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FoodExp, identità e individuo Ricetta per cambiare il mondo

di Riccardo Melillo
 
20 aprile 2019 | 09:30

FoodExp, identità e individuo Ricetta per cambiare il mondo

di Riccardo Melillo
20 aprile 2019 | 09:30
 

Si è conclusa il 17 aprile la tre giorni di FoodExp, manifestazione all’insegna dei foodchangers, persone che attraverso il proprio lavoro hanno gettato le basi per innescare un cambiamento.

Questa è l’idea che sta dietro all’evento voluto da Giovanni Pizzolante e Sonia Gioia. Cerchiamo di capire quanto abbia colto nel segno. Facciamo un passo indietro, siamo a Torre del Parco a Lecce, e il punto nodale sono le persone, gli individui, che attraverso la propria identità si raccontano sul palco di FoodExp. Niente showcooking dietro a cui nascondersi, nemmeno divise. Ma solo la persona.

(FoodExp, identità e individuo Ricetta per cambiare il mondo)
Alessandro Pipero, Ciro Scamardella, Nicola Ultimo, Antonio Guida, Giovanni Pizzolante, Andrea Aprea, Manuel Tempesta, Valentino Palmisano, Sonia Gioia, Federico Bianconi

Si parte con Franco Pepe, con la sua storia di come creare un percorso di successo (planetario) in un borgo di 5mila anime nell’entroterra casertano. «Sono andato a rintanarmi in un luogo dove ho detto: “qui faccio la mia pizza” - racconta - e su quel disco di pasta ho messo un territorio, il mio territorio. Ho creduto in contadini e produttori che si svegliavano la mattina per fare un lavoro onesto. E oggi con la mia pizza vado a dialogare in tutto il mondo. L’importante, dialogando con i ragazzi, è far capire loro di credere in quello che uno sa fare». E conclude: «Si può cambiare il mondo se alla base ci sono passione e competenza». I tanti studenti dei vari istituti alberghieri pugliesi ne sono rapiti, ascoltano e fanno domande.



È poi il turno di Corrado Assenza, che come Franco Pepe non ha bisogno di presentazioni. Ancora una volta la chiave di lettura sono le materie prime, le persone che le producono. «Cambiare il mondo - spiega - non solo è possibile, ma doveroso. Dobbiamo sempre crederci e renderlo possibile giorno dopo giorno. Piccoli cambiamenti cambiano e cambieranno il mondo. E questo lo si fa costruendosi una propria identità che non sia globalizzata e massificata, ma che sia espressione del proprio essere, dei propri sentimenti e dei propri pensieri, e quindi di individualità. Non ci vuole presunzione ma apertura, per apportare il proprio contributo alla società intera». Mentre è sul palco scorrono le foto che lui stesso fa nei suoi viaggi, di piacere, di ricerca sia di prodotti che di stimoli. Perché, come ricorda, «il km 0 non esiste, esistono i km che devo fare per andare a prendere il bergamotto in Calabria».



Non servono le mode, non serve uniformarsi, serve cercare il meglio attraverso i territori e gli uomini. La caparbietà, la forza di andare avanti contro ogni senso comune. È questa la grandezza di queste persone. Corrado si ferma sul palco per presentare e moderare il prossimo ospite a cui è legato da un profondo rapporto di amicizia: Josko Gravner. La sua visione è tanto semplice quanto determinata: «Non si aggiunge e non si toglie. Prendo ciò che la natura mi dà», stesso principio che sta dietro alla scelta di usare solo viti di Ribolla e Pignolo togliendo gli altri vitigni. Alla domanda rivoltagli dalla platea «Lei crede in Dio?», risponde: «Io ho il mio Dio, che è la Natura».

(FoodExp, identità e individuo Ricetta per cambiare il mondo)

La seconda giornata si apre all’insegna del rapporto tra sala e cucina. E sul palco ci sono Alessandro Pipero e Ciro Scamardella (Pipero Roma), Andrea Aprea e Nicola Ultimo (Vun Milano), Antonio Guida e Manuel Tempesta (Seta Milano), Valentino Palmisano e Federico Bianconi (Vespasia di Palazzo Seneca, Norcia). Parola d’ordine: squadra. Squadra attraverso le singole individualità.

