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Gastronomia "no global" nei centri storici? Dopo Lucca ci prova la Lombardia

27 gennaio 2009 | 13:05
Gastronomia
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Gastronomia "no global" nei centri storici? Dopo Lucca ci prova la Lombardia

27 gennaio 2009 | 13:05
 

Nuovi Kebab o altri ristoranti etnici nel centro storico? No grazie. A Lucca la giunta comunale ha approvato a maggioranza un regolamento comunale che vieta l'apertura di nuovi esercizi e ristoranti di cucina etnica e non italiana. Un giro di vite su locali, bar e ristoranti che difficilmente passerà inosservato. Una polemica simile si era già scatenata qualche mese fa a Bergamo dove Forza Italia e Lega Nord avevano avanzato qualche dubbio sulla regolarità dei venditori di kebab e che giusto oggi rientra nel vivo con la presentazione in Regione della proposta di legge del consigliere regionale Carlo Saffioti per per la regolamentazione dei kebab come di tutti gli altri esercizi artigianali. Una nuova legge che normerebbe nei minimi dettagli attività finora non vincolate da disposizioni severe come quelle applicate ai ristoranti.
«Bisogna uniformare gli orari tra kebab ed esercizi pubblici - spiega Saffioti - questo è il perno su cui si fonda il progetto di legge. Ma non solo, l'obiettivo è definire norme igeniche e sanzioni precise». L'iter, che parte ufficialmente con la presentazione della legge, dovrebbe proseguire spedito e non si esclude che entro febbraio o marzo, il regolamento entri in vigore in tutta la regione.
Se in Lombardia la legge deve ancora essere approvata, in Toscana da tempo hanno messo una pietra sopra l'aggettivo "etnico". A Lucca, come detto, è stato approvato un regolamento che «non ammette l'attivazione di esercizi di somministrazione, la cui attività sia riconducibile a etnie diverse». I divieti non riguardano solo kebab, verranno cancellati anche pizza al taglio, Mc Donald's, fast food, sexy shop. E se a qualche ristoratore venisse in mente di proporre un menu esotico, è caldamente invitato a inserire nella carta «almeno un piatto tipico lucchese, preparato esclusivamente con prodotti comunemente riconosciuti tipici della provincia». «Mi sembra una norma chiara, applicabile anche in Lombardia - continua Saffioti - bisogna tutelare le nostre città, affinché non diventino mercati all'aperto tipo Rimini».
Il regolamento toscano è molto simile a quello proposto da tempo da un altro consigliere regionale lombardo, il leghista Daniele Belotti. «Io l'ho copiato da loro perché sono molto bravi - spiega. Al di là delle ideologie, la domanda è sempre la stessa. Si vuole tutelare il tessuto storico urbanistico e commerciale della città antica oppure si vuole che possa aprire qualsiasi tipo di attività anche in piazze prestigiose delle quali si tutela addirittura il colore delle tende o dei tavolini dei bar? Un ristorante cinese o un sexy shop migliorerebbero il fascino di piazza Vecchia a Bergamo?».


Data la rilevanza del provvedimento di Lucca, riportiamo un articolo tratto da www.corriere.it

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Niente cous cous maghrebino. O pollo al curry made in India. Figuriamoci l'insalata di papaia del Togo. Qui si mangia e si serve italiano. Anzi, rigorosamente lucchese: minestra al farro, castagnaccio, torta coi becchi e via toscaneggiando. E se a qualche ristoratore venisse mai in mente, ma è sconsigliato, di presentare un menu basato su una gastronomia di altri continenti, è caldamente invitato a inserire nella carta «almeno un piatto tipico lucchese, preparato esclusivamente con prodotti comunemente riconosciuti tipici della provincia». Alla faccia della globalizzazione, e forse anche della libertà di fornelli, la giunta di Lucca (Pdl più lista civica) ha approvato a maggioranza un regolamento comunale su locali, bar e ristoranti che difficilmente passerà inosservato. Di fatto, la nuova disciplina (dalla quale si sono dissociati le minoranze Pd e Prc) tira una riga lunga come un'autostrada sulla speranza di aprire ristoranti etnici in centro storico.
In quella porzione di città, cioè, raggomitolata all'interno della splendida cinta muraria, lunga 4 chilometri e tuttora intatta. La norma è difficilmente equivocabile: «Non è ammessa l'attivazione di esercizi di somministrazione, la cui attività sia riconducibile ad etnie diverse». «Un divieto discriminatorio» ha subito tuonato l'opposizione, con il consigliere del Pd Alessandro Tambellini, accusando la giunta di «aver scelto un atteggiamento di chiusura verso le culture diverse, sostituendo alla logica del confronto quella dei no». E ancora: «Il riferimento alle etnie è assolutamente infelice. Cosa vuol dire? Che va Filippo Candelisebene la cucina francese o tedesca, che appartengono al nostro stesso ceppo, e non l'indiana, la cinese o l'araba?». Pure in Regione la pensano così: «Siamo contrari - dice l'assessore regionale al Turismo Paolo Cocchi - a forme occulte di razzismo gastronomico». «Ma quale razzismo! L'unico nostro scopo è quello di tutelare il patrimonio storico del centro»: dalle parti della giunta cadono dalle nuvole, e si arrabbiano anche.

