Il surimi è uno di quegli alimenti che tutti abbiamo visto almeno una volta nel banco frigo, riconoscibile per quei cilindri arancioni e bianchi che imitano il colore del granchio. Eppure, pochi sanno davvero di cosa si tratta. È un prodotto che genera curiosità proprio perché resta in una zona grigia: familiare nell’aspetto, ma spesso sconosciuto nella sostanza.

Il surimi
Cos’è davvero il surimi e da dove arriva
La parola viene dal giapponese e significa “pesce tritato”. È una definizione diretta che racconta l’essenza del surimi: una polpa lavorata ottenuta da diverse specie ittiche, in genere pesci bianchi dal valore commerciale contenuto. La carne viene lavata più volte, privata delle parti grasse e poi mescolata con amidi e addensanti. Successivamente è modellata, cotta e arrotolata fino a ottenere i classici cilindri con l’esterno arancione. In Giappone, dove nasce secoli fa, era un metodo per conservare più a lungo la polpa di merluzzo. Poi, negli ultimi trent’anni, il prodotto ha superato i confini asiatici e si è affermato soprattutto in Europa.
Valori nutrizionali: che cosa contiene realmente
Per capire cosa offre dal punto di vista nutrizionale, basta guardare alla composizione di 100 grammi: circa 99 calorie, con una netta prevalenza delle proteine (15,2 g) e una quota contenuta di grassi (0,9 g). I carboidrati sono 6,8 grammi, mentre l’acqua rappresenta la parte più consistente. Non è un alimento che punta alla ricchezza nutrizionale, ma garantisce un buon apporto proteico e grassi in minima parte, in prevalenza polinsaturi. Il quadro dei micronutrienti è essenziale ma ordinato: fosforo, magnesio e potassio sono presenti in quantità significative, insieme a piccole dosi di calcio, ferro e zinco. Quanto alle vitamine, come riferiscono i colleghi di Humanitas Salute, compaiono tracce di vitamina A, vitamina E e alcune vitamine del gruppo B. Una presenza discreta, coerente con la natura di un prodotto lavorato.
Quando mangiarlo e a chi può dare problemi
Sul piano pratico, il surimi è disponibile tutto l’anno e arriva già cotto, quindi risulta comodo in molte preparazioni fredde: dalle insalate ai poke. Tuttavia, non è adatto a tutti: chi è celiaco, chi ha un’intolleranza al pesce o patologie alle ossa dovrebbe evitarlo. Inoltre, il contenuto di sodio è relativamente alto, motivo per cui è sconsigliato per persone con ipertensione o problemi renali. Non sono limiti sorprendenti: si tratta di caratteristiche comuni a molti alimenti trasformati, perciò leggere l’etichetta aiuta a gestirne il consumo.

Il surimi è disponibile tutto l’anno e risulta comodo in molte preparazioni fredde
Sul fronte della sicurezza alimentare, la lavorazione e la pastorizzazione riducono molto il rischio di contaminazioni. Le criticità emergono solo in caso di uso improprio di additivi o conservanti, ma si tratta di scenari legati a produzioni non conformi. Con prodotti certificati, il rischio è basso.
Un alimento moderno con una storia che merita di essere conosciuta
In sintesi, il surimi è un alimento ibrido: utile nelle preparazioni veloci, leggero e relativamente proteico, ma lontano dal valore nutrizionale del pesce fresco. È un’opzione possibile, da inserire nella dieta con equilibrio e con la consapevolezza di ciò che contiene. Più che un mistero da svelare, è un simbolo della modernità alimentare: nasce da una tecnica antica, si è trasformato in un prodotto industriale e continua a incuriosire perché racconta, nel suo piccolo, come la cucina cambi quando incontra tecnologia, necessità di conservazione e nuovi mercati. Un alimento semplice all’apparenza, con una storia che scorre sotto traccia e che vale la pena conoscere prima di portarlo in tavola.