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lunedì 15 dicembre 2025  | aggiornato alle 18:12 | 116340 articoli pubblicati

A Scirubetta il gelato artigianale tra tradizione, inclusività e sfide di mercato

A Scirubetta a Reggio Calabria il talk sul gelato artigianale ha esplorato qualità, prezzi, inclusività e comunicazione. Esperti e giornalisti hanno raccontato la tradizione, i gusti locali e le sfide del settore

 
15 settembre 2025 | 11:22

A Scirubetta il gelato artigianale tra tradizione, inclusività e sfide di mercato

A Scirubetta a Reggio Calabria il talk sul gelato artigianale ha esplorato qualità, prezzi, inclusività e comunicazione. Esperti e giornalisti hanno raccontato la tradizione, i gusti locali e le sfide del settore

15 settembre 2025 | 11:22
 

«Il gelato artigianale sta vivendo la stessa evoluzione che ha avuto la pizza: forse è ancora a un gradino più basso, ma ha tutto il potenziale, sia nella qualità del prodotto, sia nella comunicazione e nella promozione» ha spiegato Giovanna Pizzi, aprendo il talk a Scirubetta a Reggio Calabria a cui hanno partecipato il direttore di Italia a Tavola Alberto Lupini, Giusy Ferraina (direttore Radio Food, redattrice Gambero Rosso e Identità Golose), Giulia Mancini (collaboratrice Il Gusto - La Repubblica), il maestro cioccolatiere Silvio Bessone e Bruno Gambacorta, ideatore di TG2 Eat Parade . Secondo la relatrice, ciò che i pizzaioli hanno fatto con la pizza in termini di personal branding può essere replicato dai maestri gelatieri. Oggi, infatti, i social e la stampa mostrano un’attenzione crescente verso il gelato, i suoi protagonisti e i gusti legati al territorio, dal bergamotto alla mandorla.

A Scirubetta il gelato artigianale tra tradizione, inclusività e sfide di mercato

L'intervento del direttore di Italia a Tavola Alberto Lupini durante un talk a Scirubetta

Gelato, dal “senza” al “con”

Un tema forte è quello dell’inclusività: «Il gelato deve essere accessibile a tutti, anche con versioni senza lattosio o senza glutine, diventando un prodotto democratico» ha aggiunto Pizzi. Al tempo stesso, ha sottolineato l’importanza di educare il consumatore: «Non basta dire cosa manca, serve valorizzare cosa c’è dentro».

Sul punto è intervenuta Mancini , che ha ribadito: «Siamo passati dagli anni ’80 del “più latte, più gusto”, ai 2000 del “meno”, fino al 2020 del “senza”. È giusto segnalare allergeni o intolleranze, ma il gelato non deve diventare “senza piacere”». Secondo la giornalista, occorre ribaltare la comunicazione: «Meglio dire con limoni di Sorrento, con pistacchi siciliani, con nocciole Piemonte. L’obiettivo deve essere sempre la valorizzazione del gusto e delle materie prime».

Prezzi e materie prime: il nodo di pistacchio e cioccolato

Il tema del prezzo è emerso con forza. Giulia ha provocatoriamente chiesto: «Perché un gelato al pistacchio, che costa tantissimo in materia prima, deve costare quanto un sorbetto al limone?». Un gelatiere presente ha spiegato la logica di mercato: «Il pistacchio vero costa 80-90 euro al chilo, ma in gelateria si applica una media: un “valore promedio”. È un compromesso per semplificare la vendita, anche d’asporto».

Sul tema della qualità è intervenuto il maestro cioccolatiere Silvio Bessone: «Un gelato al cioccolato troppo nero non è garanzia di qualità. Il cacao criollo, il più pregiato, ha un colore nocciola scuro, non nero. Il cacao iper-potassato usato per scurire è spesso di bassa qualità». Per Bessone la ricetta di un buon gelato resta semplice: «Pochi ingredienti, naturali e ben lavorati. È il territorio, la passione e la professionalità del gelatiere a fare la differenza».

Il valore culturale e identitario del gelato

Dal fronte giornalistico, Bruno Gambacorta ha posto l’accento sulla difficoltà di comunicare il gelato in televisione: «A differenza di tiramisù o sfogliatelle, la preparazione del gelato è poco spettacolare. Ci si concentra allora su nuovi gusti, gelati gastronomici o legati al territorio, che risultano più raccontabili».

«Il gelato è una delle poche parole italiane riconosciute a livello globale, insieme a pizza, pasta, caffè, ciao» ha ricordato Alberto Lupini. «A differenza della pizza, che nel mondo è stata snaturata, il gelato mantiene la sua identità italiana. Per questo servono regole e certificazioni che ne tutelino l’artigianalità». Lupini ha anche sottolineato il peso economico del comparto: «Il gelato artigianale vale circa 2 miliardi di euro; sommando l’industriale si arriva a 3, e con l’indotto complessivo a 4,5-5 miliardi. Un settore enorme che va protetto».

L’esempio del Giappone e la sfida del matcha

Guardando all’estero, Gambacorta ha raccontato l’esperienza giapponese: «Non ci aspettavamo di trovare così tanti gelati anche in Giappone. Lì hanno inserito gusti locali, in particolare il matcha, che oggi è ricercatissimo a livello globale». Il tè verde giapponese sta vivendo una vera bolla speculativa: «Il prezzo cresce vertiginosamente, un po’ come per il pistacchio. I turisti, però, non hanno problemi a pagare 3-5 euro per un gelato al matcha». Un segnale di come il gelato resti un prodotto identitario anche all’estero, dove – come ha ricordato Gambacorta – «ovunque continua a chiamarsi gelato».

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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