È poi il turno di Riccardo Canella, sous chef al Noma di René Redzepi. L’esperienza di Copenaghen, nata come stage, dura da oltre 5 anni e lì Riccardo ha imparato a «creare qualcosa che duri nel tempo, perché siamo sempre stati abituati a lavorare troppe ore, a venire spremuti fino all’osso. Stiamo cercando di trattare le persone in maniera migliore e ci stiamo prendendo cura di noi. Abbiamo bisogno di persone che si prendano cura l’una dell’altra, è questo secondo me il futuro della cucina».



E ancora a seguire Vincenzo Donatiello, restaurant manager del Ristorante Piazza Duomo di Alba (Cn), che ribadisce la centralità del fattore umano: «Eliminare tutti gli orpelli che non ci servono più e lavorare su tutta quella che è l’immaterialità del rapporto umano tra cliente e uomini e donne di sala. È arrivato il momento di studiare di più i rapporti umani, è arrivato il momento di portare scienze nel nostro lavoro, quindi psicologia, fisiognomica. È arrivato il momento di un grande cambiamento». E aggiunge: «L’individuo al centro non solo come cliente, ma anche come uomo di sala, come donna di sala, come cameriere, come sommelier, come maître, come qualsivoglia nome vogliamo dargli. La centralità dell’individuo è quella che ci porta al racconto, è quella che ci porta al rapporto tra persone, è quella che diventa l’ingrediente in più all’interno di un ristorante, di una struttura di accoglienza».



L’ultima giornata si è conclusa con un percorso sul cibo del futuro e le ultime parole sono state affidate ad Aimo Moroni e ai mattatori della nuova trattoria italiana che hanno usato le stesse parole d’ordine. Aimo, accolto con una standing ovation e trattenuto per i selfie dai ragazzi degli alberghieri, ha raccontato la storia con la “S” maiuscola, di cui anche lui è stato autore e primo interprete, avendo dato dignità a materie poverissime. «Non è il costo a determinare il valore delle materie prime, il filetto è la più sciocca delle carni, ci sono altri tagli meno nobili che invece hanno un sapore più autentico». Questo ha detto, raccontando delle materie prime che andava a cercare per tutta Italia. Una filosofia che tiene conto del buono e quindi semplice e anche sano. «Una grande materia prima si guadagna il perdono di un piatto non eseguito perfettamente sul piano tecnico, ma mai il contrario». È la materia prima che deve parlare.

(FoodExp, identità e individuo Ricetta per cambiare il mondo)

Poi Diego Rossi (Trippa Milano) con il suo quinto quarto, Mazzo (Francesca Barreca e Marco Baccanelli al secolo The Fooders di Roma) con una tavola onnivora e Mezza Pagnotta (I fratelli Montaruli di Ruvo di Puglia) paladini delle erbe spontanee della Murgia. La circolarità del discorso è di fatto la stessa di Aimo: la materia prima. Sempre e comunque. Con l’aggiunta della condivisione totale e “pop”. Dai nomi dei fornitori alle cene a più mani con menu condivisi.

E come in chiusura ci ricorda Giovanni Pizzolante: «Il futuro passa attraverso l’individuo, il fattore umano è l’essenziale nell’industria alberghiera ma non solo, e dobbiamo anche creare un’opportunità e un’educazione nel mondo di chi fa impresa. Foodexp è un contenitore che deve fare questo, nei prossimi due anni avremo la possibilità di generare un progetto più internazionale perché non basta avere una tradizione, un contenuto italiano, ma dobbiamo capire anche come funziona tutto il resto e quindi l’appello è che riusciremo creare un riconoscimento di tutte le nazioni e dare degli input così importanti che possano generare un valore aggiunto».

Hanno colto nel segno? Direi proprio di sì, non ci resta che aspettare i nuovi sviluppi di un evento giovane ma che ha saputo dare fin da subito un segno ben preciso di cosa deve essere l’accoglienza oggi.

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