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Alajmo spiega a Italia a Tavola perchè è fallito il Forum

Respingendo la valutazione di un progetto un po' troppo elitario, Raffaele Alajmo chiarisce che voleva rappresentare solo i ristoranti-azienda per tutelare la Cucina italiana utilizzando i riflettori garantiti dal suo nome. Ma il Governo non si preoccuperebbe del settore e da qui la rinuncia

 
16 aprile 2009 | 17:15

Alajmo spiega a Italia a Tavola perchè è fallito il Forum

Respingendo la valutazione di un progetto un po' troppo elitario, Raffaele Alajmo chiarisce che voleva rappresentare solo i ristoranti-azienda per tutelare la Cucina italiana utilizzando i riflettori garantiti dal suo nome. Ma il Governo non si preoccuperebbe del settore e da qui la rinuncia

16 aprile 2009 | 17:15
 

Vista l'importanza del tema e la disponbilità di Raffaele Alajmo (nella foto) a spiegare attraverso "Italia a Tavola" le sue iniziali motivazioni e la rinuncia al progetto del Forum, pubblichiamo la lettera che ha inviato al nostro direttore.

"
Gentile dott. Lupini,

Raffaele AlajmoSolo per chiarezza verso la sua rivista, i lettori e lei.
Il Forum dei Ristoranti italiani era nato per rappresentare i Ristoranti di Cucina Italiana in Italia e nel mondo. Per presentare una reale selezione ho deciso di cominciare ad interpellare le associazioni di ristoranti italiani più conosciute e diffuse: Buon Ricordo, Uir, Orpi, JRE, Le Soste, Le Soste di Ulisse, in seguito ho ricevuto poi la richiesta di entrare a far parte del Forum da Mario Caramella del GVCI che è stato prontamente accettato. Il progetto prevedeva l'apertura di un dialogo interassociativo e una volta aperto il dialogo, l'apertura al forum di tutte le associazioni di ristoranti territoriali che esistono in ogni provincia d'Italia per coprire l'intero territorio nazionale.

Il mio progetto quindi non era snob, tuttaltro. Cercava di avere al suo interno ristoranti già garantiti sul made in Italy dalle associazioni di cui facevano parte, tralasciava Bar, Birrerie e Pizzerie ovviamente non per snobbismo, ma per concentrare la tipologia di problematiche. Anche la scelta di non convocare la FIC e l'AMIRA non è stata per snobbismo, ma perchè il FORUM era dei RISTORANTI, chi è membro FIC o AMIRA non sempre è titolare di ristorante, molti sono dipendenti, altri grandi Chef, ma sono tantissimi, hanno altre problematiche che talvolta coincidono con quelle dei ristoranti "aziende" talvolta no e ripeto io non intendevo sostituirmi ne alla FIPE ne a nessun'altra organizzazione, voleva essere un organo trasversale dove Ristoratori (non cuochi) ma ristoratori, di tutte le fasce e livelli con l'unico comune denominatore "la cucina italiana" potessero esprimere i propri problemi per poi presentarsi uniti vs il governo per avere un attenzione verso la Cucina Italiana maggiore.

La lettera inviata a Berlusconi, e.p.c. a Montezemolo (ambasciatore dello stile italiano nel mondo) e.p.c. a Matteo Marzotto (presidente Enit) ha avuto la sola risposta di Berlusconi che Lei ha avuto modo di leggere. Il governo Italiano protegge l'agricoltura, la viticoltura ma chi si occupa in realtà della promozione dei prodotti italiani è ultimo, dimenticato.

Perché ho voluto creare questa iniziativa? perchè lo scorso anno ho compiuto 40 anni e mi sono sentito in dovere di sfruttare "la luce dei riflettori" per un'operazione a difesa della Cucina Italiana nel mondo. I problemi grossi sono fuori dall'Italia e con la nostra apertura a Tokyo di 2 anni fa ce ne siamo accorti di quanto i ristoratori fuori dall'Italia siano soli nonostante il favoloso lavoro di ambasciatori di prodotti italiani.  Ma chi glielo fa sentire a quelli che ci governano?

I miei più cari saluti.

Raffaele Alajmo
"

Caro Raffaele,

la ringrazio per chiarimenti che molti suoi colleghi probabilmente si aspettavano da tempo. Se questo fosse avvenuto qualche mese fa, quando pure "Italia a Tavola" seguiva con grande attenzione e partecipazione le reazioni alla sua meritoria iniziativa, forse il futuro del Forum, come speravamo, avrebbe potuto essere diverso.

La strategia che lei ora delinea era più che condivisibile, ma non è quella purtroppo che è stata percepita dai più. Basterebbe aver assistito al suo intervento all'evento di Alma a Colorno per avere un'idea un po' diversa. E lo dimostra forse il fatto, come lei ha lamentato, che alla fine si è sentito lasciato solo da tutte le associazioni che pure aveva inizialemente chiamato a raccolta. E non posso francamente pansare che questo sia avvenuto perchè tutti troppo presi dal proprio lavoro ... o perchè gelosi.

Un po' meno di comunicazione ai piani alti e un po' più attenzione a tutti gli operatori (avevamo offerto spazio e disponbilità non a caso viste le responsabilità che abbiamo come testata maggiormente diffusa nel mondo della ristorazione italiana) non avrebbe certo fatto male e avrebbe permesso di creare quel minimo di forza di coesione indispensabile per trattare con la politica. E per questo servono anche i cuochi, che non sono una componente irrilevante della ristorazione.

Riguardo poi alla divisione di campo che lei fa fra ristoratori-imprenditori e cuochi-dipendenti, la conseguenza avrebbe dovuto essere giusto il contrario di quanto lei espone. Rappresentare solo il fattore aziendale (scelta non solo legittima, ma per molti versi doverosa in questo contesto) porta con sè l'opzione del sindacato e quindi di una rappresentanza piena di interessi. Un campo presidiato da Fipe e Confesercenti in cui ha però dichiarato di non voler camminare. E al tempo stesso appare un po' contraddittorio pensare che i cuochi-dipendenti italiani non andassero bene per il Forum se iscritti alla Fic, ma avessero il via libera se lavorano all'estero. Non va infatti dimenticato che molti degli scritti al Gvci (per quanto magari executive chef) sono pur sempre anche loro a stipendio...

Come dire che o si rappresentano gli interessi delle aziende della ristorazione (e allora si "deve " fare sindacato, o comunqnue avviare iniziaitive anche di peso economico) o si fa una battaglia culturale per la promozione della Cucina e del Made in Italy a Tavola (e allora servono tutti gli attori).

Sottrarsi a questa scelta porta inevitabilmente al rischio di essere fraintesi. E la politica ha buon gioco nell'eludere il confronto. Se poi ci si espone, come è successo, senza la certezza di avere dietro di sè almeno un gruppo coeso, il rischio di essere snobbati è quasi certo.

Riguardo in ogni caso all'insensibilità dei politici, pur provando imbarazzo nell'apparire quasi un difensore d'ufficio (ruolo che non mi piace) rinvio al mio ultimo editoriale dove ho ricordato alcune iniziative non irrilevanti dei ministri Bondi e Zaia, nonchè del sottosegretario Brambilla. Scelte che indicano almeno un avvio di attenzione a cui dovrebbe corrispondere una parteneship dal lato della ristorazione che fra sigle, club e sindacati appare ahimè oggi assai debole e priva di reale rapresentanza. E da qui bisogna ripartire non senza fare tesoro del suo generoso e meritorio sforzo a cui tutti dovrebbero rendere omaggio.

a.l.


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