici sempre più estremi, trasformano un fiume di valle in un rischio reale per chi ci abita accanto.

La sua riflessione guarda oltre il singolo episodio. Antonia, infatti, sostiene da tempo una visione del paesaggio che non si esaurisce nell’estetica o nell’attrattiva turistica. È un luogo abitato, coltivato, attraversato ogni giorno da chi ci vive e lavora. «Un ristorante visibile come il mio, circondato da boschi e fiumi, ha la responsabilità di parlare di questi temi» ha spiegato. E chiede che la Regione prenda sul serio la necessità di mettere in sicurezza territori come il Collio, perché l’impatto di fenomeni simili - se ripetuti - rischia di mettere in ginocchio realtà che rappresentano un tessuto economico e sociale già fragile.

La solidarietà e il valore di una comunità

In mezzo al caos, però, c’è stata una risposta che la chef non si aspettava: la solidarietà. Dopo aver raccontato l’alluvione sui social, colleghi, amici, giornalisti e clienti hanno iniziato a scriverle, offrirle aiuto, presentarsi sul posto. «Non me l’aspettavo» ha ammesso. Una disponibilità che l’ha sorpresa e commossa, forse perché L’Argine non è una struttura alle spalle della quale c’è un gruppo, un investitore, un fondo. È un ristorante di campagna con 22 coperti e 15 dipendenti, che vive del proprio lavoro quotidiano. «Mi sono chiesta il perché di questa generosità, e mi sono detta che probabilmente le persone hanno capito che tipo di ristorazione è la mia: una ristorazione senza grandi gruppi dietro, basata sul lavoro e la fatica».

Ed è proprio da questa relazione diretta, quasi familiare con il suo pubblico, che nasce la voglia di rimettersi subito in moto. In cucina stanno già lavorando su alcune novità, tra cui un secondo piatto a base di manzo con vinacce di uve bianche e un nuovo brodo che accompagnerà la salsa che stanno mettendo a punto. Non un annuncio roboante, ma il modo più naturale per ricominciare: ripartire dal cibo, dal gesto quotidiano che tiene in piedi L’Argine da quando ha aperto. La strada verso la ricostruzione è ancora lunga. Ma Antonia Klugmann, che ha visto l’acqua superare l’argine nella notte e ha temuto di perdere tutto, oggi si muove con un’energia diversa. La paura resta, ma accanto a quella c’è la riconoscenza per chi ha teso una mano e la volontà di non rinunciare al suo luogo. Riparte da qui, da un ristorante provvisorio e imperfetto, ma vivo. E in fondo è questo che conta davvero.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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