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I mieli (unici) dei monti del Matese diventano Presidio Slow Food

Cinque apicoltori campani custodiscono alveari oltre i 600 metri, producendo mieli unici che raccontano la biodiversità del “nuovo” Parco nazionale del Matese e un modello di apicoltura sostenibile

 
16 ottobre 2025 | 12:48

I mieli (unici) dei monti del Matese diventano Presidio Slow Food

Cinque apicoltori campani custodiscono alveari oltre i 600 metri, producendo mieli unici che raccontano la biodiversità del “nuovo” Parco nazionale del Matese e un modello di apicoltura sostenibile

16 ottobre 2025 | 12:48
 

Quanta lietezza, quanta gioia prorompente nell’assistere consapevolmente al rinascimento del Parco del Matese. Parco che, precisiamolo bene, nella scorsa primavera ha assunto lo status di Parco nazionale, con quanto conseguentemente ciò comporta in termini di diritti - qui intesi come finanziamenti ma non solo - e di doveri, da intendere come rispetto di nuove regole, irrobustimento della coscienza collettiva dei matesini circa la consapevolezza di essere membri di una comunità che vive in un territorio prezioso, protetto e, soprattutto (!), da proteggere ulteriormente ai fini di uno sviluppo sostenibile.

I mieli (unici) dei monti del Matese diventano Presidio Slow Food

I paesaggi del Parco del Matese, tra Campania e Molise

Il miele dei prati matesini

A riprova di ciò, gran bella notizia: la tenacia di cinque apicoltori matesini che mantengono gli alveari a oltre seicento metri di altitudine, sul versante campano del Parco nazionale. Ne sortiscono mieli che, senza le praterie matesine ricche in biodiversità floreale e arbustiva, semplicemente non esisterebbero. Narrare il miele può avere approccio didascalico, e va pure bene, e allora si comincia con la descrizione del colore, e poi della consistenza, e poi ancora del sapore e dell’odore. E poi si raccontano le varietà di miele e pertanto le piante che, stante il ruolo insostituibile delle api, innescano il processo di produzione. Quindi, il timo, la santoreggia, i fiori dei faggi, dei lecci, degli abeti rossi.

Il Presidio Slow Food del Matese

«Il Matese è un massiccio carsico dell’Appennino centro-meridionale, diviso a metà tra Campania e Molise, e dalla scorsa primavera è Parco nazionale» ricorda Vincenzo D’Andrea, referente Slow Food del Presidio. L’area del Matese comprende cime montuose che raggiungono i duemila metri, ma non solo: «Ci sono le doline, le tipiche conche dovute alla dissoluzione della roccia, e abbondano i prati umidi, grazie soprattutto alla presenza di acqua nel sottosuolo». Il Presidio Slow Food, che coinvolge cinque produttori tra le province di Caserta e di Benevento, valorizza il lavoro degli apicoltori che mantengono gli alveari in un ambiente ricco in biodiversità, sia animale sia vegetale, e dove la presenza dell’uomo resta ancora oggi limitata.

I mieli (unici) dei monti del Matese diventano Presidio Slow Food

I mieli dei Monti del Matese diventano Presidio Slow Food

«Sono realtà agricole che definire piccole è riduttivo, sono proprio minuscole - spiega D’Andrea. Producono mieli di montagna: il disciplinare di produzione stabilisce un’altitudine minima di seicento metri, dove la vegetazione comincia a cambiare». Qui crescono piante come il trifoglio, il timo, il cardo, il tarassaco, la santoreggia, arbusti come i ciliegi selvatici, i biancospini, gli agrifogli, e alberi come i pini neri, i faggi, i lecci, gli abeti rossi. Le api bottinano le fioriture, regalando prodotti eccezionali e ogni anno diversi.

Antonella Eduardo e l’apicoltura orizzontale

Antonella Eduardo è la referente dei produttori: «Le api si nutrono soltanto di nettare selvatico e la mia azienda pratica un’apicoltura stanziale - racconta. Gli apiari si trovano a circa novecento metri: da un lato il vantaggio è che qua il territorio è davvero incontaminato, i prati sono incolti, non si pratica agricoltura né la semina dei fiori. Dall’altro, però, a questa altitudine fa più freddo e le api cominciano a bottinare le fioriture un mese più tardi rispetto alle zone di pianura». Il miele, prosegue, «viene lavorato a freddo, non pastorizzato: così conserva vitamine, sali minerali ed enzimi». Chi pastorizza, spesso lo fa per ragioni commerciali: «I mieli pastorizzati non cristallizzano, restano sempre liquidi, e spesso il cliente tende inconsapevolmente a preferirli».

Con una laurea in Beni culturali, Antonella ha scelto comunque la via dell’apicoltura: spinta dalla curiosità si è iscritta a un corso e, dopo una manciata di anni come hobbista, ha scelto di farne un mestiere. «Pratico un’apicoltura orizzontale: significa che il melario, anziché essere sovrapposto all’arnia, ne è parte integrante su un lato - spiega. In questo modo cerco di assecondare il comportamento naturale delle api, che tendono a espandersi in orizzontale. Oltretutto, quando occorre fare un’ispezione, l’arnia non viene aperta del tutto, ma solo nelle piccole porzioni che si vanno a visitare: così le api rimangono più tranquille».

I mieli (unici) dei monti del Matese diventano Presidio Slow Food

Le api del Parco nazionale del Matese

Come Antonella, anche gli altri produttori del Presidio vivono e lavorano nell’area del Parco nazionale: «Abbiamo voluto favorire l’apicoltura stanziale e i produttori locali, per questo abbiamo scelto di coinvolgere solo chi ha l’azienda nei comuni dell’area protetta - aggiunge D’Andrea. Per non depauperare la risorsa floreale che in altura è ridotta, abbiamo stabilito anche che ciascun apiario non possa avere più di 25 alveari e che tra un apiario e l’altro vi siano almeno cinquecento metri di distanza. Non possiamo permetterci di innescare una competizione tra le api mellifere e gli impollinatori selvatici: bombi, osmie e farfalle sopravvivono grazie al nettare e al polline proprio come le api».

Guai a trasformare l’apicoltura in una pratica intensiva, il suo monito: anzi, la speranza è che il nuovo Presidio Slow Food dei mieli dei prati dei Monti del Matese possa «incoraggiare a tornare a un approccio estensivo anche chi, sull’Appennino, alleva ovini, caprini e bovini». È proprio vero che il tanto bistrattato Appennino va considerato risorsa preziosa del nostro Bel Paese.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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