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Promozione del Made in Italy Serve una strategia unitaria

Emanuele Esposito, executive chef e general manager de “Il Villaggio” a Jeddah, torna a sottolineare la necessità di una sovrastruttura che permetta alle tante associazioni e sigle del settore agroalimentare e della ristorazione di convogliare verso un obiettivo comune energie e risorse economiche

03 febbraio 2011 | 14:38
Promozione del Made in Italy Serve una strategia unitaria
Promozione del Made in Italy Serve una strategia unitaria

Promozione del Made in Italy Serve una strategia unitaria

Emanuele Esposito, executive chef e general manager de “Il Villaggio” a Jeddah, torna a sottolineare la necessità di una sovrastruttura che permetta alle tante associazioni e sigle del settore agroalimentare e della ristorazione di convogliare verso un obiettivo comune energie e risorse economiche

03 febbraio 2011 | 14:38
 



Come ha ampiamente sottolineato il direttore di 'Italia a Tavola” Alberto Lupini nell'ultimo editoriale, quel che serve al nostro Paese in un momento come questo è una struttura sul modello di Sopexa in Francia, che abbia ad un tempo un aspetto istituzionale capace di dare garanzie e sia contemporaneamente espressione di tutte le imprese, le associazioni e i gruppi che vogliono convergere in nome di un'unità d'azione e di una sola bandiera.

Sono troppe le sigle, le associazioni, i consorzi e gli enti che operano nel settore agroalimentare, col rischio di una dispersione delle energie e delle risorse economiche. Dobbiamo poter lavorare tutti per il bene della Cucina italiana e dei prodotti italiani, e un unico consorzio potrebbe essere uno strumento utile e strategico.

A questo proposito si è espresso nuovamente Emanuele Esposito (nella foto), executive chef e general manager de 'Il Villaggio” a Jeddah, in Arabia Saudita. Di seguito riportiamo il suo intervento.

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Emanuele EspositoUn elenco infinito di promozione del Made in Italy: Ministero delle Politiche agricole, Ministero dello Sviluppo economico, Ice, Enit, BuonItalia, Consorzi vari, Accademia cucina italiana, Accademia cucina storica Italia, Associazione cuochi italiani, Federazione cuochi italiani, Gvci, Ciao Italia, Maestri di Cucina italiana, Consorzio Cuochi di Lombardia, Orpi, Uir, Ais, Gri, Associazione pizzerie italiane, Associazione vera pizza napoletana, Associazione nazionale pizzeria e ristoranti...

Potrei continuare all'infinito poiché sotto queste associazioni ci sono altre sigle non meno importanti di quelle elencate, associazioni di categoria locali o regionali. Il punto non è tanto quante ce ne sono (tante sicuramente), il punto è che tutto questo è ridicolo e imbarazzante, perché ciò toglie risorse importanti. Se pensassimo soltanto a quanto spendono i consorzi per promuovere i vari prodotti Dop o Igt durante l'anno, ci accorgeremmo che escono fuori cifre che potremmo investire in cose più serie. Tipo intervenire su quei Paesi che hanno difficoltà a far entrare i nostri prodotti aiutando le imprese di esportazioni italiane con interventi magari sui dazi doganali, su test di laboratorio richiesti da alcuni Paesi, etc.

Potremmo magari mettere sotto lo stesso tendone le varie fiere e magari farne una che gira l'Italia, il Cibus o il TuttoFood possono benissimo essere incorporate e fare un giro d'Italia ogni anno, magari farlo un anno a Napoli, un altro a Catania, partecipare con un unico stand alle varie fiere internazionali, invece che andarci con mille sigle e mille consorzi.

Oltre a ridurre i costi si avrebbe un maggiore risultato e un impatto comunicativo diretto e diverso. Ciò non toglie che i capisaldi delle associazioni o enti rimangono con la loro identità, nessuno vuole rompere l'equilibrio, si vuole soltanto fare cassa per portare a casa risultati veri.

Queste sigle sono pronte alla sfida? Nel 150° anno dell'Unità d'Italia vogliamo ricordarlo con un grande impegno come fu in quel lontano 17 marzo 1861? Io sono pronto e voi? Volete uscire dal vostro orticello o rimanere lì e continuare a racimolare spiccioli per qualche sagra di paese?

Emanuele Esposito


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03/02/2011 10:41:00
4) Cosa sta facendo Buonitalia?
Carissimo dott. Rodrigo,
è certamente una buona notizia che Buonitalia sia ancora viva, peccato che non riesco a ricordare l'ultima iniziativa promossa da quest'ente. Quali sono le strategie per il 2011 che Buonitalia intende portare avanti? Ho provato a collegarmi sul vostro sito, oltre a non essere aggiornato non trovo niente di interessante. Lei ha lavorato presso la Mediaset, certamente un grande gruppo comunicativo, ma mi spiace per lei che sia Buonitalia che il Ministero Politiche agricole in questi ultimi anni hanno perso tanto a livello comunicativo. Mi rendo conto della situazione politico-economica del Paese, ma se guardiamo i numeri in termini di promozioni nel 2010 ci renderemo conto che di risorse ne abbiamo spese. Lei parla di Parmigiani e Grana, e gli altri prodotti? L'Italia non ha solo Parmigiano e Grana, io credo che adesso Buonitalia dovrebbe prendere la sfida di riunire tutti sotto questa bandiera. Lei è disposto ad aprire un tavolo dove riunire tutte le sigle della categoria? è disposto a fare di Buonitalia un grande marchio di promozione dell'Italia? Ha lavorato in un grande gruppo, quindi lei è abituato alle sfide... o vuole solo che buonitalia rimanga una sorta di banca del sostegno, sperperando in alcune attività solo danaro?


