Vitigno a bacca nera dalle origini remote, dalle cui uve si produceva con molta probabilità il Cécubo, citato da Orazio e da altri scrittori. Originario dell’Ager Caecubum, un’ampia zona compresa tra Terracina e Formia nel basso Lazio, racchiusa dalla corona dei Monti Ausoni e Aurunci, affacciata sul mare. L’etimologia del nome non ha notizie certe, la tesi più attendibile riguarda la sua area di origine ed in particolare la zona di San Raffaele limitrofa al lago di San Puoto. Molto probabilmente il termine “Abbuoto” proviene proprio dalla trasformazione del nome “San Puoto”.
L'Abbuoto, vitigno a bacca rossa del Lazio
Come curiosità, risulta sempre il primo vitigno di qualsiasi classificazione alfabetica, non solo italiana ma anche straniera. È stato iscritto al
Registro Nazionale delle Varietà di Vite nel 1970. La zona di origine e l’area dove è maggiormente diffuso oggi coincidono perfettamente: il territorio del comune di Fondi, in provincia di Latina, è l’unico a ospitare i pochi ettari di Abbuoto ancora presenti in Italia.
Importante il
lavoro di recupero del vitigno si deve all’azienda
Monti Cecubi di Itri, gestita dalla famiglia Schettino. Ne producono poche bottiglie dalle vigne di San Raffaele.
Gaetano Serao sulla rivista "
L'ortifrutticoltura italiana" del 1934 scrive che "i mercati sui quali quest’uva ha incontrato molto sono quelli dell’Italia settentrionale e tra questi primeggia quello di Torino".
Colore rosso rubino intenso, freschi profumi leggermente
fruttati e floreali. Al gusto mostra buon corpo, discreta
acidità e una soddisfacente compattezza tannica con note di
cioccolato e
tabacco. Di solito è consumato dopo un breve
affinamento. Tannino sempre presente. Tra gli abbinamenti gastronomici
carni rosse e
formaggi stagionati e con il piatto tipico locale della tradizione contadina, le
pettole.