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Acque per la ristorazione Anche l’occhio vuole la sua parte

di Gabriele Ancona
vicedirettore
 
22 giugno 2019 | 10:57

Acque per la ristorazione Anche l’occhio vuole la sua parte

di Gabriele Ancona
vicedirettore
22 giugno 2019 | 10:57
 

Quello dell’acqua è un settore in crescita da 30 anni, che oggi ci vede consumare circa 225 litri procapite l’anno. L’acqua minerale italiana, nelle sue diverse declinazioni, piace.

Su una produzione totale di 14.800 milioni di litri, l’export vola quasi al 10%: 1.350 milioni di litri. Siamo i secondi al mondo. Esistono in particolare quattro categorie: acque minimamente mineralizzate (sali inferiori a 50 mg/l), acque oligominerali (sali compresi tra 51 e 500 mg/l), acque medio minerali (tra 501 e 1.500 mg/l), acque ricche di sali minerali (superiori a 1.500 mg/l).

(Acque per la ristorazione Anche l’occhio vuole la sua parte)
Acque per la ristorazione

Nelle acque minerali possiamo trovare diversi valori di elementi come sodio, potassio, calcio, magnesio, nitrati, fosfati, bicarbonati, determinati dalle zone, dai terreni e dal viaggio che l’acqua percorre durante il suo ciclo. È la loro combinazione elementi che conferisce a ogni acqua minerale l’identità, il gusto, l’utilizzo e l’abbinamento con il cibo.
 
In occasione della Giornata mondiale dell’acqua, istituita dall’Onu e celebrata ogni anno il 22 marzo, l’Istat fornisce un focus annuale e tematico. Dagli ultimi dati emerge che il 70% delle famiglie italiane compra acqua minerale. Una tendenza che si riverbera nella ristorazione, dove le aziende, ormai da un paio di decenni, studiano bottiglie e formati all’avanguardia. L’acqua minerale deve essere infatti anche bella da vedere, custodita in pack di design ed ergonomici.

Pur valorizzate dalle bottiglie, le acque minerali non sono però tutte uguali. Colore, odore e sapore sono parametri precisi, che variano da una all’altra. Ciascuna possiede proprietà e indicazioni ben precise, in grado di rispondere alle personali esigenze di ogni consumatore. Il nostro palato poi è in grado di percepire chiaramente il diverso sapore fra un’acqua e un’altra, che dipende dalla diversa mineralizzazione e viene influenzato dal pH e dalla percentuale di anidride carbonica disciolta.

Dal 2002 l’Associazione degustatori acque minerali (Adam) ha avviato un’attività didattico-informativa mettendo a fuoco gli abbinamenti con la cucina. Da questo lavoro è nata la “Carte delle acque”, non un elenco di etichette, ma uno strumento in grado di fornire il giusto abbinamento con il cibo. La carta comprende una selezione rappresentativa di tutte le categorie e costituisce un mezzo per valorizzare l’acqua minerale quale elemento di pregio della ristorazione.

Ogni alimento ha la sua acqua, da quella delicata a quella più corposa, a quelle connotate da diverse intensità di bollicine. Un piatto poco strutturato, per esempio, predilige un’acqua minerale con residuo fisso basso, mentre uno ricco, dalla grande struttura, una minerale con residuo alto.

Al ristorante, la domanda “gassata o naturale?” equivale al “bianco o rosso?” riferito ai vini: un interrogativo senza senso. La nascita della figura dell’idrosommelier, che sta contribuendo a formare una cultura diffusa in materia, è stata un’evoluzione obbligata. Competenza e consapevolezza per arginare superficialità e scarsa conoscenza. I corsi organizzati da Adam sono articolati in tre livelli, affinché non si parli più di acqua, ma di “acque”.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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