Il conto della 'cena con il gatto” si fa sempre più alto per Beppe Bigazzi (nella foto). Dopo alcuni giorni la polemica sulla tradizione 'indigesta” del 77enne critico de La Prova del Cuoco non si ferma. Tra animalisti, colpevolisti e opinionisti la questione sta impazzando sul web. Basti considerare che a oggi il filmato sul nostro canale RistoTv, su YouTube, ha registrato oltre 155mila visite in tre giorni e un migliaio di commenti (vedi sotto). Ma c'è anche chi lo difende. In campo con Bigazzi, i ristoratori.
Tra i primi, come riporta Sapori del Piemonte Blog, l'astigiano Gianni Filipetti di Cassinasco (At) vincitore di un'edizione della gara riservata ai ristoratori inserita nella trasmissione Rai e che ha ospitato il gastronomo per la presentazione astigiana del suo ultimo libro Osti custodi.
«Il polverone e il putiferio che è scaturito dopo la trasmissione di giovedì 11 nella quale Beppe Bigazzi ha affermato che un tempo, nella settimana di carnevale, vi era nella sua Toscana l'usanza di mangiare il gatto - ha detto Filipetti - ha dell'incredibile. Una pioggia di critiche, di mistificazioni, di stravolgimenti che ha portato all'allontanamento di Bigazzi dalla 'Prova del Cuoco”. Che un tempo, almeno oltre 60 anni fa, i gatti anche nell'Astigiano venissero macellati è una cosa storica o perlomeno una usanza abbastanza diffusa nelle nostre campagne».
«I gatti erano considerati soprattutto 'mangiatori di topi”, non venivano tenuti in casa come oggi, ai cani si forniva regolarmente cibo ai gatti no: i gatti dovevano procurarselo da soli essendo degli innati cacciatori. Perciò ai cacciatori i gatti non erano sempre ben visti e erano considerati alla stregua degli animali nocivi, e spesso e volentieri, lontano dalle case abitate, ricevevano anche qualche schioppettata. E se poi qualche gatto ben ingrassato e dopo alcuni giorni di frollatura sotto la neve, finiva nei ravioli a Carnevale, non faceva stracciare le vesti a nessuno né si provvedeva ad attaccare manifesti, semplicemente lo si sottaceva ai commensali».
«Era insomma una civiltà contadina che sapeva gestire con coerenza e buon senso il profondo e diffuso stato di miseria che accumunava tutte le zone rurali della nostra penisola. Fare uno spaccato storico su una tradizione alimentare di quel periodo vuol dire aprire una finestra su una tradizione alimentare rurale che ci appartiene e di cui non dobbiamo vergognarci. Semmai siamo contenti che questo non avvenga più, perché il benessere ci ha ormai esonerati da dover ricorrete a quegli estremi. Questo è quanto Beppe Bigazzi ha coraggiosamente affermato in Tv».
«L'affermazione è stata stravolta - ha sottolineato Filipetti - e, alla luce dei fatti, volutamente mistificata; si è scatenato un vero putiferio, si sono attribuite a Bigazzi parole e cose che assolutamente non ha detto: perché? Indubbiamente quanto successo non è stato gradito dalla potente industria del Pet food. Oggi i gatti sono allevati in casa con cure e attenzioni che non sempre si riservano agli umani: hanno casette, corredi, cibi griffati che rendono felici gatti e possessori, veterinari con studi super attrezzati ecc. Insomma i gatti sono oggi un grande business e questo ha contribuito a cambiare in maniera radicale il rapporto uomo-gatto».
«Si è scatenata una ribellione mediatica che ha coinvolto deputati, associazioni animalistiche al grido 'salviamo il gatto” 'via i gatti dai nostri menu”. Siamo andati fuori tema: Bigazzi queste cose non le ha dette! - ha concluso Filipetti - Il modo con cui è stato 'in tronco e senza appello” allontanato dalla Rai ci lascia perplessi. Sicuramente ora saremo più indifesi dalle seduzioni pubblicitarie del consumismo, ci viene a mancare chi ci cernierava col nostro passato. Ma la speranza è l'ultima a morire e noi siamo fiduciosi e ci auguriamo di poter presto rivedere in Tv Beppe Bigazzi a continuare la sua missione di custode della tradizioni del nostro passato e, perché no, a ritesser ancora le lodi della nostra Langa e dei suoi straordinari prodotti».
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