Paolo Cappuccio, chef stellato è finito al centro di una nuova polemica a seguito della pubblicazione di un post sul proprio profilo Facebook, datato 8 luglio 2025, considerato discriminatorio e per il quale lo chef è stato duramente attaccato sui social, ma Cappuccio si difende sostenendo di essere stato frainteso e denuncia di aver ricevuto anche «minacce di morte».

Lo chef Paolo Cappuccio nella bufera per un post social
Il post di Paolo Cappuccio: cosa è successo
L’annuncio era finalizzato alla ricerca di personale per un hotel in Val di Fassa in vista della stagione invernale: in particolare si cercavano uno chef, tre capi partita e un pasticcere, con stipendi indicati tra i 2.000 e i 4.000 euro mensili. A suscitare forti critiche non è stato l’aspetto contrattuale, quanto i contenuti del messaggio. Nel post, infatti, comparivano affermazioni esplicite come: «Sono esclusi comunisti/fancazzisti. Master chef del c***o ed affini. Persone con problemi di alcol, droghe e di orientamento sessuale». Il post è stato successivamente rimosso, ma era ormai stato ampiamente diffuso sui social, scatenando le reazioni indignate della comunità digitale.
Non è la prima volta che Paolo Cappuccio viene segnalato per l’uso di un linguaggio divisivo in fase di selezione del personale. Già nel 2020, in occasione di un'altra campagna di reclutamento per la stagione estiva a Caorle, lo chef aveva utilizzato espressioni dai toni simili, attirando reazioni critiche da parte della community online. All’epoca, come oggi, venne contestata la natura discriminatoria dell’annuncio.
Paolo Cappuccio si difende: mai discriminato nessuno
Cappuccio, però, non ci sta a passare per omofobo. «Conosco molte persone omosessuali e non ho mai discriminato sessualmente nessuno. Il mio post non si riferiva alle scelte sessuali che ognuno è libero di fare, ma al fatto che in passato mi è capitato di avere in brigata pedofili e non voglio averci più nulla a che fare». E sul fronte "comunista" del post, lo chef non fa mistero di «essere sempre stato di destra» per cui rivendica «il diritto di esprimerlo in ogni contesto».

Lo chef Paolo Cappuccio si difende dicendo di non aver mai discriminato nessuno
Nato a Napoli nel 1977, Cappuccio ha costruito la propria carriera in alcune delle più rinomate cucine italiane, tra cui La Casa degli Spiriti e La Stube del Bio Hotel Hermitage. Riconosciuto a livello internazionale, ha collezionato premi e incarichi di prestigio, dedicandosi negli ultimi anni prevalentemente alla consulenza gastronomica per strutture ricettive di fascia alta.
Post di Cappuccio, La Casa degli Spiriti si dissocia
La Casa degli Spiriti, dove Cappuccio ha lavorato, attraverso un comunicato «si dissocia nella maniera più assoluta dalle recenti dichiarazioni dello chef Paolo Cappuccio. Giudichiamo, come Casa degli Spiriti, queste affermazioni discriminatorie e inaccettabili, diametralmente opposte dai valori della nostra realtà, sia ieri che oggi. Ci teniamo altresì a precisare che chef Paolo Cappuccio ha lavorato come executive chef nella nostra realtà oltre un decennio fa. La sua opinione è da ritenersi del tutto autonoma, estranea alla nostra attività e contraria alla nostra etica».
«La proprietà - conclude la nota - si dissocia da qualsiasi forma di discriminazione etnica, razziale, politica o sessuale. La Casa degli Spiriti, infatti, si fonda, fin dalla sua apertura 30 anni fa, su principi di inclusività, rispetto e accoglienza. Sempre validi sia nei confronti dello staff sia dei clienti. Crediamo nella libertà e nella dignità delle persone, senza alcuna distinzione. La Casa degli Spiriti ha come principio fondamentale quello della tutela dei propri dipendenti, e nemmeno lontanamente avallerebbe pregiudizi per sesso, etnia, orientamento di genere o politico».