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Per salvare il settore Ristorazione ci vorrebbe un "Marchionne"

Un Marchionne potrebbe sistemare le cose nel settore, perché il disagio delle aziende dei Pubblici esercizi e del Turismo in generale è ormai al limite della sopportazione. Un primo risultato è la chiusura di ristoranti tradizionali, che erano l’ossatura della storia gastronomica del nostro Paese

di Matteo Scibilia
Responsabile scientifico
 
24 gennaio 2011 | 09:48

Per salvare il settore Ristorazione ci vorrebbe un "Marchionne"

Un Marchionne potrebbe sistemare le cose nel settore, perché il disagio delle aziende dei Pubblici esercizi e del Turismo in generale è ormai al limite della sopportazione. Un primo risultato è la chiusura di ristoranti tradizionali, che erano l’ossatura della storia gastronomica del nostro Paese

di Matteo Scibilia
Responsabile scientifico
24 gennaio 2011 | 09:48
 

Sergio MarchionnePrendo spunto dalle cronache recenti in riferimento alla situazione venutasi a creare all'Hotel Principe di Savoia di Milano: 87 dipendenti tra camerieri e facchini che passeranno sotto una gestione esterna con una diminuzione sensibile di stipendio e di costo di lavoro per l'hotel stesso. Naturalmente premetto che le scelte dell'azienda in questione sono nel pieno della libertà della stessa.

Ecco perché auspico "un Marchionne" (nella foto l'elaborazione grafica di Sergio Marchionne) nel nostro settore, perché il disagio delle aziende dei Pubblici esercizi e del Turismo in generale è ormai al limite della sopportazione. Un primo risultato è una continua chiusura di ristoranti tradizionali, che erano l'ossatura della storia gastronomica del nostro Paese, perché, mentre le grandi aziende hanno possibili vie d'uscita, tipo appunto appaltare all'esterno una serie di servizi, con una conseguente diminuzione dei costi e con una flessibilità evidente, noi piccoli non possiamo seguire questa strada.

Basta notare come i più grandi chef, sia pure in silenzio, stiano passando 'pentole e bagagli” sotto le insegne di grandi alberghi, di aziende del settore vinicolo, della moda, di aziende edili che sempre più costruiscono alberghi, visto che il settore tradizionale degli immobili è fermo. In altri casi, soluzione che io auspico, Alajmo e Peck tra i primi in Italia, hanno trovato soci-finanziatori o, come nel caso di una vincente formula tipo RossoPomodoro, siano passati sotto soci inglesi.

Anche in questo caso le motivazioni sono evidenti, al di là di qualche sconfitta imprenditoriale, sappiamo bene che spesso gli 'artisti dei fornelli” sono cattivi imprenditori, il percorso è intuibile facilmente: mantenere oggi un ristorante è molto difficile, costi altissimi, difficoltà nel reperimento del personale, burocrazia asfissiante, concorrenza altissima e spesso sleale, perché altrimenti chi non riesce a seguire queste strade per conquistare i clienti abbassa i prezzi e di conseguenza la qualità.

Ma come mai nel nostro Paese che vanta storicamente un sistema di piccole aziende, che sono state per decenni motore dello sviluppo economico oggi non riescono più a stare sul mercato? Il ristorante, il bar o la pizzeria sono stati per anni l'occasione di chi voleva mettersi in proprio, oggi sono in difficoltà e dopo la quasi scomparsa delle drogherie e delle salumerie, grazie alla grande distribuzione, sembra sia arrivato il momento dei piccoli tra pubblici esercizi, in fondo una recente indagine del 14 gennaio scorso del Corriere della Sera dove sono evidenziati i fatturati della ristorazione milanese, i piccoli non ci sono, i fatturati sia pure delle singole insegne sono in realtà di aziende importanti del nostro settore. Ma sono grandi aziende.

Perché allora ci vorrebbe un Marchionne nel nostro settore? Perché il malessere che ho descritto sino a ora ha un solo nome, il costo del lavoro e un contratto che non aiuta le piccole aziende mentre in realtà sembra fatto apposta per le grandi, tipo l'albergo sopramenzionato che nonostante tutto, riesce a utilizzare gli ammortizzatori. Basterebbe fare un sondaggio per vedere chi realmente utilizza tra i piccoli i voucher per il lavoro a chiamata o gli apprendisti.

I nostri collaboratori hanno una serie impressionante di diritti sindacali, che nessuno vuole abolire ma forse bisognerebbe modificare, il nostro settore non può più permettersi, pena la chiusura di tanti, mensilità aggiuntive che non esistono in nessun altro paese, ferie che non esistono in nessun altro paese, giorni di malattia incontrollati, festività pagate due o tre volte la paga normale, tasse e un fisco al limite della sopportazione, molti alberghi o aziende della ristorazione collettiva ormai da anni utilizzano i servizi esterni per molte mansioni, obiettivo ridurre in maniera
'pulita” il costo del lavoro e con una flessibilità che il ccnl non prevede, ecco perché vi vorrebbe un Marchionne.

Tutti si sgolano nel far notare come la cucina italiana sia pure premiata, indirettamente, con la dieta mediterranea dall'Unesco, sia una grande risorsa per il nostro paese ma in realtà non si fa nulla per aiutarla. La cucina è un bene del Paese, aspettiamo fiduciosi che qualcuno dia inizio a un cambiamento.


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04/07/2011 12:45:00
2) Oggi creatività e fantasia non bastano più...
Sono perfettamente in linea con Vittorio, il grande sforzo che deve fare il settore in questo momento è quello di sapere innovarsi reinterpretando i centinaia di giacimenti enogastronomici che l'Italia nasconde, diversificando l''offerta che si propone al mercato, proponendo un modello di sviluppo alternativo. Questo è il primo passo che le organizzazioni di categoria dovrebbero fare per proporsi a livello istituzionale con un progetto serio e organico su cui poi confrontarsi con gli organi preposti o il Ministro di turno. Oggi creatività e fantasia non bastano più... per il successo di un settore così sotto pressione c'è bisogno di contenuti e di spezzare la resistenza all'innovazione che spesso frena la crescita e lo sviluppo di circuiti virtuosi.


28/01/2011 15:54:00
1) Le piccole realtà sono le più penalizzate
Sì credo occorra partire proprio dai ragionamenti di Granata e Fusari. è assolutamente vero che - come osserva Vittorio - il sindacato, ma anche la legislazione e il Governo (anzi i governi da sempre) sono tarati sulla grande azienda. Così la piccola o si strozza o trasgredisce, che qualche volta in Italia diventa un eufemismo per non citare gravi irregolarità o reati veri e propri che in altri Paesi - dove le regole sono più accorte - non vengono compiuti o sono più decisamente perseguiti.
Ciao!




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