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Ogm in Italia, per gli agricoltori serve un grande consenso popolare

Non si ferma la protesta contro la decisione del Consiglio di Stato di dare il via libera al mais Ogm in Italia. Per la Cia (Confederazione italiana agricoltori) è necessaria una grande consultazione popolare: non si possono prendere provvedimenti sulla testa di consumatori e di agricoltori

 
01 febbraio 2010 | 17:53

Ogm in Italia, per gli agricoltori serve un grande consenso popolare

Non si ferma la protesta contro la decisione del Consiglio di Stato di dare il via libera al mais Ogm in Italia. Per la Cia (Confederazione italiana agricoltori) è necessaria una grande consultazione popolare: non si possono prendere provvedimenti sulla testa di consumatori e di agricoltori

01 febbraio 2010 | 17:53
 

Giuseppe PolitiNon si ferma la protesta contro la decisione del Consiglio di Stato di dare il via libera al mais Ogm in Italia. Prima che sia presa alcuna decisione sugli Ogm in Italia «bisogna avviare una grande consultazione popolare: non si possono prendere provvedimenti sulla testa di consumatori e di agricoltori». A dirlo è Giuseppe Politi (nella foto a destra),  presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori che per questo ha invitato il governo a prendere una posizione "chiara" su argomento così delicato.

«Non si possono aprire le porte alle biotecnologie con una sentenza, quella del Consiglio di Stato che pur rispettabilissima ci sembra quanto meno discutibile - ha osservato Politi - e con la quale s'ignorano le prerogative delle Regioni e il parere degli italiani, la maggioranza dei quali, come evidenziano molti sondaggi, si è dichiarata contraria verso il biotech».

Da tempo la Cia sostiene, ha aggiunto Politi, «che l'agricoltura italiana, diversificata, tipica e di qualità, non ha certo bisogno degli Ogm. Ripetiamo, quindi, che la questione va affrontata con la massima chiarezza e soprattutto con il coinvolgimento di tutte le parti interessate, compresi gli agricoltori, proprio per affrontare in maniera adeguata i vari aspetti di questo importante problema. Da qui la richiesta all'esecutivo di esprimersi in modo univoco e non come sta avvenendo ora».

Tra i ministri, ha sottolineato Politi, «emergono posizioni divergenti. Accanto a ciò, va detto che il parere delle Regioni non può essere ignorato, visto che le stesse Regioni su tale tematica, e in particolare sulla coesistenza, ha preso un momento di riflessione, rinviando il documento sulle linee guida in materia».

Quello della Confederazione italiana agricoltori, ha concluso Politi, «è un invito al confronto e al dialogo. Bisogna evitare decisioni affrettate, dettate, oltretutto, da una politica Ue che sugli Ogm ha assunto un atteggiamento non certo coerente. Basta vedere le contrapposizioni e le diversita' di vedute che ci sono tra i paesi membri, la Commissione esecutiva di Bruxelles e il Parlamento di Strasburgo». 

Luca ZaiaAnche il ministro Luca Zaia (nella foto a sinistra) ritornato sulla questione Ogm in un'intervista a Repubblica Tv: «Rispettiamo la sentenza del Consiglio di Stato, ma ricorreremo in tutte le sedi. Faremo opposizione anche perché siamo convinti di rappresentare fino in fondo il volere dei cittadini. E tre cittadini su quattro, in Italia, non vogliono gli Ogm. Le argomentazioni a favore sono semplici: la prima è quella in base alla quale l'agricoltura italiana ci guadagnerà di più. Ma l'esperienza internazionale ci dice che dove si piantano e si coltivano OGM, in realtà, questo non avviene. Non si può pensare di far fronte ai costi di un cinese che è pagato 5 euro al giorno, o di un indiano che è pagato 3 euro al giorno utilizzando gli Ogm. Queste sono bugie. La verità è un'altra: la vera sfida per la nostra economia agricola è quella della tracciabilità e dell'origine. Cioè dare un nome e un cognome alle produzioni».

«Il mondo scientifico è spaccato a metà sugli Ogm, se siano innocui  o meno. Ricordo che la Germania nell'aprile scorso ha sospeso un tipo di mais perché aveva dato problemi alle cavie di laboratorio. Coltivare Ogm significa consegnare il grande patrimonio  dell'agricoltura, ovvero il seme, alle grandi multinazionali. Un contadino mi ha detto: "Pianteremo semi che non daranno vita a semi". Questo vuol dire che dovremmo tornare in laboratorio a comprare i semi. E poi l'Italia con i suoi 4500 prodotti tipici, culla della biodiversità, del mangiar bene, della storia, dell'identità dei territori, non può rimuovere questi valori».


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