«La norma - spiega l'assessore comunale alle Attività produttive Filippo Candelise (nella foto a sinistra) - risale a una delibera del 2000, che noi abbiamo aggiornato». E comunque, «i divieti riguardano anche pizze al taglio, Mc Donald's, fast food, sexy shop. E non sono applicabili agli esercizi esistenti». Resta quel riferimento alle etnie. «Capisco che possa generare malintesi, ma bisogna considerare che dentro le mura vivono 8 mila lucchesi e ci sono già 5 kebab». E pure il presidente dei ristoratori della locale Ascom, Benedetto Stefani, spezza una lancia in favore della giunta: «Nessuna crociata, si vuole solo tutelare la specificità della nostra cucina, messa in pericolo dalle recenti liberalizzazione del settore ». Il regolamento prevede anche che i camerieri «siano a conoscenza della lingua inglese ». Come si dice bruschetta?

Fulvio Pierangelini Ma alcuni cuochi sono contrari
Fulvio Pierangelini (nella foto a destra) cuoco del Gambero Rosso di San Vincenzo (Li), intervistato sulle pagine del "Corriere della Sera", condanna la decisione: «Non amo i divieti tout court. A mio parere, sarebbe più appropriato non concedere licenze a chi non dimostra di rispettare le regole e la tradizione gastronomica del proprio Paese. Poi c'è la voce controlli. Che vanno fatti periodicamente. Auspico invece che i locali ibridi siano vietati, come le pizzerie-kebab. Che c'entra la pizza con i rotoli di carne allo spiedo?». Ben più duro Vittorio Castellani, in arte Chef Kumalé, che sulle stesse pagine attacca: «Questo non è che l'ultimo di una serie di atti d'intolleranza e di xenofobia. è il sintomo di una società in crisi. In Italia, non in Francia o in Austria, succede che diverse materie prime non vengano sdoganate. Non si tratta di derrate alimentari fuori norma, ma di pregiudizi».
(Scusate, ma perchè mai non hanno vietato anche una catena di fast food? Non è forse più subdolo un fast food di una cucina etnica. O forse è solo più potente...)

Francesco Alberti

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 Adoc: misura che viola la concorrenza
Contro il regolamento adottato a Lucca si schiera anche l'Adoc, Associazione per la difesa e l'orientamento dei consumatori, secondo cui si attua una violazione della concorrenza.« Non condividiamo la scelta del comune di Lucca di discriminare i ristoranti etnici - dichiara Carlo Pileri, presidente dell'Adoc - in quanto si realizza una violazione del libero mercato e della concorrenza. Capiamo lo sforzo di tutelare le tradizioni locali e i piccoli esercizi, ma crediamo che sia più opportuno prevedere interventi fiscali di sostegno e bloccare il costo degli affitti dei locali, dai ristoranti tipici alle botteghe artigianali ai mercati rionali, che mantengono viva la memoria storica delle città. è necessario salvaguardare questo settore del commercio, sempre più in crisi, anche per prevenire un impoverimento economico e culturale dei comuni stessi, ma operando sempre nel rispetto della concorrenza e delle regole di mercato».

Per Adoc continua ad essere grave la crisi dei piccoli esercizi, compressi dalla grande distribuzione. «Da anni stiamo lanciando l'allarme dei piccoli esercizi in grave crisi - continua Pileri - nonostante siano stati in parte responsabili della situazione odierna, quando fu introdotto l'euro. Ma ora sono vittime di un sistema che li sta comprimendo ed escludendo, grazie al boom di hard discount, grandi magazzini, outlet e centri commerciali. Sia per i prodotti alimentari che per i secondari. è in atto una desertificazione delle aree commerciali dei centri storici, dove negli ultimi tempi si sono ridotti di oltre 20% i piccoli negozi, i banchi e gli ambulanti. Occorre trovare delle soluzioni in modo da garantire la loro sopravvivenza».
 

