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Grande potenziale

A Caserta è ora di valorizzare l'eccellenza dell'olio extravergine

La produzione è ampia e di qualità, molte sono le aziende anche storiche impegnate in questo segmento di mercato, ma l'oro verde locale non arriva fino ai ristoranti. Perché?

di Vincenzo D’Antonio
 
05 maggio 2022 | 15:30

A Caserta è ora di valorizzare l'eccellenza dell'olio extravergine

La produzione è ampia e di qualità, molte sono le aziende anche storiche impegnate in questo segmento di mercato, ma l'oro verde locale non arriva fino ai ristoranti. Perché?

di Vincenzo D’Antonio
05 maggio 2022 | 15:30
 

Occhio ai numeri seguenti: circa 20mila piante di ulivo, su circa 80 ettari, per circa 130mila litri di olio. Fossimo in Spagna, e fosse picual la cultivar, staremmo probabilmente parlando di un oleificio con frantoio di piccole dimensioni. E invece i suddetti numeri fotografano nell’insieme ben 5 oleifici, di cui 3 con frantoio, che rappresentano l’eccellenza della produzione olearia della Terra di Lavoro, ovvero l’attuale provincia di Caserta. Attingendo all’edizione 2022 degli Oli d’Italia del Gambero Rosso, potremmo aggiungere che stiamo parlando di 11 oli per un riconoscimento complessivo di 18 foglie. Le cultivar più significative per ambiti di utilizzo sono frantoio, leccino e caiazzana. Menzione specifica per la cultivar sessana da cui si ricava l’olio Dop Terre Aurunche. Un rapido giro in queste cinque belle realtà ci farà poi fare qualche considerazione.

Ettari densi di qualità A Caserta è ora di valorizzare i propri oli

Ettari densi di qualità

 

Tour tra uliveti e frantoi

Nella frazione Casanova del borgo di Carinola, alle pendici del Massico dai cui vigneti si ricava il famoso Falerno, Antonio De Ruosi costituisce la seconda generazione del Frantoio De Ruosi. Da cultivar Itrana, il monocultivar Monte Greci Bio; blend di cultivar Santa Caterina e Leccino per il Solo. Ci si sposta all’interno, nel Parco del Matese dove c’è la piccola realtà di Benedetta Cipriano. Produzione biologica dei suoi due oli.  Koinè Bio monocultivar da Tonda del Matese e Koinè Olivaggio Bio, blend di Frantoio, Leccino, Tonda del Matese e Rosciola.

Andiamo alle falde dei Monti Trebulani, l’antica Trebula è sito archeologico che va visitato. Siamo a Pontelatone, nel frantoio Ragozzino De Marco al cui governo è Giovanni De Marco. Da monocultivar Corniola in coltivazione biologica il Trebula (tre foglie della guida del Gambero Rosso) e poi due oli blend: il Dunum da cultivar Caiazzana, Frantoio, Leccino e il Don Raffaè Bio al cui blend precedente si aggiunge la Corniola.

La bella realtà di Giovanni De Marco si articola con idoneo agriturismo. E ci si sposta a Rocca d’Evandro in poliedrica realtà agricola: Porto di Mola. Il frantoio Porto di Mola, da sola cultivar sessana come da disciplinare, produce l’eccellente Dopo Terre Aurunche monocultivar Sessana. Il giro tra le eccellenze olearie di Terra di Lavoro giunge a compimento nel piccolo borgo di Ruviano, nell’Azienda Olivicola Petrazzuoli, il cui titolare è il pediatra Giovanni Petrazzuoli. L’olio è Fontana Lupo da cultivar Caiazzana, Frantoio, Ortice. Il nome “Fontana Lupo” discende da una fonte in tufo, probabilmente di origine romana, presente sui terreni dove insistono gli ulivi, e dove, appunto, i lupi presenti nei circostanti boschi andavano ad abbeverarsi. 

L'Azienda Olivicola Petrazzuoli A Caserta è ora di valorizzare i propri oli

L'Azienda Olivicola Petrazzuoli

L’Azienda Olivicola Petrazzuoli con il suo “Fontana Lupo” si è aggiudicata la terza medaglia d’oro consecutiva al Nyiooc - International Olive Oil Competition, la competizione che si tiene ogni anno a New York.

 

Tra produzione e consumi

La considerazione finale la facciamo a partire dal dato produttivo: circa 126mila litri di oli ritenuti eccellenti da assaggiatori professionisti. Cosa ne è di questi 130mila litri? Se pensiamo ad un consumo circoscritto alla sola Terra di Lavoro, ovvero al solo ambito provinciale, già siamo in volumi ridicoli: ce ne sarebbero 14cl all’anno per ogni abitante della provincia di Caserta. Un po’ meglio se invece ipotizzassimo un consumo nei soli comuni in cui le aziende olivicole sono ubicate: parleremmo di 5 litri all’anno; almeno sarebbe un volume non risibile. Ma siccome sappiamo bene che nessuno dei due scenari del tutto scolastici risponde al vero, proviamo a capire se a giovarsi in quota considerevole di questo oro verde locale è la locale ristorazione di qualità. Giusto per fare benchmark con chi di marketing delle proprie eccellenze agroalimentari è maestro, ci sentiamo tranquillamente di affermare che praticamente non vi è ristorante toscano di qualità in cui non vi sia utilizzo palesato al cliente, sia in cucina che a tavola (ed anche nelle migliori pizzerie), dei pregevoli e famosi oli toscani.

Oro verde da valorizzare A Caserta è ora di valorizzare i propri oli

Oro verde da valorizzare

La semplice domanda che almeno per adesso rimane senza risposta è la seguente: nella ristorazione di qualità e nelle migliori pizzerie della provincia di Caserta, si fa uso consapevole, sia in cucina che nel servizio a tavola degli eccellenti oli locali? E, posto che la risposta che la risposta sia affermativa, si comunica ciò al cliente? L’offerta è a conoscenza di un potenziale di domanda costituito dal segmento alto dell’Horeca? La domanda conosce queste chicche di eccellenza? Probabilmente nel cosiddetto mismatch tra la domanda e l’offerta risiede parte dell’inespresso valore che l’oro verde potrebbe arrecare con benefica ricaduta su tutta la community.

 

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