Montalbano Elicona, in provincia di Messina, è un borgo medievale siciliano perfettamente conservato. Le sue prime notizie risalgono al IX secolo e il nome deriverebbe dal latino Mons Albus (monte bianco, innevato) oppure dall’arabo al-bana (luogo eccellente). Un centro noto per l’imponente castello costruito da Federico II di Svevia nel XIII secolo, per le vie in pietra e per un’atmosfera storica rimasta intatta nel tempo, tanto da essere inserito tra i “Borghi più belli d’Italia” e proclamato “Borgo dei Borghi” nel 2015.

Il borgo di Montalbano Elicona, in provincia di Messina
Il Manzapanettum: una storia poco conosciuta
Di Montalbano Elicona abbiamo già scritto anche in precedenza, raccontandone il legame con Federico III di Sicilia, le rievocazioni storiche e la cucina aragonese. Ma c’è un aspetto poco noto, e certamente non comune, che merita attenzione: secondo fonti storiche, infatti, circa 700 anni fa proprio a Montalbano Elicona sarebbe stato inventato il panettone, allora chiamato Il Manzapanettum (panfarcito). Un termine di chiara origine musulmana, che significherebbe “contenitore”. Un nome che, pur apparendo distante dal dolce milanese, presenta invece una sorprendente continuità non solo negli ingredienti, ma anche nella forma, nei tempi di cottura e, soprattutto, nella documentazione storica che ne attesta l’esistenza.
Le fonti storiche e le prime testimonianze
Le prime testimonianze risalgono alla seconda metà del XIV secolo e sono attribuite a un viaggiatore palermitano diretto a Messina. Le sue annotazioni sono custodite negli archivi della Chiesa dell’Immacolata, in viale Boccetta a Messina. In questi scritti, oltre alla descrizione del dolce, vengono indicati anche i prezzi delle materie prime utilizzate, tra cui una sostanza dolcificante simile al miele, estratta da una canna introdotta dagli arabi prima dell’anno Mille. Una pratica che fu poi ripresa e sviluppata dall’imperatore Federico II di Svevia.

Il Manzapanettum (panfarcito)
Nel Medioevo, la produzione di dolci era infatti un’attività diffusa e regolamentata: i signorotti ne organizzavano la produzione per la vendita, anche sulla base di normative valide erga omnes, rivolgendosi ai “golosi” locali e contribuendo così a rimpinguare le casse delle signorie. Non a caso, tracce scritte del Manzapanettum compaiono in documenti successivi: nel 1422 a Trapani, nel 1444 a Corleone e nel 1455 a Palermo.
Dal Manzapanettum al panettone lombardo
Solo oltre un secolo più tardi compare invece il dolce lombardo, preparato per arricchire un banchetto organizzato dal duca Ludovico il Moro. In origine venne chiamato “pane di Tögn”, dal nome dell’aiuto cuoco Toni, come riportato a pagina 283 del supplemento Arabismi medievali in Sicilia di Girolamo Caracausi. A testimonianza del radicamento culturale del Manzapanettum in Sicilia, resta anche un proverbio popolare: “Tintu è cu nun mancia a notti ri Natali u Manzapanettum ca famigghia”, ovvero: “Meschino è chi la notte di Natale non mangia il Manzapanettum con la famiglia”.

Ingredienti, preparazione e memoria gastronomica
La preparazione prevede di impastare acqua, zucchero e tuorli d’uovo nelle stesse quantità. A questi si aggiungono la pasta madre e il burro, lavorando l’impasto per circa trenta minuti. Segue una lunga lievitazione di circa dodici ore, o comunque fino a quando l’impasto non triplica di volume. Successivamente si incorporano uva passa e mandorle tostate, si impasta nuovamente e si lascia riposare per almeno altre tre ore. Dopo la cottura in forno, il dolce viene ricoperto con una giulebba e decorato con mandorle e frutta candita.