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Rosautoctono, 6 denominazioni unite per promuovere il rosato italiano

«Un filo rosa che unisce tutta l’Italia, dal Nord al Sud, per promuovere un vino che nel nostro Paese rappresenta oggi soltanto il 6% dei consumi». Così si è pronunciato Franco Cristoforetti del Consorzio di tutela del Chiaretto e del Bardolino, riassumendo la filosofia di Rosautoctono.

di Sabino Cirulli
26 marzo 2019 | 18:17
Rosautoctono, 6 denominazioni unite 
per promuovere il rosato italiano
Rosautoctono, 6 denominazioni unite 
per promuovere il rosato italiano

Rosautoctono, 6 denominazioni unite per promuovere il rosato italiano

«Un filo rosa che unisce tutta l’Italia, dal Nord al Sud, per promuovere un vino che nel nostro Paese rappresenta oggi soltanto il 6% dei consumi». Così si è pronunciato Franco Cristoforetti del Consorzio di tutela del Chiaretto e del Bardolino, riassumendo la filosofia di Rosautoctono.

di Sabino Cirulli
26 marzo 2019 | 18:17
 

«Un filo rosa che unisce tutta l’Italia, dal Nord al Sud, per promuovere un vino che nel nostro Paese rappresenta oggi soltanto il 6% dei consumi». Così si è pronunciato Franco Cristoforetti del Consorzio di tutela del Chiaretto e del Bardolino, riassumendo la filosofia di Rosautoctono.

Il presidente del Consorzio ha poi precisato che questa italiana dev'essere messa a confronto con «una situazione che vede in Francia ogni cento bottiglie vendute, più di trenta di rosè».

(Rosautoctono, 6 denominazioni unite per promuovere il rosato italiano)

Rosautoctono è l'Istituto del vino rosa autoctono italiano, presentato oggi, martedì 26 marzo 2019, a Roma al ministero delle Politiche agricole, alimentari, forestali e del Turismo. Alla firma dell’atto costitutivo della neo compagine erano presenti oltre a Franco Cristoforetti, neo presidente dell’istituto, Alessandro Luzzago (Consorzio Valtènesi), Francesco Liantonio (Consorzio di Tutela Vini Doc Castel del Monte), Valentino Di Campli (Consorzio di Tutela Vini d'Abruzzo), Damiano Reale (Consorzio di Tutela Vini Doc Salice Salentino) e Raffaele Librandi (Consorzio Vini Cirò e Melissa).

«Abbiamo riunito i sei distretti produttivi più rilevanti nel nostro Paese - spiega Cristoforetti- che in una esperienza unica nel panorama italiano e non, fanno rete per aumentare la competitività del vino rosa sui mercati. Ci sono le denominazioni di origine più importanti, Bardolino Chiaretto, Valtènesi Chiaretto, Cerasuolo d'Abruzzo, Castel del Monte Rosato e Bombino Nero, Salice Salentino Rosato e Cirò Rosato di un comparto che per tradizione e qualità non ha nulla da invidiare ai rosé francesi. Questi sono dominanti sui mercati mondiali, dove si bevono 24 milioni di ettolitri di vino rosato, ma l’Italia deve raggiungere posizionamenti più importanti. Per competere a livello internazionale è necessaria una strategia comune e non muoversi in ordine sparso. Per questa ragione abbiamo deciso di fondare un istituto che rappresenta un traguardo storico, perché ha come fine prioritario una promozione sinergica ed unitaria, dentro e fuori dai confini nazionali, offrendo al comparto una spinta decisiva. Tre sono gli asset su cui si articolerà la proposta: promozione, cultura e formazione».

(Rosautoctono, 6 denominazioni unite per promuovere il rosato italiano)

Nell’incontro si è ricordato come il nostro Paese vanti una tradizione antichissima nella produzione di vino rosato, risalente addirittura ai tempi dei Greci e dei Romani e di come negli ultimi anni ci sia stata una razionalizzazione della produzione che da 5 milioni di ettolitri del 2010 è scesa a 2,3 milioni di ettolitri del 2016, perdendo per strada, a detta dei produttori, una produzione di bassa qualità.

«La nascita di questo Istituto è un segnale importante - commenta Luzzago - per tutto il comparto. La formazione di ambasciatori che sappiano diffondere questa cultura è fondamentale per le sorti di un vino che in Francia recita un ruolo da protagonista. Basti pensare che nell’ultimo trentennio il consumo di rosé dai nostri cugini è passato dal 7% al 33% del totale di vino consumato, superando di gran lunga i bianchi».

Se i consorzi pugliesi hanno posto l’accento sull’importanza della valorizzazione dei vitigni autoctoni, enfatizzandone il carattere identitario, Di Campli ha puntualizzato come «sia arrivato il momento di credere finalmente in questo prodotto. Finora abbiamo peccato in termini di autostima. Una maggiore riconoscibilità sui mercati internazionali è un vantaggio competitivo».

(Rosautoctono, 6 denominazioni unite per promuovere il rosato italiano)

Non può mancare l’impegno anche sul fronte della ricerca e del dialogo con il mondo della ristorazione. «Il vino rosa è uno dei più versatili - afferma Cristoforetti - perfetto negli abbinamenti con i i piatti e le preparazioni tipiche dei territori dove si produce. Lavoreremo perché vi sia sempre più spazio nelle carte dei vini dei ristoranti per le nostre bottiglie. Sia ben chiaro, l’identità non la vogliamo scalfire, anzi. Vino rosa è un cappello al di sopra di tutte le denominazioni che vengono commercializzate. Siamo alla vigilia di un passaggio culturale cruciale. Stiamo costruendo insieme un lessico condiviso. Tutti oggi sanno cosa è il rosé, domani tutti devono sapere cosa è il “rosa”».

All’attività ordinaria dell’Istituto si affiancheranno una serie di azioni mirate, dalle iniziative di comunicazione alla campagne di informazione, dalle collaborazioni con testate e guide di settore alla partecipazione a fiere e manifestazioni fino alla costituzione di un Osservatorio permanente che scatterà periodicamente una fotografia completa del settore anche grazie al supporto di Valoritalia e Federdoc. Dopo una serie di masterclass tenute la settimana scorsa a Dusseldorf nell’ambito di ProWein, l’Istituto si presenterà agli operatori con un suo stand al Vinitaly, a Verona dal 7 al 10 aprile.

foto: Consorzio Valtènesi

© Riproduzione riservata STAMPA

 
 
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