02/02/2011 18:06:00
3) Era lo stesso Galan che voleva chiudere Buonitalia. Trasformiamolo nella Sopexa italiana
Caro presidente, sono lieto che lei concordi con me sull'utilità di coinvolgere aziende ed associazioni secondo l'obiettivo che ho indicato per la promozione del Made in Italy a tavola. Mi spiace solo che lo faccia dopo una difesa d'uffico di un ente che il suo Ministro voleva chiudere (vedi articolo del 5 maggio 2010: Galan d'accordo per abolire Buonitalia: «Alla promozione penserà il Ministero» http://www.italiaatavola.net/articoli.asp?cod=15705).
Mi permetto di ricordare che per Galan si trattava di un ente 'inutile”, tanto che aveva sottolineato che mantenere un ente come Buonitalia significa sprecare il 12% degli investimenti del Ministero.
Ora è comprensibile che per gli equilibri politici generali e per evitare quella che sembrava la disfida Galan/Zaia questo ente inutile sia al momento rimasto in vita, ma le chiedo se nel frattempo è cambiata la strategia ? Al momento, magari solo per mio difetto, non ne ho conferme. Di questo sarebbe invece utile parlare per capire come anche le imprese e le associazioni possano ricevere dei benefici e, dopo un'opportuna trasformazione della società, partecipare alla sua gestione. Buonitalia potrebbe diventare benissimo il superconsorzio capace di emulare Sopexa, ma non con il ministero delle Politiche agricole all'80% come socio.
Per quanto riguarda poi le semplificazioni che ho fatto, mi consenta di ricordarle che quale manager del settore sa bene che nella comunicazione contano i concetti forti e a volte, per esprimerne meglio uno, si deve magari sintetizzare. E così ho fatto: è vero che Buonitalia era stata fondata dal Ministro Alemanno, ma chi l'ha in qualche modo sdogata da ente inutile (tantè che l'unico risultato positivo che lei ricorda è appunto di questo periodo) è stato il Ministro Zaia che, nella logica purtroppo della politica italiana, ne ha fatto un carrozzone ricco di soldi affidato a un compaesano del suo partito. E sottolineo questo aspetto non già per populismo ma per sottolineare il vizio tutto italiano di fare gestire alla politica anche operazioni che sulla carta potrebbero essere invece interessanti ed utili.
Le politiche promozionali per Grana padano e Parmiggiano reggiano sono più che utili, ma al sistema Paese serve ben altro. Sono certo che converrà su questo e le offro fin d'ora la massima disponibilità per spiegare e fare conoscere le opportunità offerte da Buonitalia. Non sia mai che ci mettiamo di traverso ad un'iniziativa buona e vantaggiosa.


02/02/2011 17:37:00
2) Buonitalia è attiva ed è utile al Paese

Signor Lupini, in relazione al suo articolo, lei vorrei far presente un paio di cose , che forse potrebbero esserle utili. 
Buonitalia è stata fondata dal Ministro Alemanno nel 2003 , e non dal Ministro Zaia.
Mi sembra fuori luogo definirla un 'carrozzone” , in quanto sono stati fatti molteplici progetti , alcuni piu utili di altri ma senza dubbio con dei successi indiscussi non ultimo quello relativo alla promozione congiunta effettuata con il Parmigiano e Grana nei 5 principali mercati mondiali i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Il Ministro Galan, nell'ottobre 2010, mi ha nominato Amministratore delegato e Presidente di Buonitalia, pertanto direi che ad oggi Buonitalia esiste, vive e produce nell'interesse primario delle aziende italiane di eccellenza.
Condivido invece a pieno lo spirito costruttivo, consultivo con le varie associazioni e l'esempio francese a cui ispirarsi, e le posso garantire che la mia lunga esperienza nel mondo della comunicazione (20 anni del gruppo Mediaset) e nelle vendite hanno la piena intenzione di dare un indirizzo concreto, chiaro, trasparente e soprattutto vincente a Buonitalia, la cui mission, come supporto delle aziende agroalimentari italiane, Le ricordo è nobile ed utilissima per lo sviluppo di un comparto cosi strategico per l'economia italiana.
Cordiali saluti 



01/02/2011 18:58:00
1) Serve una grande manifestazione fieristica!
Come quasi sempre condivido l'idea del signor Lupini. Chissà che magari non si riesca un giorno anche a creare una grande manifestazione fieristica nazionale, magari biennale, nella quale confluiscano Cibus e Tuttofood. Ora le due fiere in competizione (non parliamo delle fierette e fierine che ogni provincia ridicolmente organizza ad ogni pié sospinto) sono depotenziate dal fatto che le aziende di normale dimensione non si possono permettere di sostenere i costi enormi di due fiere importanti. Un'unica manifestazione darebbe risultati al quadrato!




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