Baccelli, presidente della Provincia: misura che penalizza l'immagine della città
«Come lucchese e come amministratore non condivido lo stop ai ristoranti etnici previsto dal nuovo regolamento comunale sulla somministrazione di alimenti e bevande». è la netta presa di posizione del presidente della Provincia, Dante Baccelli. «La pur condivisibile esigenza di tutelare e valorizzare il centro storico di Lucca, niente ha a che vedere con questo divieto, che anzi rischia di colpire in modo negativo la città - ha continuato. Nelle realtà urbane di tutto il mondo sono oggi presenti ristoranti etnici cinesi, indiani, giapponesi, vietnamiti, messicani, ecc. che riscuotono il favore della gente contribuendo a richiamare visitatori e a garantire vitalità e sviluppo economico.
Inoltre, fatto salvo ovviamente il rispetto delle normative che devono valere per tutti, impedire l'apertura di attività gastronomiche che guardino ad altre culture, appare, anche in via di principio, discriminatorio. E suona tanto più odioso per noi italiani, che, pensiamo solo alla pizza, abbiamo riempito il mondo di pizzerie 'Bella Napoli” e 'Italia”».

 «Il commercio e la ristorazione «sono da sempre - continua Baccelli - uno dei settori privilegiati a cui guardano gli emigrati e, proprio per i contatti e i rapporti umani che implicano, la necessità di costituire realtà economiche e di rispettare precise normative igienico-sanitarie e fiscali, costituiscono un potente mezzo di integrazione».
Il presidente della Provincia si augura pertanto «che su questo punto ci possa essere un ripensamento, anche perché quella che rischia di essere veicolata è l'idea di una città statica, indisponibile a confrontarsi con le contaminazioni che caratterizzano la nostra epoca».

Marcucci (Pd): errore madornale e autogol per il turismo
«Il Comune di Lucca, con l'approvazione del nuovo regolamento dei locali, ha prodotto una vera e propria assurdità quale la declinazione del concetto di etnicità riferito alle cucine». è quanto sostiene, in una nota, Andrea Marcucci. «D'altra parte - prosegue - non credo che un regolamento comunale possa limitare la libertà imprenditoriale del singolo operatore che voglia offrire un servizio di ristorazione nuovo e originale per coprire una fascia di mercato assente in città. Da questo punto di vista a Lucca sarebbe impossibile aprire dentro le mura non solo un kebab ma anche un esclusivo bar alla francese con degustazione di ostriche e champagne. Si tratta non soltanto di un errore madornale, ma di un colossale autogol inferto all'immagine turistica e culturale di Lucca. Esistono cibi di strada di grande qualità, che possono essere serviti in strutture accoglienti e rispettose dell'unicità rappresentata del centro storico. La strada da percorrere è quella dell'incentivazione alla tipicità enogastronomica, non certo quella della chiusura, con forti venature razziale, di locali e ristoranti che propongono i piatti delle loro tradizioni».
«Il Pd dovrà chiedere con forza in Consiglio comunale la sospensione del regolamento -conclude Marcucci. Per quel che mi riguarda, nei prossimi giorni invierò all'assessore al commercio Filippo Candelise un ricettario della cucina turca e medio orientale per allargare i suoi orizzonti culinari».
 

Fonte: Agi

Commento correlato:
Riportiamo come lettera aperta la posizione di Stephan de Cernetic, giornalista professionista del club internazionale 'Il gotha del gusto”, che scrive all'attenzione di Vittorio Castellani, in arte Chef Kumalé, del quotidiano "La Stampa" di Torino.

Carissimo Vittorio,
le tue parole sono sacrosante, le condivido in pieno.
Da anni sono stato fra i primi, già dalla nascita del press-club 'Il gotha del gusto” (che oggi significa 10 anni di eventi e ben 200 giornalisti internazionali all'attivo) non solo a scriverne ma anche a premiare ristoranti indiani, cinesi, giapponesi, russi e pachistani, e organizzare cene-laboratorio riservate alla stampa di settore da questi bravi (e spesso simpatici) chef a tutti gli effetti.
Tutto ciò malgrado molti dei nostri sedicenti colleghi storcano il naso: spesso mi è capitato che non volessero invitare alle loro trasmissioni tv cuochi non italiani per il solo fatto che facevano cucine ottime ma diverse!
Ti sono vicino nella tua giusta lotta a fianco di chi lavora bene e onestamente, a prescindere dal colore della pelle e dalla provenienza. I 'provincialotti” del comune di Lucca probabilmente si sono montati la testa e dimenticano di quando i loro nonni e padri aprivano osterie e pizzerie italiane a Berlino, Zurigo, Buenos Aires...

Con amicizia e stima tuo
Stephan de Cernetic
Giornalista professionista, club internazionale 'Il gotha del gusto”


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