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Cova, un’amara lezione di stile

Oggi il brand Italia non poggia più solo sulla moda. È l’enogastronomia una delle nostre punte di diamante. Lvmh lo ha capito e si è accaparrato una chicca che sosterrà la moda che comincia a dare segni di cedimento

di Alberto Lupini
direttore
 
28 giugno 2013 | 15:36

Cova, un’amara lezione di stile

Oggi il brand Italia non poggia più solo sulla moda. È l’enogastronomia una delle nostre punte di diamante. Lvmh lo ha capito e si è accaparrato una chicca che sosterrà la moda che comincia a dare segni di cedimento

di Alberto Lupini
direttore
28 giugno 2013 | 15:36
 

È solo una questione di stile. Che purtroppo stavolta ci è mancato... e i francesi ancora una volta ci hanno dimostrato cosa si deve fare. Questa la lezione, amara anche se riguarda una pasticceria, che si deve trarre dall’acquisizione di Cova, uno dei locali storici di Milano, da parte di Lvmh, il colosso francese del lusso. Superando l’offerta di Prada (che ha un negozio proprio a fianco della pasticceria), l’impero di Bernard Arnault si è preso un’altra stella italiana affiancandola a quelle di altri marchi che rappresentano l’alta qualità e uno stile di vita del nostro Paese, da Pucci a Fendi o Bulgari. La pasticceria dove è nato il Risorgimento meneghino, e che per decenni ha rappresentato un’eccellenza conosciuta in tutto il mondo, vivrà certamente una nuova giovinezza. La nuova proprietà (che manterrà la famiglia Faccioli nella gestione) valorizzerà infatti il marchio sia in Italia che nel mondo, accelerando il programma di apertura di nuovi locali all’estero dopo quelli già realizzati in Estremo oriente.

Il passaggio di proprietà lascia però l’amaro in bocca per alcune modalità. In primo luogo perché quello che avrebbe potuto essere un epilogo quasi naturale (l’ingresso di Prada nella proprietà) sembra sfumato perché Miuccia Prada e Patrizio Bertelli avrebbero avuto più interesse alla location (si parla di vetrine cedute al negozio di abbigliamento) che non al valore aggiunto dato da un’azienda dell’enogastronomia di questo tenore. Considerando i costi al metro quadro della zona, si potrebbe anche giustificare l’obiettivo dei Prada, ma resta la miopia di non comprendere che oggi il brand Italia non poggia più solo sulla moda, ma ha proprio nei marchi e nei prodotti dell’enogastronomia uno dei plus più importanti. Lvmh lo ha capito e si è portato a casa una chicca che rifulgerà accanto ai suoi prestigiosi Champagne e “servirà” a sostenere la moda che oggi comincia a dare segni di cedimento.

Certo il rapporto fra moda ed enogastronomia in Italia non ha ancora preso il giusto corso. Salvo qualche raro caso, finora le grandi griffe hanno cercato di imporsi, con risultati non sempre brillanti. Le vicende dei vari ristoranti di Armani, Trussardi o Dolce & Gabbana, per fare degli esempi, sono lì a dimostrare che si può anche investire molto, ma non è la griffe che garantisce un risultato per i gourmand. Proprio il caso di Cova dovrebbe aprire un confronto su come valorizzare insegne storiche e locali di eccellenza senza per forza farli diventare strumenti promozionali per scarpe o giacche.

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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