Se il turismo è uno dei settori più massacrati dagli effetti della pandemia, quello congressuale e degli eventi ha ricevuto senza dubbio il colpo più forte. Se durante la scorsa estate le spiagge si sono comunque riempite e anche il settore montagna ha avuto le sue relative soddisfazioni, per la Meeting Industry c'è stato un lockdown quasi ininterrotto.
A fare i conti è l'Osservatorio Italiano dei Congressi e degli Eventi-Oice (promosso da Federcongressi&Eventi e realizzato da Aseri-Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali dell'Università Cattolica) secondo cui nel 2020 le location per eventi hanno accusato un calo di fatturato del 79%. Il dato posiziona quindi i centri congressi, le sedi fieristico congressuali, gli alberghi, le dimore storiche e le altre tipologie di sedi per eventi come le imprese più danneggiate tra quelle della filiera turistica.
Il Covid ha massacrato la Meeting IndustryIn base alle rilevazioni Istat, la riduzione del fatturato rispetto al 2019 si è assestata al -37,2% per i servizi di ristorazione, al -54,9% per i servizi di alloggio, al -60,5% per il trasporto aereo e al -76,3% per le attività delle agenzie di viaggio e dei tour operator.
Nel 2020 si sono svolti 69.880 eventi in presenza, con un drammatico -83,8% rispetto al 2019. Negativi anche il numero delle presenze e delle giornate di attività delle sedi. Le presenze sono state 5.847.330 (-86,5%) e le giornate di attività al netto di allestimenti e disallestimenti 95.020 (-84,5%), pari a 24,8 giorni medi netti di durata degli eventi per sede attiva.
Quasi il 30% delle sedi non ha ospitato alcun evento.
Lo stato di crisi ha coinvolto in maniera omogenea tutte le tipologie di sedi e tutte le aree geografiche del Paese con un picco del 90,5% di decremento di eventi ospitati nelle Isole.
Molti si sono attrezzati per ospitare eventi ibridi, e cioè manifestazioni che prevedono un ristretto numero di persone fisicamente nella struttura e un'audience collegata da remoto.
Una scelta obbligata che, però, non risolve il problema e penalizza fortemente gli altri attori della filiera della Meeting Industry (alberghi, catering, allestitori, trasporti…).
Il 42% delle sedi ha realizzato uno o più eventi ibridi: le location che hanno ospitato il maggior numero di questa tipologia di eventi (il 67%) sono state i centri congressi e le sedi fieristico congressuali. Rapportando all'intero universo i dati raccolti si può ipotizzare che lo scorso anno si siano svolti circa 4.900 eventi ibridi, pari al 6,6% del totale dei 74.780 eventi in presenza e ibridi.
La cosa è ancora più preoccupante se si considera che le prospettive dei tempi di riapertura non sono per niente rosee: il campione delle sedi contattato tra dicembre 2020 e gennaio 2021 prevedeva per ben il 67% di poter tornare a ospitare congressi ed eventi entro il primo semestre del 2021. Di queste, il 17,8% contava di riaprire già nel primo trimestre. Per quanto riguarda invece le ipotesi di un ritorno ai livelli di eventi ospitati nel periodo pre-Covid-19, la maggior parte, il 63,8%, stimava un lasso di tempo pari a 1-2 anni e il 26,8% di 3-4 anni.
"Dopo oltre un anno di chiusura e ristori inadeguati - sottolinea Alessandra Albarelli, Presidente di Federcongressi&eventi - è della massima urgenza che il governo definisca i criteri per gli interventi sino ad ora previsti, un fondo dedicato per il settore per il 2021 e la pianificazione urgente della ripresa per un settore che genera un indotto fondamentale per i territori".
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